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Death Stranding in pillole

Ho terminato la mia avventura su Death Stranding qualche tempo fa. Negli ultimi giorni invece, ho avuto il tempo per metabolizzare e riflettere su quanto visto e giocato e oggi ho scelto quindi di proporvi alcune mie riflessioni personali, a freddo e rigorosamente in pillole, sull’ultimo gioco diretto da Hideo Kojima.

Certi momenti non si possono ripetere

Aspettative e realtà

Da fan di lunga data non sono rimasta delusa, perché è stato un gioco profondamente originale negli intenti. Se fosse stato qualcosa di più convenzionale, avrebbe sfigurato nei confronti dei miei Metal Gear Solid preferiti perché quest’ultimi sono stati ormai idealizzati nella mia mente come esperienza irripetibili.

Longevità, non noia

Il mio apprezzamento non implica che io non abbia accusato momenti di stanca, ma in quasi sessanta ore di gioco sarebbe quasi inspiegabile se fosse vero il contrario. In termini di longevità, nessun capitolo della Metal Gear Saga è nemmeno lontanamente paragonabile a Death Stranding: che sia questo il primo passo compiuto da Hideo Kojima per soddisfare la vorace fame di contenuti del giocatore moderno?

Regia

La qualità della regia di Hideo Kojima non è mai stata in dubbio, mentre la gestione della narrazione qualche volta sì. Death Stranding ha pertanto confermato la bontà della prima e segnato invece la maturità piena nella seconda. Il crescendo finale che porta allo scioglimento dell’intreccio della trama viene mostrato al giocatore con un dosaggio assolutamente perfetto. Durante i lunghi e bellissimi filmati non si freme mai per tornare a giocare. La fatica (virtuale, ovviamente) provata nel fare le decine di consegne richieste fa sì che la comprensione del quadro narrativo risulti al giocatore come una conquista pienamente guadagnata e da godersi in tutta tranquillità.

Mondo

Il gioco presenta un mondo semi-aperto in cui la fonte del divertimento è parte del mondo stesso. Non è necessario avere un compito da svolgere per desiderare di andare in giro per la mappa. La dinamicità conferita dalle condizioni atmosferiche e dalle interazioni asincrone fra giocatori differenti è un fattore fondamentale che giustifica ed esalta la cura e la profondità del gameplay simulativo, mantenendolo interessante in tutti i momenti. L’interattività non raggiunge però i picchi di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Non che la cosa sia fondamentale ai fini dell’economia del gioco, ma vale la pena puntualizzarlo alla luce delle speculazioni che erano circolate in occasione dei trailer e video di gameplay che avevano preceduto l’uscita sul mercato.

Il mondo di gioco è vibrante e interattivo

Musica cinematografica

Utilizzo spiccatamente cinematografico della musica, che spesso viene accoppiato con la regia dinamica per sottolineare alcuni momenti (pienamente interattivi) di gameplay. Kojima interrompe più di rado il controllo del giocatore: una pratica, questa, che segna un netto taglio col passato della Metal Gear Saga, la quale verteva sull’innesco delle cutscene per far avanzare la storia. Quest’ultime ci sono ancora, naturalmente, ma sono state limitate.

Lore e storia

La lore di gioco è straordinaria. La pletora di dettagli che compongono il contesto di ogni singolo personaggio è estremamente curata ed elegante, sia dal punto di vista della scrittura che dell’estetica. Tuttavia, contrariamente a quanto avviene in un titolo che condivide questa eccellenza, ovvero Control di Remedy, la visione d’insieme della storia principale non è mai oscurata dai dettagli: durante tutto il gioco, seguire l’arco narrativo di Sam e di BB rimane sempre la prima motivazione a procedere. Il punto di vista e le informazioni note sono sempre condivise tra giocatore e protagonisti, così come la fatica delle consegne.

