Monografia

Miti e leggende in The Witcher 3

La vasta pianura dove si trova l’attuale Polonia ha ricoperto in passato un ruolo determinante nelle dinamiche geopolitiche del Vecchio Continente. Gli Slavi, provenienti da oriente, la occuparono tra il IX ed il X secolo d.c. e varcarono il fiume Elba, raggiungendo il cuore della Germania. Durante il loro cammino entrarono in contatto con alcune popolazioni scandinave stabilitesi sul territorio ucraino conosciute come Variaghi, che gli Slavi chiamavano Rus. Il folklore polacco risente profondamente della confluenza di queste culture e la letteratura di Andrej Sapkwoski ne è forse oggi la principale testimonianza.

L’ambiguità morale nella narrativa est europea
Nella saga letteraria e videoludica di The Witcher le imprese epiche di tradizione slava si mescolano con i miti norreni, celtici e le leggende del ciclo arturiano. Tuttavia la struttura narrativa che riguarda le avventure dello strigo affondano le proprie radici nella tradizione dei racconti popolari dell’Europa orientale, che non hanno subito alcun processo di edulcorazione come è invece avvenuto in occidente. Non si narrano le gesta di eroi (pre)destinati a cambiare le sorti del mondo ed i protagonisti risultano spesso moralmente ambigui e poco interessati alle grandi questioni. L’eterna lotta tra il bene ed il male porta frequentemente a risultati catastrofici, infimi e scorretti.  Buone maniere, integrità e compassione tendono ad essere soppresse per un bene superiore.

In questi ultimi anni i mondi spietati così come le vicende ed i personaggi in chiaroscuro sembrano aver finalmente catturato l’interesse del grande pubblico, forse stanco dei soliti clichè e più propenso a chiavi di lettura basate sul mondo reale e sullo specchio della nostra società. Oltre al successo del pluricitato Game of Thrones, ricordiamo le vicende dell’ultimo episodio di Star Wars, ma anche il fallimento della serie basata su “La spada di Shannara” e la tiepida accoglienza nei confronti della trasposizione cinematografica de “Lo Hobbit”. In questo scenario la saga di Sapkowski ha saputo farsi strada in un territorio da sempre in mano ad autori angloamericani raggiungendo il successo planetario grazie anche all’ottimo lavoro svolto dai ragazzi di CD Projekt, soprattutto nel terzo capitolo della serie.

Le Signore del Bosco e Baba Jaga
In molti antichi culti indoeuropei ricorre spesso la figura della triade femminile: la Parche romane, le Norne scandinave, le Moire greche e le celtiche Brigid, Brigitte Brighit. Il concetto di Triplice Dea venne teorizzato dal celebre poeta e saggista britannico Robert Graves come riflesso di una dea madre ancestrale unica e trina venerata da società matriarcali risalenti addirittura al neolitico. Si tratta di un archetipo affascinante, ancora oggi ampiamente discusso e da sempre osteggiato da molti studiosi antropologi. Nei culti pagani slavi la triade femminile è rappresentata dal mito di Baba Jaga. La parola baba si traduce in italiano con nonna, che nei paesi di tradizione celtica e germanica si accosta al termine “grande madre”: gran-mère in francese, grandmother in inglese, großmutter in tedesco.

Nelle prime rappresentazioni Baba Jaga era una donna anziana e benevola, disposta a condividere la propria saggezza. In seguito, soprattutto dopo la cristianizzazione dei popoli pagani, la sua figura verrà associata nei racconti popolari ad una triade di malvagie sorelle incantatrici. E’ dalla leggenda di Baba Jaga che probabilmente hanno preso vita le tre megere della palude, tra i personaggi più affascinanti del cast di TW3. Molto probabilmente Baba Jaga rappresenta anche la principale fonte d’ispirazione della tipica strega “mangiabambini” delle fiabe mitteleuropee, molte delle quali raccolte e riadattate (leggasi edulcorate) dai fratelli Grimm.

Il grande compositore russo Mussorgsky le dedicherà una composizione nella celebre opera “Quadri da un’esposizione”. Nella società moderna le tre megere sono anche il simbolo del peggior incubo per investitori ed intermediari: si chiama infatti “Il giorno delle tre streghe” un evento assai delicato nel mondo dei mercati finanziari. E In ambito videoludico chi non ricorda le tre anziane sorelle Strowen, Morrel e Griant in Dark Souls 2?

Il bestiario insolito di The Witcher 3
Abbiamo tutti molta familiarità con orchi, draghi e draconidi, orchi e troll. Ma la saga di Geralt rientra nella categoria dark fantasy per l’elevato numero di creature immonde come spiriti maligni, spettri, demoni, vampiri e oscuri guardiani. Da bambini avevate paura di essere catturati dal lupo cattivo o ceduti a titolo gratuito dai genitori all’Uomo Nero? Niente a confronto della triste sorte dei fanciulli est europei tormentati da spettri spaventosi e mostri silvestri del folklore slavo. Come il leshen, ad esempio, il guardiano della foresta che appare tra gli alberi nelle sembianze di un gigantesco barbuto umanoide o di una creatura simile al wendigo nordamericano. Quest’ultima è la variante che lo strigo dovrà affrontare una volta stipulato il contratto “Il cuore della foresta”. Il termine leshen deriva dalla parola russa leshy, che significa “colui che viene dalla foresta”.

