L’abilità di completare qualcosa nel più breve tempo possibile è, in quasi tutti gli ambiti (risolini maliziosi…), sinonimo di maestria. Soprattutto nelle situazioni in cui la velocità può prevalere sulla qualità, saper dimostrare di essere più veloci di qualcun altro viene visto come un’attestazione di superiorità. Si tratta, fondamentalmente, di un comportamento infantile, che però assume diverse declinazioni e connotazioni anche nell’età adulta. Ne troviamo esempi in ogni campo, non ultimo quello sportivo, che a livello internazionale mette alla prova i migliori velocisti, sia che si tratti di uomini e donne sulle proprie gambe, sia che si tratti di piloti di due o quattro ruote.
Come per molti altri motivi di competizione, quello sulla velocità è ben presente anche nel mondo dei videogiochi. Sebbene per qualcuno valga la regola secondo cui è meglio godersi appieno un videogioco, esplorando e sperimentando, raccogliendo materiali e dedicandosi ad attività facoltative, e in generale procedendo senza pensare al mero raggiungimento dei titoli di coda, per una ristretta nicchia di utenti l’obiettivo è trovare il modo di completare un gioco nel più breve tempo possibile.
Quello che in molti casi non viene compreso di questi speedrunner è che, per arrivare ai loro risultati, essi hanno prima compiuto un lavoro certosino di disvelamento degli innumerevoli segreti di un titolo, cosa che permette loro di sfruttare glitch, scorciatoie e accorgimenti vari. In altre parole, la velocità deriva da una conoscenza del materiale di riferimento che solo una lenta e attenta dedizione possono garantire.
In ogni caso, la pratica della speedrun è ormai diffusissima e, per un certo verso, normata. Se negli anni Ottanta e Novanta ci si poteva far belli con gli amichetti assicurando di aver finito un Super Mario o un altro titolo dell’epoca in tempi record, oggi ci sono classifiche internazionali e video dimostrativi a determinare chi è il leader della velocità. Il sito speedrun.com, ben noto a chi si interessa dell’argomento, è il punto di riferimento per tutti gli speedrunner e determina le categorie e le regole che rendono valida una partita da velocisti con un videogioco.
Per dare uno sguardo ravvicinato al fenomeno e per chiarire eventuali dubbi di chi guarda con sospetto a questa pratica, abbiamo pensato di ripercorrerne brevemente la storia e di sottolinearne alcuni interessanti risvolti psicologici.
Il sito speedrun.com definisce lo speedrunning come il tentativo di un individuo di superare un gioco, o una parte di esso, nel più breve tempo possibile. La sfida può coinvolgere anche singoli livelli o traguardi di gioco specifici e può prevedere limitazioni decise dalla community o dal giocatore. Anche prima che questa definizione ufficiale venisse formulata, lo speedrunning era un’attività nata e cresciuta contestualmente alla diffusione dei videogiochi. Sin dalla commercializzazione di massa delle prime console negli anni Ottanta, infatti, la pratica del completamento rapido di un gioco faceva coppia con quella del raggiungimento degli “high score” tra le attività collaterali alla conclusione del gioco stesso.
I primissimi esempi di giochi diventati oggetto di speedrun corrispondono a quei titoli che includevano un timer interno. Si parla, ad esempio, di Dragster, Activision Grand Prix, Excitebike, Metroid II: Return of Samus e Super Mario Kart. Il tempo di completamento era un termine di paragone utile per gli utenti, in quanto era parte del gioco stesso e non poteva essere manipolato. Non a caso, una delle prime forme di condivisione pre-social dei risultati di speedrunning fu avviata da Activision addirittura nel 1981, con una newsletter (cartacea) nella quale venivano pubblicati gli screenshot (fotografati manualmente dagli schermi dei televisori!) degli utenti più meritevoli.
L’avvento di internet nei primi anni Novanta, come prevedibile, e l’accorciamento delle distanze che esso portò contribuirono in modo significativo ad accrescere l’interesse nello speedrunning. I giocatori potevano infatti condividere le proprie imprese videoludiche con un pubblico più ampio e internazionale, senza limitarsi alla magra soddisfazione del loro giro di conoscenti nella vita reale e senza dipendere dalla qualità di una fotografia inviata ad Activision o chi per essa. Non a caso, in quegli anni videro la luce i primi siti dedicati allo speedrunning, alcuni generalisti e altri focalizzati su specifici titoli, la cui funzione era non solo quella di diffondere i risultati, ma anche quella di condividere trucchi e tecniche per migliorare costantemente le performance degli utenti.
