La guerra…la guerra non cambia mai. Questa la frase con l’onere di aprire l’epopea di Fallout, una storia sopra le righe e scanzonata, ma allo stesso tempo icona ed immagine di un mondo vintage cupo e ansiogeno, dominato da un retro futurismo artificioso, caricaturale e spesso satirico. Al di là però degli immensi valori produttivi della serie, Fallout rimane – e rimarrà probabilmente – un franchise di grandissimo successo, in grado di muovere decine di milioni di copie e di rapire l’interesse di tre diverse generazioni di giocatori. La moderna – e più nota – interpretazione di Bethesda non è altro che il punto di arrivo di una lunga evoluzione durata oltre vent’anni.
There are very few ideas that you can’t put in a Fallout game. – Todd Howard
Se da una parte infatti la guerra non cambia, Fallout nel corso del tempo ha mutato diverse volte la sua forma, da classico RPG a quello che oggi potremmo definire senza timore di smentita un action shooter, passando pure per un numero considerevole di progetti scartati o sfortunati. Per esigenze di sintesi ci troviamo in questa sede ad analizzare esclusivamente i titoli della saga considerati canonici attualmente da Bethesda, non approfondendo Fallout: Brotherhood of Steel e Fallout Tactics, gli ultimi due atipici capitoli pubblicati dalla compianta Interplay.
Fatte queste dovute premesse, è arrivato finalmente il momento di indossare l’armatura atomica ed addentarci nella produzione e nella storia dell’olocausto nucleare firmato Fallout. Prima di iniziare vi ricordiamo che Fallout 76 uscirà il 14 novembre su PlayStation 4, Xbox One e PC Windows.
La genesi di Fallout è senza dubbio legata a Brian Fargo e alla già citata Interplay. Chi é Brian Fargo? Cos’è Interplay? Andiamo per gradi. Anno 1977. Il californiano Brian Fargo (erede dei fondatori del colosso bancario Wells Fargo) matura interesse nello sviluppo videoludico a soli quindici anni, spinto dall’Apple II appena regalatogli dai suoi genitori. Nel 1981 pubblica quindi il suo primo titolo, l’avventura The Demon’s Forge, per poi fondare nel 1983, insieme ad alcuni suoi amici, Interplay Entertainment.
A seguito dello sviluppo di una piccolo progetto per un’embrionale Activision, Fargo passa alla produzione di The Bard’s Tale per Electronic Arts, raggiungendo la quota di 300.000 copie vendute su Apple II e riscuotendo dunque un buon riscontro per il tempo. Spinto da affari a gonfie vele, il gruppo di Interplay decide di continuare la proficua collaborazione con Electronic Arts ed intraprendere la produzione di Wasteland, un corposo RPG postapocalittico ispirato al film Alba Rossa. Dopo ben cinque anni di lavoro, Wasteland viene pubblicato nel 1988 di nuovo per Apple II, riscuotendo ancora una volta un consenso piuttosto univoco da pubblico e critica.
Tuttavia, con i diritti di Wasteland saldamente in mano alla compagnia di Trip Hawkins (il fondatore di Electronic Arts), Interplay perse molto velocemente il controllo sulla sua creatura, di cui Electronic Arts pubblicò un sequel senza l’apporto di Fargo e compagni. Trovatasi di fronte all’inesorabile declino dell’era 8-bit, Interplay vede come unica possibilità quella di cambiare rotta, investendo un budget immenso – circa 3 milioni di dollari – nel nuovo progetto V-13 (acronimo di Vault 13), seguito spirituale di Wasteland. Nasce Fallout.
Ispirato allo stile artistico di romanzi e film come Io sono leggenda, La città perduta, e – ovviamente – Mad Max, Fallout ci vede immersi in un universo narrativo distopico dove, successivamente alla seconda guerra mondiale, la storia ha preso un corso radicalmente diverso da quello che siamo abituati a conoscere. Le tensioni del secondo dopoguerra non vengono stemperate e il mondo rimane costantemente minacciato da una continua guerra fredda; la società degli Stati Uniti reagisce e si rifugia da tempi così cupi con un perenne perpetuarsi del costante ottimismo degli anni ’50 (ben sintetizzato dall’iconico Pip-Boy), tra fiero nazionalismo e fiducia assoluta nel progresso scientifico.
