“Credo che il sogno della velocità sia universale, un sogno che l’umanità ha sempre inseguito”, esordisce così Kazunori Yamauchi, la mente a capo di Polyphony Studios, mentre veniva conferitagli la Laurea Magistrale Honoris Causa in Ingegneria del Veicolo presso il dipartimento “Enzo Ferrari” della Facoltà di Modena lì: dove il veicolo diventa passione, diventa leggenda, diventa poesia.
Creatività, entusiasmo e perseveranza permettono all’essere umano di raggiungere traguardi inimmaginabili; quando sei un creatore di videogiochi l’inimmaginabile è il tuo habitat naturale, laddove il corpo si ferma, la mente ha la libertà di viaggiare in ogni direzione. Yamauchi dal canto suo ci ha concesso il lusso di “viaggiare” con stile. La saga di Gran Turismo compie vent’anni, ve la racconteremo attraverso la passione che nasce e cresce attraverso gli occhi di un bambino che diventa adulto, attraverso le sue musiche, la sua e la nostra storia e di come non importa essere i migliori quando hai sempre qualcosa da insegnare. Questo è Oltre il Videogioco, Gran Turismo: il sogno della velocità.
Ps: a chi piace buttarsi a capofitto sui ricordi respirandone l’atmosfera, in ogni paragrafo, vi suggeriremo un brano contestualizzato alla lettura, da riprodurre in sottofondo: sì, ci piace sognare.
Nel 1997 avevo sei anni, i miei compagni virtuali preferiti erano Crash e Solid Snake (TIME PARADOX!) ed era il tempo in cui ad ogni virata ad Ace Combat muovevi il pad come fosse una cloche. Ricordo di non aver mai considerato le automobili fino a quel preciso anno, se non come ostacoli quando si giocava a calcio per le strade. Un giorno però, Francesco, un compagno di scuola e di battaglie a Tekken, si avvicinò entusiasta mostrandomi una copertina che attrasse ben poco l’immaginario di chi si perdeva a contare i Wumpa, ma c’erano due colori: il blu (quello che era il mio colore preferito del tempo) ed il rosso. Tornai a casa, inserii il cd ed accadde l’imprevisto.
Era la prima volta che vedevo in un intro un’atmosfera così affascinante, le immagini che passavano in quel momento erano completamente diverse rispetto a quelle che ero abituato ad osservare, credo di non aver mai saltato quell’intro grazie anche alla sua colonna sonora, il brano è quello che (forse) state ascoltando, i Manic Street Preachers avevano ragione, c’era una sola possibilità: everything must go!
Gran Turismo era diverso da tutti gli altri titoli di auto ed aveva un obiettivo fondamentale stabilito da chi la velocità ce l’ha nel sangue: essere la proposta automobilistica più completa e coinvolgente sul mercato.
Il cuore pulsante dell’esperienza è rappresentato dalla GT Mode: una modalità che prende per mano l’aspirante pilota e lo porta alla scoperta delle più importanti discipline automobilistiche. La curva di apprendimento è molto lenta e per un bambino che non ha mai considerato fino a quel punto l’esistenza delle auto nella realtà che lo circonda non ne semplificava di certo la vita. Gran Turismo è il primo videogioco in cui per godere al massimo dell’esperienza devi saper guidare veramente, con un guizzo di game design viene proposto come primo scalino della GT Mode la modalità “Patente di guida”: una sequela di sfide che mettevano alla prova il giocatore nelle varie fasi di apprendimento con diverse classi di auto, aumentando la difficoltà progressivamente. Passai un quantitativo spropositato di ore davanti alla TV, prendendo altrettante mazzate dai miei genitori, ma non importava: dovevo portare a termine ogni sfida. Col passare del tempo, gara dopo gara, mi accorsi che qualcosa in me cambiò: Gran Turismo aveva acceso negli occhi di un bambino di soli sette anni la passione per le automobili, per la prima volta da un videogioco alla realtà, iniziai a riconoscere le auto di tutti i giorni, la mia preferita in gioco però era indiscutibilmente una supercar: Dodge Viper GTS, quelle due strisce bianche lungo tutta la carrozzeria blu intenso erano “l’impronta delle nuvole che dividono il cielo”.
Dieci anni dopo, il primo episodio di Gran Turismo è ormai un ricordo calcificato, saldo nella mente. Di acqua sotto i ponti ne è passata diversa, si susseguirono diversi episodi della serie. Gran Turismo 2, migliorò sotto ogni punto di vista il suo predecessore, accompagnato dalla diffusione del Dualshock, il pad che per la prima volta introdusse la vibrazione in un videogioco: fu talmente innovativa come caratteristica, che le prime volte che la sentii, per l’emozione mi cadde e si ruppe. Si, anche in quel caso presi mazzate.
Gran Turismo 3 e Gran Turismo 4 vengono annoverati da moltissimi fan come i migliori capitoli della serie, difatti, è in questi episodi che si raggiunge la massima ricerca della velocità di cui parlava Yamauchi poco sopra. Tralasciando l’ovvio salto qualitativo da un punto di vista meramente tecnico, ciò che stupisce in questi capitoli è lo sforzo degli sviluppatori a riprodurre nel modo più fedele possibile il clima della gara, tanto da spingermi a passare finalmente ad un volante e godermi i replay ad ogni evento, cercando di migliorare curva dopo curva. Se fino al quarto capitolo la serie di Gran Turismo regnava incontrastata, dal quinto capitolo in poi lo scenario cambia drasticamente.
