Quasi impossibile da credere. Tra poco più di un mese Kingdom Hearts III arriverà finalmente sugli scaffali di tutto il mondo. Dopo vent’anni la trilogia di Xehanort raggiunge il suo gran finale, andando a completare una complessa narrativa frammentata tra spin-off, capitoli principali e un’infinità di piattaforme. Al netto di una gestazione problematica, complice pure il disastroso sviluppo di Final Fantasy XV, l’opera magna di Nomura sembra avere tutte le carte in regola per candidarsi a uno dei titoli migliori di questa generazione.
I trailer – computer grafica e gameplay – pubblicati sono stati difatti numerosissimi (forse troppi) e abbiamo dunque avuto modo a più riprese di vedere il gioco e provarlo con mano in diverse occasioni. Una certa idea di questo epico finale ce la siamo insomma fatta, proiettando luci ed ombre su un progetto che chi scrive ha aspettato per ben dodici anni. Nonostante l’attesa straripante, sentiamo un certo bisogno di razionalizzare questa valanga di informazioni comunicate da Square Enix negli scorsi mesi, la quale – a questo punto – sembra credere ciecamente nel progetto. Seguiteci quindi nel nostro lungo speciale, mettendo il punto tra immense aspettative e concreto realismo.
Vi ricordiamo che Kingdom Hearts III verrà pubblicato in Italia il 29 gennaio su PlayStation 4 e Xbox One.
Frutto di varie vicissitudini di sviluppo, ma anche di una precisa scelta creativa di Tetsuya Nomura, l’immaginario di Kingdom Hearts si configura come un avvilupparsi di eventi su più piani, personaggi e realtà, dove persino la trama di un capitolo “secondario” può acquisire una maggiore importanza rispetto a quella di un canonico episodio numerato. Le vicende di Eraqus e Xehanort sono difatti appena accennate in qualche cutscene, nonostante la loro importanza, mentre vengono a pieno esplicitate solo in Birth by Sleep (all’uscita esclusiva PSP). Stesso discorso per l’arco di Roxas in 358/2 Days e di Sora in Chain of Memories, entrambi premesse dello splendido e complesso intreccio di Kingdom Hearts II.
Mettiamoci anche il fatto che per recuperare tutti gli episodi ad oggi sono necessarie centinaia di ore ed ecco che il problema sorge spontaneo: come introdurre un pubblico – magari neofita – a una serie così sfaccettata? E questo problema, ne sarà convinto credo chiunque, non potrà mai essere risolto all’interno del terzo capitolo.
L’attenzione verso un quadro complessivo della saga sembra massima
Dai trailer l’attenzione verso un quadro complessivo della saga sembra massima e una comprensione completa – compresi gli episodi mobile – sembra confermarsi come conditio sine qua non della piena fruibilità del prodotto. Non basterebbero centinaia di pagine di documenti per stilare una timeline anche solo sufficiente di Kingdom Hearts, figuriamoci qualche voce nel menù di gioco a là Dream Drop Distance (che di sicuro sarà presente).
La questione è invece un’altra: riuscirà Nomura a concludere il vasto oceano di linee narrative ancora aperte dopo una dozzina di episodi? Ovviamente non lo possiamo ancora sapere, ma i filmati finora mostrati lasciano ben sperare. Da una parte abbiamo Pietro e Malefica, alla ricerca del Libro delle Profezie a seguito dei fatti di Coded; dall’altra invece abbiamo l’imminente battaglia per il X-Blade, che dovrà necessariamente passare per la redenzione di Terra ed Aqua, senza dimenticare nemmeno l’atteso risveglio di Ventus. Almeno da un punto di vista macroscopico, il lavoro fatto pare egregio, un vero e proprio tripudio di personaggi storici che culminerà in una battaglia senza dubbio indimenticabile (ci sono poche titubanze a riguardo).
I singoli mondi Disney sono spesso solo background di schemi di ben più ampia portata.
