Nel corso dell’ultima puntata stagionale del Late Show dei Povery, il nostro caro Antonio Fucito ha avuto la possibilità di chiacchierare amabilmente con Andrea Pessino, fondatore e Chief Technology Officer dello studio Ready at Dawn, noto ai più per aver dato alla luce The Order: 1886, titolo esclusiva PlayStation 4 uscito nel febbraio 2015 ma autore anche di altri prodotti celebri come ad esempio i due capitoli di God of War per PSP e Daxter.
Pessino si è lasciato andare in un racconto libero di quelle che sono stati i suoi trascorsi, tra aneddoti e racconti della vita di tutti giorni e ha approfittato dell’occasione per raccontare un po’ come si svolge la sua giornata lavorativa: il team, che a oggi conta più di centotrenta dipendenti, sta infatti lavorando a una misteriosa nuova IP tripla A di genere action in terza persona (che sia un seguito spirituale di The Order?). Da buon stacanovista, Andrea Pessino ha spiegato come passi la maggior parte delle sue giornate lavorative in studio a seguire i progetti principali o comunque gli elementi che nello sviluppo necessitano di un particolare livello di attenzione. Passate le 19:30 invece, impiega qualche ora del suo tempo dedicandosi a progetti minori o sperimentali.
Come facilmente prevedibile, si è parlato molto di The Order: 1886 e il CTO di Ready at Dawn ha approfittato della situazione per fare chiarezza riguardo quello che il futuro potrebbe riservare alla serie. Come era già noto, l’IP è ed è sempre stata proprietà di Sony, anche publisher del gioco, in quanto lo studio fondato da Pessino ha rivestito ‘soltanto’ il ruolo di sviluppatore. In questo senso però, il motore di gioco (RAD engine, da sempre pensato in ottica multipiattaforma) e il lavoro sono comunque una proprietà di Ready at Dawn mentre invece il franchise, il marchio e gli asset specifici appartengono a Sony. Anticipando dunque le domande della chat, è stata data anche una risposta circa quello che potrebbe essere il futuro della serie: la scelta, è stato spiegato, appartiene totalmente a Sony la quale può decidere a pieno titolo se, quando e con chi sviluppare un eventuale nuovo capitolo. Pessino, in maniera molto lucida e sincera, ha però ammesso che qualora Sony decidesse di assemblare un seguito collaborando con un altro studio, per lui sarebbe “abbastanza deprimente per tante ragioni”.
E ancora: “personalmente, per quanto riguarda la mia carriera, fino a The Order non ho mai avuto alcun progetto su cui abbia lavorato che non fosse stato ricevuto in maniera esaltante, sono stato molto fortunato prima… per cui è stata proprio una lezione di vita, non ero molto preparato, non avevo l’equipaggiamento emotivo per sostenere quell’anno. L’anno dopo è stato abbastanza spiacevole per tante ragioni ma l’intero sviluppo ha avuto i suoi alti e bassi, sono successe tante cose. Alla fine la colpa dev’essere nostra, perché è qua che finisce tutto quanto, uno può anche puntare il dito ma alla fine avremmo dovuto prendere altre decisioni. Devo essere sincero, alcune cose che il nostro team ha realizzato in quel gioco erano eccezionali e altre… no, insomma c’è stato un bilancio di successi e fallimenti”.
Tornando a parlare del gioco, di quello che è stato il dietro le quinte della tanto criticata esclusiva PlayStation 4, Pessino ha spiegato come il team abbia deciso con coraggio di prendersi dei rischi e di non competere su un terreno facile, rivelando anche qualche aneddoto circa i primi prototipi di PlayStation 4 che avevano iniziato a circolare tra gli sviluppatori: “cerchiamo sempre di fare cose diverse e personali, a volte prendiamo dei rischi ad esempio con The Order fin dall’inizio, dal punto di vista sia tecnico che artistico i rischi sono stati enormi e infatti per molto tempo, specialmente all’inizio, anche all’interno di Sony tutti quanti credevano che non fosse possibile. Noi abbiamo cominciato prima della maggior parte degli studi a lavorare, nel 2011 noi avevamo già il prototipo, prima ancora che ci fossero le specifiche di PS4, noi avevamo già il prototipo e il sentimento comune era se fosse effettivamente possibile fare una cosa del genere dal punto di vista audio-visivo“.