Nella celebre missione secondaria “Affari di famiglia”, Geralt dovrà risolvere il caso di un botchling, un grottesco infante non-morto, bisognoso di degna sepoltura o di un nome proprio. Nella mitologia slava la creatura più simile è il dekravac, tradotto “colui che strilla”, ovvero l’anima di un bambino morto prima di essere battezzato. Il botchling ricorda molto anche i myling della mitologia norrena, gli spiriti dei bambini abbandonati costretti a vagare sulla Terra.
I wraith sono spettri provenienti dal folklore scozzese, ma l’idea di un’origine gaelica del termine arrach, che significa spettro o apparizione, risulta assai debole. L’etimologia appare incerta ma potrebbe derivare da vǫrðr, che nell’antica lingua norrena significa “guardiano”. J.R.R. Tolkien, che definì ringwraith i malvagi Nazgûl, suggeriva il verbo writhe, che significa “girate su sé stessi” o “contorcersi”.
L’esemplare più interessante in TW3, nonchè uno dei primi avversari, è la wraith diurna che si ispira alla mitica creatura polacca poludnica, ovvero “la signora di mezzogiorno”. Di aspetto mostruoso in TW3, nella mitologia slava appare come una donna bellissima che vaga per le aree rurali nelle ore più calde della giornata, portando sventura ai viandanti. Antonín Dvorak si ispirerà a questa figura mitologica per il poema sinfonico “The Noon Witch”.

Simile alla wraith diurna è la pesta, che Geralt affronterà nella quest “Una montagna di topi”. Secondo la mitologia scandinava rappresenta l’incarnazione della peste nera che intorno alla metà del XIV secolo contagiò ed uccise un terzo della popolazione europea. Lo spettro si presenta come una donna anziana avvolta in un mantello nero che si sposta di casa in casa contagiando gli abitanti.
Nel DLC “Blood & Wine” vengono introdotti gli alp, creature simili a vampiri provenienti dal folklore tedesco. Il termine germanico corrisponde all’inglese elf, ovvero “elfo”. Rispetto al fantasy moderno, nel medioevo questa creatura sovrannaturale veniva spesso accostata ad un’entità di carattere demoniaco. Difatti il termine tedesco alptraum, che in italiano si traduce con “incubo”, letteralmente significa “sogno dell’elfo”.

Il mito della Caccia Selvaggia
Presente sia nella saga letteraria che nella trilogia videoludica di The Witcher, la Caccia Selvaggia assume un ruolo determinante nell’ultimo lavoro sviluppato da CD Projekt. Questo mito originario del folklore germanico ritrae un corteo notturno di entità sovrannaturali, di solito belve demoniache, spettri o anime dei soldati caduti in battaglia, guidate attraverso il cielo dal dio norreno Odino. La cavalcata nei cieli della Caccia Selvaggia è presagio di sventura ed i malcapitati testimoni di questo tragico evento sono destinati ad essere rapiti e portati nel Regno Dei Morti. Anche in TW3 la caccia porterà morte e distruzione tra i villaggi al suo passaggio, ma, a differenza dell’originale, è composta da elfi del regno Aen Elle guidati dal malvagio Eredin Bréacc Glas intento a trovare Ciri ad ogni costo. Durante lo studio della mitologia germanica, Jacob Grimm, il celebre linguista tedesco, conosciuto anche come “uno dei fratelli Grimm”, definì la Caccia Selvaggia un mito precristiano di natura tutt’altro che nefasta. Si tratta di una tesi assolutamente plausibile dato che le antiche civiltà pagane ritenevano la visita dei morti come un evento di buon auspicio. Odino e la sua schiera celeste, sostiene sempre Grimm, era solito passare nel periodo successivo al solstizio d’inverno portando doni e benedizioni ai mortali. Vi ricorda qualcosa? Ovviamente stiamo parlando dell’origine della leggenda di Babbo Natale che solca i cieli con il suo carro carico di doni trainato dalle renne.

Partendo dalla tradizione germanica il mito della Caccia Selvaggia si diffuse in tutta Europa variando le sue caratteristiche: da Carlo Magno a Re Artù, dal signore dell’oltretomba celtico Arawn al Diavolo in persona, ogni cultura aveva il suo conduttore. Ma le varianti comprendevano anche figure femminili come Frigg, la sposa di Odino o Bertha, la dea germanica guardiana degli animali e della natura. Tracce di questo mito le troviamo anche in Italia, prevalentemente sull’arco alpino come la Cascia Morta nel Bergamasco, Corteo dla Berta in Piemonte, Cazza Selvadega in Trentino e Caccia Infernale nella Lunigiana.

Iacopo Risi

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