Se quindi abbiamo la certezza di una più che degna conclusione dell’arco di Xehanort, lo stesso non possiamo dire – almeno attualmente – della qualità dei piccoli intrecci relativi ai singoli mondi visitati. Sappiamo della presenza di Arendelle da Frozen, San Fransokyo da Big Hero 6, l’Olimpo da Hercules e altre location, come quella relativa al celebre Toy Story. Carne al fuoco non manca, ma siamo pronti a scommettere su una certa leggerezza nell’affrontare questa immensa mole di materiale, spesso solo background di schemi di ben più ampia portata.
Lasciando per ora in sospeso queste perplessità e passando a un giudizio prettamente grafico/artistico, il lavoro di caratterizzazione sulle proprietà intellettuali Disney appare di contro praticamente perfetto, grazie in particolar modo alle meraviglie dell’Unreal Engine 4, già sperimentate in A Fragmentary Passage. L’eclettismo visivo di Kingdom Hearts III va dato praticamente per certo, questa volta anche esaltato da un comparto tecnico finalmente all’altezza delle più recenti tecnologie moderne.
Come abbiamo già fatto presente sopra, Kingdom Hearts è un franchise ricchissimo di spin-off. Se questo da una parte ha contribuito a disperdere la fan base della serie, dall’altra ha permesso al team creativo di Nomura di sbizzarrirsi nello sperimentare nuove meccaniche. Sebbene infatti lo scheletro della saga rimanga sempre quello di un JRPG hack and slash, questo non vieta comunque moltissime variazioni sul genere, dalle più limitate alle più stravolgenti, con risultati di qualità spesso eterogenea e troppe volte discutibile.
Ogni capitolo ha costituito un piccolo passo in avanti verso una formula bilanciata e ponderata
Nonostante dunque un apprezzamento spesso freddo della community ai cambiamenti apportati al gameplay, ogni capitolo ha in fin dei conti costituito un piccolo passo in avanti verso una formula bilanciata e ponderata, coltivata negli anni a forza di errori ed iterazioni. In Kingdom Hearts III parte dell’eccellente sistema deck di Birth by Sleep pare infatti sostituire le dinamiche legate al livello turbo del secondo episodio, fissando il numero di barre HUD a tre: focus (per lo shotlock), MP (per magie, invocazioni e fusioni) e HP (per la salute).
In questo modo combinazioni di diverse azioni portano alla possibilità – tramite una sorta di quick time event – di assumere una forma, di lanciare un particolare incantesimo o avviare una certa “fusione”, permettendo un gigantesco arricchimento del combat system e una maggiore varietà in mosse ed animazioni.
A queste ibridazioni vanno ovviamente ad integrarsi ed affiancarsi le evocazioni dei personaggi Disney (costante della serie), le attraction flow e una rinnovata intelligenza artificiale, che – almeno sulla carta – dovrebbe anche rendere i companion finalmente utili (parliamo con te, Paperino).
Al netto dei numerosi minigiochi, possiamo aspettarci in definitiva una riproposizione quasi completa di quanto visto un anno fa in A Fragmentary Passage, non a caso da considerare vera e propria tech demo di Kingdom Hearts III. A seguito dei nostri provati, l’unica perplessità in tutto questo ben di Dio risulta essere la gestione dei comandi e del movimento all’interno del mondo di gioco. I controlli ci sono sembrati pastosi, poco responsivi e e spesso confusionari per via di una telecamera piuttosto pigra nel seguire i frequenti cambi d’azione.
Emblema di questa situazione critica sono le fasi di corsa in verticale, dove Sora potrà sfidare la gravità su apposite superfici evidenziate, limitandosi però a scorrere unicamente su due assi. Questa soluzione, come pure altri piccoli esempi che potremmo elencarvi, dimostra quanto Kingdom Hearts III sia a tutti gli effetti un titolo che risente molto del retaggio del passato, piazzandosi in una bolla di anacronismo che rischia di fare da zavorra agli immensi valori produttivi del gioco.
In ogni caso, archiviate le elucubrazioni mentali di cui sopra, per risolvere queste incognite non resta che attendere appena un mese; la battaglia tra luce e oscurità è ormai alle porte e vi invitiamo a leggere nelle prossime settimane la nostra recensione! Nel frattempo, may your heart be your guiding key!
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