A cambiare le regole del gioco e a dare la spinta propulsiva allo speedrunning come lo conosciamo oggi fu però Doom
Il lancio del primo capitolo nel 1993 segnò la piccola rivoluzione costituita dalla possibilità di registrare i file delle partite. Fu la scintilla capace di far esplodere siti dedicati a quello e ai successivi giochi della serie e incentrati su sfide particolari con le quali gli utenti si mettevano alla prova. Fu però il sito COMPET-N, inaugurato nel 1994 da Simon Widlake, a spostare l’interesse sul tempo di completamento dei giochi.
La sfida lanciata dal sito era semplice e oggi familiare: completare i livelli di Doom nel più breve tempo possibile, per guadagnarsi un posto nelle classifiche internazionali. Si tratta, di fatto, del primo sito web dedicato integralmente allo speedrunning, il predecessore di molti esempi successivi e dell’attuale speedrun.com. COMPET-N esiste ancora oggi, ma lo scorso anno il suo curatore ha annunciato che il 9 luglio 2022 smetterà di seguirlo e che lo chiuderà per sempre.
Dopo il primo esempio di rilievo ne sono seguiti molti altri. Nel 1996, ad esempio, le speedrun di Quake si aggiunsero a quelle di Doom, introducendo sia il completamento al 100% che il completamento nel più breve tempo possibile, il tutto alla difficoltà massima concessa dal gioco. Da queste premesse nacque, ad esempio, la registrazione Quake Done Quick, che raccoglieva le migliori performance di diversi utenti per ogni livello e mostrava il completamento del gioco nel tempo record di circa diciannove minuti. Una registrazione, questa, che venne addirittura diffusa sui CD regalati da alcune riviste sui videogiochi, accrescendo l’interesse per lo speedrunning.
Dopo il 1994 nacque la prima community dedicata a Super Metroid
Un altro titolo degno di nota nel mondo delle speedrun è Metroid, oggetto sin dal lancio di un intenso scambio di informazioni tra la community di videogiocatori per condividere tecniche di superamento accelerato delle diverse aree della mappa. Il primo capitolo a entrare nelle mire degli speedrunners fu Super Metroid nel 1994, un titolo che si prestava a diversi sotto-obiettivi, tra cui il completamento al 100% o il completamento con i boss affrontati in ordine inverso. In quegli anni nacque anche la prima community dedicata alla ricerca di scorciatoie e trucchi nel gioco, Metroid Prime Discoveries, seguita poi dal sito Metroid 2002. Qui venne pubblicata la speedrun al 100% di Metroid Prime, completato in un’ora e trentasette minuti (tempo oggi ampiamente abbassato) e capace di attirare tanto interesse da costringere il sito a una migrazione dei server per i troppi accessi.
Tra nuove community, avvento delle speedrun su emulatori e prime critiche sulla legittimità di alcune performance, acceleriamo fino al 2014, quando viene lanciato il sito speedrun.com. Si tratta della summa delle esperienze precedenti, capace di raccogliere classifiche, video-prove, forum, statistiche, guide, live-stream e risorse varie per i professionisti dello speedrunning e per coloro che sono solo incuriositi spettatori. Nella rilevazione di novembre 2021, il sito vantava più di novecentomila iscritti e quasi due milioni e mezzo di registrazioni relative a più di venticinquemila giochi. Numeri che danno la dimensione di un fenomeno che troppo spesso viene male interpretato da chi non lo conosce a fondo.
Perché una cosa va riconosciuta: i profani dello speedrunning di frequente additano questa pratica come uno spreco delle potenzialità di un gioco. Quando si trovano in rete articoli dedicati a questo o quel record, non è improbabile imbattersi nei commenti di chi manifesta il proprio disappunto, ritenendo inutile “bruciare” un gioco in pochi minuti e perdersi tutto quello che ha da offrire. Il che, tornando a quanto dicevamo prima, denota una certa ignoranza in materia. Non sarebbe possibile, infatti, raggiungere certi risultati, individuare certe scorciatoie e approfittare di certi vantaggi se non si fosse eseguito uno studio approfondito su ogni singolo aspetto del gioco in questione. Per assurdo, insomma, gli speedrunner sono molto più rispettosi del materiale di partenza rispetto a coloro che li criticano.
Non a caso, tra le regole generali per eseguire una speedrun elencate sul sito speedrun.com, uno dei punti che vengono sottolineati è che è fondamentale divertirsi. Nel caso si sia interessati a cimentarsi nella caccia al tempo di completamento migliore di un gioco è bene insomma che ci si concentri su un titolo noto, che abbiamo apprezzato e che vorremmo conoscere più a fondo. Dall’unione tra il nostro interesse e la nostra interazione con la community può nascere la possibilità di prestazioni memorabili e pronte a entrare nelle classifiche.