Sam e BB condividono il loro punto di vista col giocatore

Amatissimo Codec

Giocando a Death Stranding mi è mancato molto il codec di Metal Gear. Considerando che le figure di supporto a Sam non mancano (Diehard-man, Heart-man, Mama, Fragile e Deadman), sarebbe stato perfettamente plausibile e ludicamente soddisfacente assegnare a ciascuna di esse una frequenza codec. Magari sovrapponendo le comunicazioni al gameplay, in maniera simile a Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, tuttavia mantenendo la struttura del dialogo anziché della cassetta preregistrata. Data la caratura degli attori coinvolti nella lavorazione del gioco, mi chiedo se sarebbe stato troppo oneroso aumentare sensibilmente le loro linee di dialogo per accomodare le chiamate su input dei giocatori. Penso che non lo sapremo mai, ma sarebbe stato bello.

Personaggi femminili

Capitolo personaggi femminili: croce e delizia del buon vecchio Hideo Kojima, ovvero l’uomo che è riuscita ad appaiare due personaggi come EVA e The Boss nello stesso gioco (Metal Gear Solid 3: Snake Eater). Diverse sono le donne coinvolte nella storia: tutte hanno un ruolo importante e, al contrario di precedenti illustri (Quiet, la già citata EVA, ed ancora prima Sniper Wolf, seppure in misura ridotta), nessuna ha ricevuto una carica sessuale caricaturale. In primo luogo, c’è il Presidente Brigitte Strand, la quale ha un rapporto inizialmente misterioso con Sam: è lei a conferirgli la sua missione di “avanzare verso Ovest” per “riunificare le Citta Unite d’America”. Poi c’è Amelie: figura-chiave, che Sam ed il giocatore inseguiranno per tutto il corso del gioco: sul suo ruolo nella storia non si può dire nulla senza cadere nello spoiler, tuttavia si tratta del personaggio che più di ogni altro Kojima usa (in maniera altamente scenografica) per dare voce al messaggio di unità che permea il gioco e per spiegare alcuni elementi fondamentali quali la Spiaggia. Infine, Fragile e Mama sono preziosi alleati per Sam: come Snake in tutti i capitoli della Metal Gear Saga, Sam riceve aiuto da svariati personaggi. La prima è a capo di un’organizzazione di consegna, la Fragile Express, che rivaleggia con la Bridges di Sam, la seconda è uno scienziato con un’approfondita conoscenza delle Creature Arenate (le CA). Entrambe sono dotate di un background narrativo poderoso che chiarisce le loro posizioni nella trama e che viene sviluppato anche attraverso un paio di cutscene veramente memorabili e clamorose.

Amelie, una misteriosa figura da inseguire

Assurdo e solenne

A Kojima non è mai mancato il gusto dell’assurdo ed anche, a volte, del ridicolo. Tuttavia, questi ingredienti sono sempre andati a braccetto con pathos e solennità. Questo marchio di fabbrica raggiunge una vetta molto alta in Death Stranding, in cui la fantascienza si sostituisce alla fantapolitica di Metal Gear ed i commenti profetici (come quello di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty sulla dittatura dell’informazione) lasciano posto ad un messaggio chiaro, limpido e diretto rivolto a tutti i giocatori.

Hideo si conferma

In conclusione, Kojima è riuscito in un colpo solo a confermare due fondamentali caratteristiche che molti scettici si sono rifiutati per anni di riconoscergli: la concretezza e l’audacia. In merito al primo punto, si tenga in considerazione sia la lunghezza contenuta della lavorazione di Death Stranding (con annesso miglioramento del Decima Engine di proprietà Sony, inizialmente sviluppato da Guerrila Games), sia la pulizia del codice ancor prima del day-one. Le testate giornalistiche che hanno beneficiato di un codice review hanno potuto infatti lavorare su una versione assolutamente stabile del gioco. A proposito del secondo punto, risulta quasi superfluo sottolineare (ma lo faremo) come il leggendario game designer avrebbe potuto scegliere di rendere il suo primo prodotto indipendente convenzionale ed appetibile dal punto di vista commerciale. Death Stranding, invece, rappresenta quasi un guanto di sfida all’impazienza videoludica odierna: lento, complesso e pregno di significato. A Hideo non si comanda.

Hideo Kojima, un tipo sobrio
gmg215

Videogiocatrice a vita, fin dal giorno in cui Psycho Mantis ha provato a controllarmi la mente.

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