Parlando dello sviluppo del gioco in generale, il CTO di Ready at Dawn ha ammesso che probabilmente lui e il suo team abbiano sbagliato a puntare troppo su alcune parti dello sviluppo, lasciando intendere però come il titolo abbia vissuto una sorta di evoluzione nel corso dei mesi, con alcuni problemi relativi ai tempi di lavorazione riscontrati dagli addetti ai lavori, che non hanno consentito allo studio di dedicare la giusta attenzione a certi aspetti, costringendoli dunque a tagliuzzare qualche contenuto qua e là. Pessino ha anche parlato poi di come si vivono normalmente gli ultimi mesi di sviluppo per un titolo di questo calibro: è tempo di bilanci, di statistiche, elaborazioni di dati e previsioni di vendita che il publisher commissiona e che talvolta possono rendere più o meno stressante per gli addetti ai lavori gli ultimi ritocchi che separano il prodotto dall’arrivo nei negozi.
In merito a quelle che furono le lamentele che una porzione di pubblico e una parte della critica specializzata rivolsero al gioco invece:
“Io sono convinto, e parlo per me, che il problema della lunghezza sia… il minimo, il problema minore nel senso che, se quelle ore fossero state così incredibile e fantastiche da giocare… ci sono stati tanti giochi che sono corti e non sono stati criticati allo stesso modo. Se il gioco fosse stato lo stesso ma quattro volte più lungo, magari sarebbe stato ricevuto un po’ meglio ma non penso che fosse quello il problema […] io penso che il ‘cuore’ del sistema di combattimento fosse molto azzeccato, forse non è stato sfruttato abbastanza sia come level design che come quantità di contenuti che siamo riusciti a completare per la release, un problema invece sono state certe parti di esplorazione ma non abbiamo avuto abbastanza tempo per completarle come avremmo voluto. Ripeto, nel complesso pensavamo che sarebbe stata un’esperienza talmente unica da essere soddisfacente ma a volte quello che pensi e quello che può essere il parere del pubblico non sono d’accordo”.
Parlando del mondo VR e in particolare di Oculus Rift, Pessino ha offerto qualche racconto dallo sviluppo di Echo Arena e di Echo Combat (entrambi parte del pacchetto Echo VR) e del loro sviluppo, a partire dal codice single player di Lone Echo: “è sempre importante per noi fare sperimentazioni e anche con Echo Arena è così che è successo. È successo che in un weekend Dave, un lead programmer, in un weekend ha preso il codice del multigiocatore di Deformers e lo ha implementato nella ‘code base’ di Lone Echo e in quel momento avevi quel sistema di movimento, ha messo su un disco e tutti quanti sono andati subito fuori di testa… dovevi sentire le grida, fin dal primo giorno… in un weekend avevamo già il primo prototipo funzionante, con il multiplayer e tutto quanto. È quando hai la possibilità di fare questo tipo di tentativi e idee che tutto va bene […] è l’idea di ‘dream publisher’ che ti lascia libero e ha fiducia, il nostro contratto era infatti per un solo gioco ma quando lo hanno visto ci hanno dato l’ok per farne due e per prenderci più tempo”.
Sempre restando in tema di Realtà Virtuale, Pessino ha espresso anche la sua opinione su quello che è l’attuale mondo VR: “anche nel nostro caso, fin dall’inizio è stata una questione di investimento, il publisher lo sapeva bene che il mondo e la tecnologia VR sono ancora in questa fase sperimentale… non c’è ritorno economico, non è quello il punto. Il punto è quello di creare la conoscenza, il ‘know-how’ e la tecnologia. Anche con Lone Echo, un sacco di idee che noi abbiamo sperimentato erano cose che erano già state classificate come impossibili da fare in VR cioè ci dicevano ‘se fai quello in VR, non funziona’ e noi abbiamo detto ‘ok però, proviamo a farlo in maniera un po’ diversa’ come ad esempio facendo vedere l’intero corpo e altre cose che erano già state scartate […] il discorso è che il mondo VR è completamente diverso, per quello mi fa ridere quando qualcuno cerca di mettere tutto insieme come fosse un nuovo ‘thread’ (una suddivisione o un sottoinsieme, ndr) o un’alternativa al gioco tradizionale. Non è così, è proprio una cosa diversa esattamente come un film è diverso da un libro, siamo a questo livello di differenza. VR è a parte e siamo ancora agli inizi, anche solo comprendere le potenzialità di quello che si può arrivare a fare”.