La mancata invenzione del transistor, con il conseguente ricorso alla valvola termoionica, ha portato allo sviluppo di una tecnologia vintage non miniaturizzata sempre più ingombrante. Nel 2052 le risorse energetiche sono state ormai esaurite, l’Europa invade il medio oriente e inizia un contenzioso tra Stati Uniti e Cina per il possesso delle ricchezze naturali dell’Alaska. Il conflitto militare su larga scala che ne consegue degenera, nel 2077, in un mastodontico olocausto nucleare. In sole due ore gran parte della popolazione mondiale va incontro alla morte, la stessa geomorfologia terrestre viene addirittura sconvolta.
The new fashion accessory is a rocket launcher. And if the guns of the locals don’t get you, the radiation might. -Recensione di Gamespot.
Passati ormai cento anni dal disastroso evento, in Fallout ci troviamo a vestire i panni di un abitante del Vault 13, uno dei tanti rifugi costruiti per sopravvivere all’epilogo della Grande Guerra. Per sopperire al guasto dell’impianto di purificazione dell’acqua del Vault, il nostro Supervisore ci dà il compito di esplorare una desolata California alla ricerca disperata di un chip di riparazione. Impegnati nella missione dataci, esploriamo pian piano un mondo super caratterizzato, dominato da criminalità, specie mutanti e proto-sistemi civili; in Fallout fanno del resto la prima comparsa Super Mutanti, Deathclaw e Ghoul, come anche la Confraternita d’Acciaio, il celebre ordine militare e tecnocratico che diverrà presenza costante nella serie.
Fallout is one of the best role-playing games to be released in several years. – Recensione di Gamespot.
Mettendo da parte la genialità di narrativa ed immaginario, Fallout si confrontava sul piano ludico con l’innovazione del Diablo (1996) di Blizzard, prodotto che aveva finito per risvegliare l’interesse dei giocatori nell’esperienze ruolistiche. Cavalcando dunque l’onda di Diablo, Interplay Entertainment persegue lo stesso modello, arrivando ad un risultato per molti persino migliore. Impostato su una visuale isometrica dall’alto, questo primo episodio presenta quindi un personaggio giocabile interamente personalizzabile, con il classico elenco di skill – talenti ruotanti intorno all’inedito (ed immortale) sistema di sette parametri fondamentali, lo S.P.E.C.I.A.L.(Strenght, Perception, Endurance, Charisma, Intelligence, Agility, Luck).
Mantenendosi coerenti con la visione hardcore e poco user friendly dell’esperienza, i combattimenti mantengono inoltre una cadenza basata su strategia e turni, mentre l’esplorazione del mondo di gioco avviene in gran parte per viaggio rapido, con il movimento per punta e clicca limitato a zone estremamente circoscritte (siamo lontani da open world e fasi shooter, insomma). Vagabondando in California si incontra poi un numero molto considerevole di personaggi, tra i quali troviamo quattro companion pronti ad accompagnarci nel corso dell’intera avventura, sebbene non proprio utili a causa di una mal sviluppata intelligenza artificiale (criticata dalla stampa tanto quanto l’anacronistica interfaccia).
CURIOSITA’: Fallout aveva un timer di centocinquanta giorni in game per trovare il chip del Vault 13. Il tempo poteva essere prolungato per mezzo dell’invio di alcune carovane d’acqua al rifugio. In seguito alle proteste dei giocatori, Interplay rimosse con una patch questa scelta di design, prolungando la scadenza ad addirittura tredici anni.
Sviluppato in soli quindici mesi da Black Isle Studios, (divenuta successivamente) famosa divisione di Interplay, Fallout 2 consisteva essenzialmente in un vero e proprio more of the same del capitolo precedente, andando a rifinire ed estendere la tutto sommato apprezzata formula originale. Inoltre, a dispetto della odierna natura antologica della serie, gli eventi di Fallout si pongono come diretto seguito di quanto accaduto nel primo episodio, con il nostro personaggio esiliato dal Vault 13 e costretto a fondare una comunità autonoma, Arroyo.