Gran Turismo 5 arrivò sugli scaffali nel 2010, ben sei anni dopo il suo predecessore: questa grandissima finestra temporale portò inevitabilmente numerosi studi di sviluppo a produrre la loro interpretazione automobilistica, proprio in quegli anni nacquero titoli del calibro di Race Driver: Grid e i vari Forza Motorsport. L’enormità delle tempistiche non solo portò concorrenza, ma ritorse contro le ire dei fan della serie che vedevano spostare la data d’uscita sempre più in là, tanto da generare in rete un clima parodistico nei confronti del team a causa della mancata credibilità del lavoro svolto. Gran Turismo 5 e Gran Turismo 6 (nel 2013) si trovarono nell’ardua impresa di dover combattere contro tutto e tutti: chi li critica per partito preso e chi li definisce “the real pathetic simulator”. Se da una parte il pubblico non li accolse nel migliore dei modi, la critica dall’altra parte (compreso il nostro Antonio Fucito) cominciò ad evidenziare alcuni difetti storici della serie non risolti, primi fra tutti danni e collisioni, che risultavano troppo al di sotto rispetto alle soluzioni proposte dai principali “avversari” della saga.
Ciò che in pochi notarono però, fu il cambio di focus della serie: il veicolo.
C’è un sottile filo conduttore tra ciò che lega Franz Liszt e il suo sogno d’amore e ciò che unisce Kazunori Yamauchi e l’interpretazione del veicolo.
Quella che ascoltate è una delle più belle composizioni per pianoforte, la mia preferita in assoluto. Quando in Gran Turismo Sport il logo Polyphony alzò il sipario, capii subito l’imponenza artistica di questo capitolo: ascoltai il brano proposto quasi ritrovando quel “sogno d’amore” che l’autore inserì nel titolo, l’amore però troppo spesso si trasforma in un tumulto di sentimenti, descritti nella parte centrale vigorosa e virtuosa, per poi riportarci al delicato climax iniziale.
Non è un caso che questo brano cosi leggero, cosi romantico, cosi appassionato, accompagni delle immagini straordinarie che ritraggono i più grandi successi nella storia dell’automobilismo in contrapposizione ad un viaggio all’interno di un museo: è qui che l’automobile viene proclamata la regina delle attenzioni degli sviluppatori, un viaggio alla scoperta dei minuziosi dettagli scolpiti in modo magistrale dallo studio giapponese. Gran Turismo Sport è prima di tutto l’esaltazione della passione per l’automobile, la dominatrice incontrastata della nuova visione Polyphony, coccolata come la più preziosa opera da preservare e collocata nel profondo significato dell’emozione del movimento.
Gran Turismo Sport è la ricerca della velocità, non pensiate minimamente che il romanticismo sia la sola parte emozionale dell’offerta: in collaborazione con Sony il team giapponese ha sviluppato una nuova tecnologia di cattura audio per la resa sonora dei motori, tecnologia che viene utilizzata particolarmente bene persino nelle schermate di caricamento, quasi a rimarcare il ruggito del bolide che ci appresteremo a far sfrecciare, o durante l’utilizzo della visuale interna durante la gara, quando il motore recita la sua parte migliore. La velocità va apprezzata e per farlo al meglio, avrete a disposizione non un replay, ma il migliore replay dei titoli automobilistici in circolazione: ogni scorcio è adrenalina pura, ogni curva è ripresa nella maniera più enfatizzante mentre la battaglia per il primo posto è in scena; non solo l’auto, ma anche gli elicotteri che effettuano le riprese, il pubblico che fa il tifo, la vegetazione che si sposta al passaggio delle auto, la bandiera a scacchi che sancisce il vincitore: la velocità.
Alcune volte il destino è strano, alcune volte i sogni si avverano. Non è una sorpresa che all’interno della saga di Gran Turismo siano presenti delle auto “concept” realizzate per eventi particolari, è sorprendente però quando questi concept vengono realizzati nella realtà dal produttore. L’ultimo caso è l’Audi e-Tron Vision Gran Turismo presentata allo scorso e-Prix di Roma: una belva dotata di tre motori elettrici che erogano 600 kW, pari a 815 cavalli.
Al netto dei difetti oggettivi della serie, di un comparto fisico non ancora perfetto, della ancora troppo banale implementazione nei danni, laddove Assetto Corsa è uno straordinario simulatore e Forza Motorsport una grande proposta ludica, Gran Turismo è l’interpretazione più emozionante della velocità: un’esperienza che negli anni ci ha fatto innamorare dello stile, ed a chi mi domanda “ma perché continui ad amare Gran Turismo” rispondo “Nonostante le preferenze ideali ed oggettive, ci innamoriamo sempre di ciò che ci sorprende, che non ci aspettiamo”, Yamauchi: continua a sorprendermi.
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