“Il VR non è ancora pronto per esplodere ma siamo veramente vicini… secondo me, e questa è una mia opinione personale, ci sono dei requisiti minimi perché il VR sia soddisfacente come medium e il visore, i controller e tutte queste cose sono importantissime ma in questo senso anche i controller touch hanno lo stesso livello di importanza; inizialmente Lone Echo doveva essere compatibile anche con i controller normali ma quando sono arrivati in studio i prototipi di quelli touch… è stata tutta un’altra cosa. Il controller classico funzionava ancora ma era talmente inferiore come feedback che non aveva più senso e lo abbiamo scartato perché il fatto di offrire comunque questa possibilità significa che qualcuno lo userà in quel modo ma avrebbe rovinato l’esperienza”.
E infine, parlando del prossimo futuro e della diffusione di queste tecnologie si è detto molto positivo verso i prossimi sviluppi: “è una tecnologia che non è destinata a sparire ma anzi, vedrai già con Oculus Quest, è una tecnologia interessante e sarà molto molto importante per diffondere e aumentare l’audience e le aspettative del pubblico ma ci vuole ancora tempo, non è una cosa che nel prossimo futuro si troverà in ogni salotto, ci vorrà un po’ di tempo ma succederà di sicuro… è veramente troppo, per chi non l’ha provata… lo capisci solo se la provi. E siamo comunque ancora al limite, la tecnologia di adesso è appena appena sufficiente ma ci stiamo avvicinando e nel giro di qualche anno conquisterà una porzione del mercato davvero enorme […] E la cosa più bella è quando ci arrivano i feedback che, a differenza di un gioco o un film, dove ti ricordi di aver giocato o guardato qualcosa, l’esperienza del VR ti lascia il ricordo come se quella esperienza fosse tua e l’avessi vissuta davvero”.
Prendendo poi spunto dalla chat, c’è stato spazio per parlare anche di Nintendo Switch: Andrea ha infatti svelato di aver adorato (come tutti noi del resto, ndr) The Legend of Zelda: Breath of the Wild giocandolo, nonostante il poco tempo a disposizione, per oltre centoottanta ore complessive: in assoluto uno dei suoi giochi preferiti di sempre assieme al più recente Red Dead Redemption 2 di Rockstar Games e God of War, dove ha approfittato dello spazio per parlare del director Cory Balrog come di “una potenza creativa, un vero talento”. Amore e passione non mancano anche per gli indie, in particolare se giocati su Nintendo Switch, con menzione d’onore per Dead Cells.
Non poteva mancare anche una piccola parentesi relativa alle nuove generazioni di console con Antonio che si è lanciato in una domanda riguardante i devkit di PlayStation 5 e di Xbox Scarlett – che secondo le sue informazioni stanno già girando da mesi – alla quale invece Pessino invece ha dichiarato di non poter assolutamente rispondere ma ha scherzato dicendo: “se dico qualcosa arrivano subito dei cecchini, non faccio in tempo neanche a finire la frase”.
La discussione infine si è spostata anche su tematiche più leggere con qualche aneddoto come quando, rispondendo in una intervista ad alcune critiche circa un fantomatico downgrade subito da The Order: 1886 in fase di produzione, il CTO dello studio rispose “downgrade my balls”, ricevendo poi una chiamata da Sony che intendeva capire che cosa intendesse precisamente lo sviluppatore con quella espressione quantomai colorita.
Prima di chiudere però, Andrea Pessino si è voluto togliere una curiosità che lo ‘tormentava’ da settimane circa uno dei tormentoni che Antonio ha più a cuore, chiedendo quindi la traduzione dal napoletano di Mario Merola della GIF che trovate poco sopra: non perdetevi questo finale scoppiettante, risate assicurate!
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