Passati un’ottantina di anni dal suddetto epilogo e scomparso ormai il protagonista del capitolo precedente, prendiamo il controllo del diretto erede, identificato nel gioco come The Chosen One(nemmeno fossimo in un fantasy o in Star Wars). Per rimediare a un’importante siccità il capo di Arroyo ci incarica di trovare un Garden of Eden Creation Kit (non a caso G.E.E.K.), un miracoloso strumento di terraformazione dato in donazione ad alcuni Vault per rendere di nuovo abitabili le zone irradiate.
One thing that should be mentioned about the story line is that it’s a lot harsher this time around. I mean a lot harsher. – Recensione di IGN.com
Il viaggio per il recupero di un tale deus ex machina risulta tuttavia più difficile del previsto, andando ad introdurre nemici storici come ad esempio l’Enclave, un’organizzazione ombra in continuità con il governo prebellico degli Stati Uniti. Negli otto decenni passati tra i due archi narrativi la west coast americana non è rimasta in ogni caso immobile, stravolta da ordinamenti democratici (New California Republic), e stravolgimenti sociali. Le città già visitate in passato non sono insomma le stesse di un tempo, dipingendo un quadro di un’umanità che, nonostante tutto, è stata veramente in grado di risollevarsi dalle ceneri.
A questa scrittura decisamente lucida si aggiungeva un sistema di quest per lo più migliorato, con una campagna principale estesa e una quantità considerevole di missioni secondarie (come richiesto dalla community). Le tematiche incontrate nell’avventura, come risultato di tale evoluzione, acquistano una maggiore maturità, centrandosi su un crudo realismo dove prostituzione, abuso di sostanze e schiavismo acquistano un ruolo di primo piano. In tempi non sospetti importante fu anche l’apporto del celebre designer/sceneggiatore Chris Avellone, figura che avrebbe occupato un ruolo pure nello sviluppo del successivo New Vegas (ora in Techland per Dying Light 2).
In other words, there are big bugs, small bugs, mildly hair-pulling ones, and game-stopping disruptive ones. Plenty for everybody. – Recensione di Gamespot.
Accanto all’eccellente intreccio, come abbiamo già accennato, Black Isle ritocca inoltre buona parte del bilanciamento dell’originale, inserendo parecchie nuove armi specifiche e apportando vari cambiamenti alla vetusta gestione degli NPC companion, ora dotati di nuove interazioni, progressione propria e intelligenza artificiale migliorata. Detto questo, nonostante l’utilizzo dello stesso motore grafico del primo episodio, Fallout 2 fu pubblicato con una quantità inenarrabile di bug, da errori minori fino a freeze e crash del programma, senza contare che la patch in seguito pubblicata avrebbe costretto alla cancellazione dei dati di salvataggio; Bethesda non ha inventato niente insomma.
Per quanto Fallout e Fallout 2 siano stati grandi titoli, purtroppo non furono altrettanto campioni di vendite. Interplay per reazione decide quindi di virare la produzione verso nuove proprietà intellettuali, delegando la produzione dell’ottimo spin off Fallout Tactics al team australiano Micro Forte, per poi riprendere in mano il franchise con il problematico action Brotherhood of Steel. In tutto questo Brian Fargo nel 2002 esce dalla compagnia, mentre Black Isle Studios mette a punto un nuovo motore grafico 3D per un nuovo capitolo di Fallout, classificato con il nome di Van Buren.
La produzione di Van Buren era già molto avanzata quando il team di Black Isle venne a sapere dell’incredibile ammontare di debiti di Interplay, circa 59 milioni di dollari. La disastrata situazione finanziaria portò ovviamente a un forte ridimensionamento della società stessa, il quale si risolse nella fine di Black Isle Studios e nella cancellazione di quello che sarebbe dovuto essere Fallout 3.
