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La città murata di Kowloon

Per quanto giapponese nel DNA, Shenmue è interamente ambientato in Cina durante il secondo capitolo. La folle ambizione dell’opera di Yu Suzuki, la quale sarebbe meritevole di un approfondimento a parte, anche in vista della terza iterazione in dirittura di arrivo il prossimo agosto, porta in dote una ricostruzione minuziosa e dettagliata di luoghi reali, cosicché il fascino del gioco attinge da alcuni dei più incredibili paesaggi del grande paese d’oriente. Tra tutti spicca la città murata di Kowloon ad Hong Kong.

Una giungla urbana in cui i raggi del sole faticavano a penetrare, in Shenmue 2 Kowloon faceva da sfondo alla malavita cinese nella quale il protagonista, Ryo Hazuki, doveva imbattersi durante la sua odissea per vendicare la morte del padre.

City of Darkness

Kowloon ha incarnato l’ambientazione urbana cyberpunk: un’accozzaglia densissima di grattacieli di fortuna, costruiti senza ingegneri né architetti, su un fazzoletto di terra di due ettari ai confini della metropoli di Hong Kong. Fino all’anno 1993, in cui è iniziata l’opera di demolizione totale della città murata, la densità abitativa risultava la più elevata sul pianeta.

Storia di confine e di conquista

La storia di Kowloon risale ad oltre mille anni fa, quando fu costruita come avamposto per il commercio di sale. Nella seconda metà del XIX secolo, poco dopo il trattato di cessione di Hong Kong all’Impero britannico per 99 anni, un muro difensivo fu eretto per scopi strategici: trovandosi in terra di confine, infatti, Kowloon era al centro di tensioni militari e politiche tra la Cina e l’Inghilterra. Dopo essere caduta in mano britanniche nel 1912, la città venne attaccata dai giapponesi che ne distrussero il muro nel 1945. Tuttavia, dopo la resa che pose fine alla seconda guerra mondiale, quest’ultimi abbandonarono questo avamposto. Senza reale interesse da parte dei cinesi e degli inglesi, Kowloon divenne un luogo senza legge, completamente autogestito, in cui il crimine divampava incontrastato. Così rimase, fino a quasi metà degli anni ’90.

L’architettura dell’impossibile

Contando una superficie media di venti metri quadri per abitazione, Kowloon estremizzava i problemi di sovrappopolazione che tipicamente affliggono le zone urbane della Cina. Conseguentemente, l’architettura sviluppatasi per accomodare il numero elevato di abitanti presentava alcune peculiarità. Fra tutte spiccavano i collegamenti in aria fra grattacieli, i quali sono distanti fra loro solo una manciata di metri.

Proprio come nella Night City del Neuromante, romanzo seminale per il movimento culturale Cyberpunk, i vicoletti di Kowloon erano illuminati solamente dalle luci al neon poiché la loro larghezza media non eccedeva uno, due metri.

Numerose opere d’arte hanno tratto ispirazione da Kowloon: alcune sono riportate di seguito, altre possono essere trovate qui. L’atmosfera futuristico apocalittica deve aver inspirato numerose produzioni fantascientifiche, ci aspettiamo dunque di trovare la medesima cifra stilistica nell’atteso Cyberpunk 2077. È stato già confermato che la Night City che ha in progetto CD Projekt RED sarà divisa in quartieri, ognuno corrispondente ad una particolare classe sociale. Scommettiamo che la periferia estrema, ovvero la casa dei reietti e degli emarginati, sarà una re-immaginazione di Kowloon: l’arte può imitare la realtà, ma certamente non può superarla.

gmg215

Videogiocatrice a vita, fin dal giorno in cui Psycho Mantis ha provato a controllarmi la mente.

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