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Il lato oscuro dello sviluppo: stipendi non pagati, ritmi di lavoro folli e furto di proprietà intellettuale

Svelato per la prima volta nel corso dello State of Play di ieri, Aeon Must Die! è un picchiaduro sci-fi piuttosto peculiare sviluppato da Limestone Games, pubblicato da Focus Home Interactive e in arrivo nel corso del 2021 su PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC.

In una manciata di secondi, il trailer di annuncio è stato in grado di svelare alcune potenzialità di un titolo che, a essere sinceri, pare vantare una componente artistica quantomeno intrigante e che ha già riscosso un buon successo tra gli spettatori dell’evento trasmesso in diretta sui canali PlayStation. Tuttavia, a fare ancora più rumore, non è stato tanto il reveal trailer ma le accuse lanciate su Twitter e su YouTube da alcuni vecchi componenti del team.

Il contesto

Una breve ma doverosa premessa: le cose da dire sarebbe molte e si potrebbe trasformare il discorso in una disamina generale del settore ma in questo articolo, per non perdere il focus rispetto a quanto è stato pubblicato in rete, ci limiteremo a dare voce a quelle che sembrano essere accuse molto gravi mosse contro il CEO dello studio e contro il publisher, accusato di non aver vigilato sull’operato di chi doveva gestire il processo produttivo. In ogni caso, il gruppo di ex-dipendenti non si è limitato a muovere tali accuse ma ha anche condiviso in rete una cartella Dropbox (screenshot, documenti e registrazioni audio, ndr) a supporto di quanto affermato: si parla di ritmi di lavoro incessanti, stipendi non pagati, assenza di contratti, utilizzo di software pirata e, per finire, di appropriazione indebita dell’IP del gioco.

La polemica è stata innescata dalla pubblicazione del trailer di annuncio denominato ‘originale’ su YouTube, dopo che questo era stato mostrato in diretta. Tra le due parti infatti paiono esserci una o più cause pendenti e l’accusa degli sviluppatori contro la compagnia che detiene i diritti dell’IP è a dir poco pesante. In particolare, come citato nella descrizione del suddetto video:

“Questo trailer è stato creato mediante abusi, manipolazioni e furti […] Le persone che hanno lavorato a ogni frame (del trailer, ndr) non fanno più parte della compagnia che detiene i diritti dell’IP. Alcuni non sono stati nemmeno pagati per il loro lavoro. Il trailer ha ancora un contenzioso in corso circa la proprietà dell’IP. La vera IP del gioco è stata rubata attraverso un atto criminale. Siamo ancora in attesa di una reazione finale da parte del publisher (Focus Home Interactive, ndr)”.

Insomma, una situazione tutt’altro che genuina e positiva che però, non ci è ancora dato sapere quanto fosse nota ai piani più alti: si è trattato di una cattiva gestione unicamente imputabile al CEO dello studio Yaroslav Lyssenko e al CTO Oleg Tsurikov o la situazione era chiara anche al di fuori del gruppo di lavoro?

I contatti con il publisher

Gli sviluppatori di Aeon Must Die! (AMD d’ora in avanti, ndr) riferiscono infatti di aver cercato in più occasioni il contatto con l’editore del gioco, così da informarlo delle gravi problematiche legate all’organizzazione e alla gestione del team di sviluppo ma invano.

Stando al loro resoconto, il 22 giugno il publisher di AMD avrebbe ricevuto in via confidenziale una lettera firmata da dodici dipendenti dello studio i quali chiedevano cooperazione per risolvere una situazione tossica per loro e nociva per il prodotto finale. Lo stesso giorno, otto di loro (compreso l’intero team creativo) hanno consegnato una lettera di dimissioni a cui, il CEO di Limestone Games, avrebbe risposto nei giorni seguenti con la minaccia di procedere legalmente, per poi licenziare tutti in maniera irregolare ovvero prima della data concordata.

Confidando nell’editore, gli sviluppatori hanno deciso di attendere per una risoluzione positiva che però non è mai arrivata. La situazione si è anzi aggravata quando il team ha scoperto che le lettere ritenute confidenziali erano in realtà trapelate all’interno dello studio. A ridosso della presentazione di ieri poi, ignorando tutti i contatti e le richieste d’aiuto precedenti, il publisher ha spiegato che non c’era alcun motivo per rimandare l’annuncio e ha dunque spiegato che avrebbe mostrato il trailer – quello che abbiamo visto – e ha anzi definito il momento come “una grande spinta per il gioco”, invitando il team a collaborare, facendo leva sul loro amore per il progetto.

Tra i documenti allegati dai vecchi dipendenti del team, c’è anche la prima lettera che è stata indirizzata al publisher, nella quale si fa riferimento in maniera piuttosto specifica e accurata a tutta una serie di comportamenti e problematiche legate a quel clima lavorativo definito “tossico”. Di seguito uno stralcio:

“Caro ///////

Il silenzio deve essere rotto. Siamo le voci di quegli sviluppatori di Aeon Must Die che sono abbastanza coraggiosi da farsi avanti.

Negli ultimi tre anni abbiamo messo tutta la nostra forza e il nostro cuore nella creazione di questo gioco. AMD lo era ed è ancora la nostra passione e il sogno di tutti noi, che lo vogliamo portare in questo mondo con la cura e l’amore che merita. Ma a causa di un ambiente di lavoro insopportabile creato e alimentato dalla gestione della società (CEO, CTO e i principali azionisti), siamo costretti a interrompere i nostri rapporti con Limestone Games. Abbiamo provato molte volte a dialogare con la direzione per cercare di ristabilire i valori e l’approccio promesso all’inizio del progetto. I nostri tentativi sono stati tutti vani, la direzione ha preso decisioni sbagliate che non sono servite a disinnescare la situazione ma che hanno fatto solo peggiorare le cose nel corso dell’ultimo anno.”