La licenza per lo sviluppo del terzo capitolo venne quasi subito affidata, nell’ottobre dello stesso anno (2004), a Bethesda, al tempo principalmente nota per The Elder Scrolls. Tre anni dopo – nel 2007 – la compagnia di Zenimax si sarebbe decisa a comprare per la cifra di cinque milioni di dollari i diritti per l’intero franchise, dando vita alla declinazione moderna della saga. Fallout 3 era finalmente pronto a scendere in campo su PlayStation 3, Xbox 360 e PC Windows.
That Fallout 3’s combat is distinct from everything out there is a massive achievement – Recensione di Eurogamer.net
Dimentichiamo visuale isometrica, grafica bidimensionale e approccio hardcore, Fallout 3 cambia tutto. Il gioco si svolge interamente in prima persona (con opzione della terza) in una Washington DC immensa e completamente esplorabile. Il cambio di prospettiva innesca immediatamente l’implementazione di fasi shooter, ora preponderanti in un’esperienza che cerca in ogni modo di accelerare il ritmo e divertire il giocatore.
Come conseguenza la progressione viene snellita, resa più appagante e semplice, complice anche una curva di apprendimento indulgente rispetto al passato (seppur non proprio gentile). Scompaiono i tratti e persistono perk, skill e S.P.E.C.I.A.L., il tutto mediato dal simpatico apporto del Pip-Boy nell’illustrazione di ogni parametro. Le stesse sequenze action non abbandonano in toto l’eredità del passato, cercando di ibridare struttura a turni e real time con il geniale Vault-Tec Assisted Targeting System, per gli amici V.A.T.S.
The game designs an underlying tone of humor which is appropriate for the franchise – Isivan Pely, art director del gioco.
Spendendo specifici punti azione si ferma il combattimento e si selezionano specifici punti dell’avversario da colpire con relativa percentuale di successo; il risultato è una cutscene in slow motion dove un tripudio di sangue, gore e fisica senza senso rendono la cosa incredibilmente divertente e caricaturale.
Queste scelte di design sono poi raccordate da un comparto narrativo di tutto rispetto, ripescando dall’intreccio di Fallout diverse idee interessanti, tra cui il kit G.E.E.K. e il tentativo di egemonia dell’Enclave. Ambientato nel 2258, 17 anni dopo gli eventi del secondo capitolo, Fallout 3 ci vede di nuovo iniziare la nostra avventura come abitanti di un Vault, questa volta il 101. Dopo essere cresciuti all’interno del rifugio, nostro padre, James, fugge improvvisamente nella Zona Contaminata, all’apparenza senza ragione alcuna. Sconvolti dalla fuga e dalla reazione del Supervisore del Vault, scappiamo anche noi all’esterno, vivendo una delle sequenze introduttive meglio dirette e gestite della storia dei videogiochi.
Who can blow Washington DC better than us? – Todd Howard su Fallout 3
A dare vita alla magnificenza – per il tempo – di Washington D.C. era il motore grafico Gamebryo, essenziale nel trasporre ed esplicitare quello che attualmente concepiamo come l’immaginario di Fallout, in verità sempre rimasto in background nelle iterazioni di Interplay. Una forte attenzione nella caratterizzazione di location e fauna (si pensi alle tantissime creature presenti) e una certa ispirazione sul fronte artistico, molto derivativo dall’art decò e dal liberty, convinsero la critica e l’enorme mole di giocatori a passare sopra “qualche” ingenuità grafica e tecnica.
Esplorare il panorama capitolino e perdersi nell’immenso lavoro di art design fatto da Bethesda garantisce difatti emozioni forti, ben superiori a qualsiasi disappunto dovuto a tendenze monocromatiche, texture slavate o animazioni (super) legnose.
Forte dell’affermazione di Fallout 3 sul mercato (dodici milioni di copie vendute), il marchio della saga non poteva assolutamente essere lasciato nel cassetto. L’impegno di Bethesda Softworks sul quinto capitolo di The Elder Scrolls (Skyrim), non lasciava tuttavia spazio alla compagnia per prendere immediatamente in mano la situazione, forzando l’assegnazione della produzione di un nuovo – attesissimo – sequel all’allora poco nota Obsidian Entertainment, erede dello scheletro di quello che era stato Black Isle Studios.
Il team originale del secondo Fallout torna sorprendentemente a lavoro sulla serie, costruendo un titolo ancora oggi rispettato ed amato dalla community di appassionati. Pubblicato nel 2010 e mosso dallo stesso motore grafico del terzo episodio, Fallout: New Vegas si sviluppa interamente in Nevada (e dintorni), rendendo chiaro omaggio al setting dei capitoli di Interplay.
Anno del signore 2281, ci troviamo a vestire i panni di un corriere incaricato di consegnare un misterioso chip all’entrata dello strip di Las/New Vegas, forse l’unica città rimasta quasi indenne dall’olocausto nucleare (per motivi diversi, che non riveleremo). Assaltati da un misterioso individuo con la giacca a quadri, ci becchiamo due proiettili in testa e ci viene rubato il tanto prezioso pacco. Data l’ovvia natura di adamantio del nostro cranio, veniamo salvati da un medico della città locale di Goodsprings. Decisi a restituire il favore all’aggressore, ci imbarchiamo in un’avventura la cui destinazione ci porterà inevitabilmente alla città del peccato.
The choices you make might lead to a dramatically different experience from another player’s experience. – Recensione di Gamespot
Laddove New Vegas è controllata saldamente da Robert House e dal suo esercito di droidi, il resto del Nevada risulta un fronte di guerra tra tre fazioni principali: la New California Republic (vista in Fallout 2), i Securitron di House e infine la Legione di Cesare, una società rigida ed autocratica volta a riprendere ed estremizzare i valori e le strutture della Roma Imperiale. Inutile dire che durante la campagna molti bivi chiave vengono posti davanti al giocatore, aprendo ad un numero enorme di possibilità sull’esito finale delle azioni intraprese, riassunte in toto dalle slide del filmato finale.
This is basically an enormous expansion pack to Fallout 3. – Recensione di Kotaku
Al netto di una scrittura vivida e pulsante (non a caso con la firma di Avellone), le meccaniche di gameplay di New Vegas ripercorrevano fedelmente quanto già raggiunto da Fallout 3, senza apportare grandi modifiche. Novità particolari da segnalare sono senza dubbio il gioco d’azzardo (come poteva essere altrimenti?), la presenza di un editor per le armi, l’implementazione dell’iron sight nel gunplay e l’inserimento di una modalità hardcore fuori di testa, capace di trasfigurare il gioco in un – eccessivamente – realistico survival. Si parla comunque di un design sostanzialmente identico al precedente, facendo rassomigliare New Vegas a una sorta di immenso DLC sviluppato in fretta e furia, piuttosto che un prodotto originale.
Two years to stay exactly where you were. – Recensione di PCGamer.com
Il gioco fu pubblicato infatti anch’esso con un enorme bagaglio di errori nel codice ed artefatti grafici. Ecco quindi un lip sync non esistente, freeze e crash del gioco ad intermittenza, crolli continui del frame rate e tempi di caricamento nell’ordine del minuto su console. A tutto questo si aggiungono un’intelligenza artificiale che definire problematica sarebbe un eufemismo, un terribile rendering dei volti e infine delle animazioni degne del più problematico Skyrim.
Il fascino della splendida caratterizzazione di New Vegas vinse in ogni caso le resistenze del pubblico, consegnando nelle tasche del team (e in quelle di Bethesda) gli incassi astronomici di ben dodici milioni di copie vendute. L’operazione era stata un successo.
Concluso lo sviluppo e la pubblicazione di Skyrim, si dava praticamente per scontato l’arrivo del quarto capitolo principale di Fallout, visto pure il seguito riscosso dalle due iterazioni del ciclo Bethesda. La conferma arrivò poco prima dell’E3 2015 e personalmente ricordo ancora l’esaltazione all’apparire dell’iconico Please stand by e la curiosità viscerale che seguì l’annuncio; l’hypeera palpabile e la community era carica di aspettative (tralasciando le polemiche sulle animazioni e il modello di Dogmeat, si intende).