La missiva prosegue poi con una lunghissima lista di esempi della cattiva gestione aziendale: dallo scarso rispetto tenuto dai dirigenti nei confronti degli sviluppatori, allo sfruttamento di straordinari, passando per pagamenti mai ricevuti od operati in nero, fuori dal contratto e finendo con una lista infinita di esempi circa minacce e pressioni psicologiche attuate attorno alle scadenze da rispettare e con lo spettro del licenziamento impiegato come arma per farsi obbedire.

Limestone Games

Stando alle parole di questi ex dipendenti, il quadro che emerge è quello di una direzione veramente disastrosa, disorganizzata, scorretta e autoritaria. Problemi con la gestione dei giorni di malattia (non retribuiti, ndr), ferie perlopiù assenti e scadenze così incessanti da costringere i dipendenti a lavorare praticamente ogni giorno, fine settimana inclusi. Inoltre, non sempre gli sviluppatori potevano fare affidamento su un contratto: i più ‘fortunati’ contavano quantomeno su quella garanzia, altri avevano firmato soltanto un NDA, altri ancora invece un bel niente. Com’è lecito pensare, a una situazione del genere sono seguiti problemi con i pagamenti: in tanti dichiarano di aver lavorato per mesi senza aver visto un soldo, alcuni non sono mai stati pagati o devono ancora ricevere degli arretrati.

Ad alcuni dipendenti, come testimoniano gli screenshot, veniva chiesto nello stesso tempo lavorativo – e quindi dietro il medesimo compenso – di svolgere mansioni che sarebbero spettate ad altre figure lavorative ma che erano state tagliate per ridurre le spese. Per ottenere questi sforzi aggiuntivi, i dirigenti facevano affidamento allo stesso tempo sulla passione dei dipendenti e l’amore per il progetto (lo sviluppo procede ormai da tre anni, ndr) ma ricorrendo anche a forti pressioni psicologiche e frequenti minacce di licenziamento o allontanamento dal progetto. A ciò si aggiunge anche l’assoluta mancanza di supporto da parte dello studio di sviluppo ai propri dipendenti mediante strumenti di lavoro, sia essi software che hardware. I dipendenti raccontano di essere stati costretti a provvedere personalmente all’acquisto di mouse, tastiere o di altri strumenti fondamentali per svolgere il loro compito.

Caso emblematico quello raccontato da un 3D Concept Artist dello studio il quale ha dichiarato di essere stato ‘assunto’ senza contratto: qualche tempo dopo, interpellando a riguardo Yaroslav Lyssenko (CEO dell’azienda), questi gli comunicò che sarebbe servito ancora un po’ per preparare le carte ma che nel frattempo lui avrebbe potuto continuare il suo lavoro. La paga, nel suo caso, era divisa tra il salario ufficiale e una parte in contanti (eludendo il fisco, ndr). Durante questi mesi: “ogni giorno trascinavo in ufficio il mio pesante laptop domestico perché non mi era stato fornito alcun PC su cui lavorare. Allo stesso modo, non mi è stato fornito nessun software e sono stato incoraggiato a “cercare il software come posso” […] Inoltre, alcune assegnazioni e compiti dovevano essere eseguiti con software che richiedesse licenze come 3DSmax, Maya, Zbrush, ecc. Anche in questo caso, non mi è stata fornita alcun tipo di licenza per l’utilizzo di questi programmi ma mi è stato comunque preteso di creare file in quel software”.

Un altro aspetto oscuro della vicenda, riguarda il cosiddetto furto dell’IP originale del gioco la quale, stando al racconto e alla documentazione citata, sarebbe passata gradualmente nelle mani dell’amministratore delegato dell’azienda, attraverso alcune carte fatte firmare in maniera ingannevole al fondatore e al CCO. Ciò avrebbe reso Yaroslav l’unico rappresentante e detentore delle proprietà intellettuali di Limestone Games: il tutto sarebbe avvenuto, presumiamo, all’oscuro delle altre controparti le quali avrebbe continuato a lavorare nell’ultimo periodo credendo di avere ancora voce in capitolo circa le decisioni e il controllo della compagnia. Da qua anche l’accusa non solo “di aver preso di nascosto l’intera IP e la compagnia dal suo fondatore” ma anche di aver fatto mandare in onda un trailer che infrange tale proprietà intellettuale e che è stato fatto realizzare da persone che ci hanno lavorato senza contratto e che non sono ancora state pagate. 

Aggiornamento del 07 agosto ore 17:07 – La risposta di Focus Home Interactive (il publisher):

Non si è fatta attendere la risposta da parte dell’editore il quale, attraverso un comunicato social, ha indicato come l’intenzione del publisher sia quella di “andare a fondo di questa storia e indagare la accuse mosse dai dipendenti, così da prendere i dovuti provvedimenti qualora le accuse risultassero verificate. Non ci saranno ulteriori commenti fintanto che la società non avrà una visione completa e chiara della vicenda.”


Tra le molteplici accuse rivolte ai vecchi datori di lavoro, ci siamo limitati a riportare quelle che più di altre ci sono sembrate supportate da un documento o da una simil-prova distribuita sul web, in attesa e auspicando un commento – ancora non pervenuto – del publisher, della compagnia o anche di Sony, qualora volesse chiarire la sua posizione o prendere le distanze da questi avvenimenti.

Tommaso Stio

Domatore di leoni da tastiera.

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