Arrivato sugli scaffali a novembre, Fallout 4 si rivelò un titolo pieno di contenuti, arricchito da un intreccio soddisfacente (tralasciando il finale) e da un comparto grafico rinnovato, seppur sempre anacronistico. Come detto, però, le aspettative erano altissime e i fan non riuscirono a digerire un sistema di gioco che poco aveva fatto per rinnovare sé stesso, – se non per le forzate meccaniche di crafting – rendendosi di contro ancora più action ed intuitivo; si faccia caso a questo proposito all’eliminazione delle skill, ora accorpate organicamente nel sistema di perk).
Il già fatto presente reparto grafico soffriva inoltre di un motore grafico grezzo e poco efficace, complice di una resa complessiva non ottimale (next gen fino a un certo punto, con quei modelli, quelle animazioni e quelle texture) e della miriade di bug presenti (come da tradizione per la serie, è lecito dire). Gran parte dell’odio dei giocatori si riversò inoltre – e soprattutto – su un complesso di quest in gran parte riempitivo, di cui erano esempio ed emblema i famigerati accampamenti dei minutemen.
This is the most diverse Fallout world yet. – Recensione di IGN.com
Il risultato furono proteste a non finire che si riversarono sui forum e sui siti specializzati per settimane, generalizzando le colpe di un titolo che, in realtà, vantava anche diversi meriti. In primis, per l’appunto, una forte rinfrescata al design del mondo di gioco, in Fallout 4 rappresentato dal Commonwealth, nome dato a quello che un tempo era il Massachusetts. L’area di Boston appare ben diversa da quanto visto in New Vegas ed in Fallout 3, con il Creation Engine perfetto nel fare esplodere la Zona Contaminata di colori caldi, dal rosso rame della ruggine fino al giallo denso del Mare Splendente.
Ad avvolgere il mondo probabilmente più vario per flora e fauna dell’intera serie era pure un arco narrativo interessante e ben sviluppato, rovinato purtroppo da un finale sconclusionato e appena abbozzato. Il gioco inizia prima della Grande Guerra, dove con nostra moglie/nostro marito (a seconda del sesso scelto attraverso un super editor dedicato) stiamo vivendo la classica giornata di un qualsiasi americano medio degli anni ’50: giornale in mano, TV accesa e tanto ipocrita ottimismo per il futuro.
L’arrivo delle bombe scatena l’allerta della ridente Sanctuary Hills, facendo evacuare gran parte delle famiglie verso il Vault 111. Ingannati e messi in sonno criogenico una volta salvati, attendiamo anni in questa condizione. L’improvviso risveglio si associa al brutale omicidio di nostra moglie e all’improvviso rapimento del piccolo Shaun, nostro figlio. Riaddormentati poco dopo, riprendiamo i sensi in un non meglio specificato futuro, disposti a ritrovare Shaun ad ogni costo.
Fallout 4’s story regularly challenges you to make compromises. – Recensione di Gamespot
Da qui in poi la storia si evolve facendo tornare parecchie vecchie conoscenze (Confraternita d’Acciaio, ad esempio), ma in particolare tre nuove fazioni, ognuna legata all’antico panorama culturale dell’area metropolitana di Boston. I Minutemen, ad esempio, sono immagine di quella che un tempo fu la milizia partigiana della Guerra d’Indipendenza Americana, portando avanti ciechi ideali di libertà e nazionalismo. L’Istituto, al contrario, sorge dalle macerie del MIT (Massachusetts Institute of Technology n.d.r.) ed agisce secondo un credo di puro razionalismo e tecnocrazia, dove la stessa etica viene messa in dubbio attraverso la figura degli androidi, fil rouge del substrato tematico alla base di questa quarta iterazione.
Concludendo, a dispetto delle polemiche, Fallout 4 si è rivelato essere il lancio migliore di sempre Bethesda, con dodici milioni di copie distribuite ai rivenditori solo nelle prime ventiquattro ore. Pare inoltre che il gioco abbia venduto un numero maggiore di copie rispetto a Skyrim nel periodo di lancio; con questo dato in mente è forse possibile capire l’importanza di Fallout 76 per Bethesda.
Appuntamento ai prossimi giorni per la recensione!
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