Classifiche che sono suddivise in diverse categorie, un po’ come se si trattasse di specialità di un evento di atletica leggera. Le principali, riportate sempre dal sito in questione, sono conosciute come:
Esistono moltissime categorie e sotto-categorie aggiuntive che sarebbe inutile dettagliare, ma che rendono il mondo dello speedrunning accessibile potenzialmente a chiunque
Che lo si voglia vivere da protagonisti o da pubblico non fa troppa differenza, dal momento che la community è aperta a tutti coloro che sono interessati a questo approccio al gaming. Il potenziale divertimento, infatti, esiste da entrambe le parti, con i giocatori impegnati a scoprire i segreti di un gioco e gli spettatori catturati dall’abilità dei professionisti dello speedrunning.
C’è da restare ipnotizzati, in alcuni casi, nel constatare l’esistenza di scorciatoie e tecniche capaci di far aggirare porzioni di gioco che per i comuni mortali possono risultare lunghissime o complicatissime. Solo così diventano possibili prestazioni (rilevate nel momento della stesura di questo articolo) come quella di Sekiro: Shadows Die Twice completato in 19 minuti e 50 secondi, di Demon’s Souls completato in 34 minuti e 1 secondo, di Hollow Knight in 32 minuti e 16 secondi o di Hades in 15 minuti e 18 secondi. Come non ricordare, poi, la celebre speedrun di Super Mario Bros in 4 minuti, 54 secondi e 881 millisecondi e di Sonic the Hedgehog in 14 minuti e 4 secondi?
E per quanto riguarda i giochi più lunghi e complessi? Neanche loro sono esenti da speedrun, anche se con le dovute proporzioni. Ecco allora i record per Red Dead Redemption 2 completato in 12 ore, 58 minuti e 57 secondi, per The Last of Us: Parte 2 in 4 ore e 15 secondi, per Assassin’s Creed Odyssey in 3 ore, 15 minuti e 11 secondi e addirittura per Death Stranding in 3 ore, 44 minuti e 41 secondi. Tempi che al giocatore medio risultano impossibili e per i quali le necessarie prove video fanno da inconfutabili testimoni, oltre che da divertenti prove della follia di alcuni glitch.
La complessità di un fenomeno come quello dello speedrunning ha stimolato anche Alexander R. Toftness, un divulgatore scientifico che, sul suo blog, ha recentemente dedicato spazio a un approfondimento sugli aspetti psicologici di questa pratica. La tesi di partenza dell’articolo è che, per quanto si possa trovare assurdo dedicare migliaia di ore allo stesso gioco, i risvolti positivi dello speedrunning sono moltissimi.
Le ricerche scientifiche sull’uso dei videogiochi in senso lato sono numerose. Le principali hanno sottolineato il possibile effetto benefico sulle abilità cognitive e sul multitasking, ma anche conseguenze negative come il peggioramento della resa scolastica nel caso di un abuso in termini di tempo. Non vanno dimenticati i collegamenti tra videogiochi e depressione, ansia e sociofobia, problemi che in alcuni casi vengono ulteriormente aggravati nei giocatori che si dedicano allo speedrunning.
La possibilità di competere contro altri utenti senza una forma di interazione sociale diretta, infatti, se vissuta male tende ad aggravare le tendenze sociopatiche in chi già ne manifesta i segnali. Spesso, poi, depressione e ansia portano a cercare rifugio nei videogiochi, i quali possono anche peggiorare quelle stesse sensazioni, in un circolo vizioso pericolosissimo. In realtà, l’approfondimento di Toftness cerca di ridimensionare il fenomeno, escludendo le situazioni estreme e sottolineando gli aspetti positivi e cooperativi della community dedicata allo speedrunning.
Comunità è proprio la parola chiave per inquadrare correttamente il fenomeno
Non è più possibile limitare la visione di un gamer a quella di una persona isolata. Gli speedrunner, in particolare, per stessa definizione tendono a esibirsi di fronte a un pubblico, proprio come atleti che cercano di superare i propri record con il supporto morale della gente. Non solo, ma spesso protagonisti e spettatori sono entrambi dediti allo speedrunning, il che determina una forma di collaborazione e una complicità uniche. Ci sono infatti studi che confermano che gli effetti negativi dei videogiochi citati in precedenza vengono drasticamente ridotti quando le interazioni sociali, anche se a distanza, sono elevate.
Altri studi si sono focalizzati invece sul videogioco come promotore di atti di beneficienza. Lo speedrunning è infatti protagonista di una serie di eventi raccolti sotto il nome di Games Done Quick, che si tengono ogni anno e che sono riusciti, dal 2010, a raccogliere più di trenta milioni di dollari di donazioni. Dati scientifici hanno dimostrato che le persone che donano denaro in questo tipo di manifestazioni sono poi portate più facilmente alla beneficienza anche nella vita reale. Un’altra riprova delle conseguenze positive che il gioco inteso come sfida e superamento dei propri limiti può avere.
La cooperazione e la condivisione non sono però l’unica spinta per gli speedrunner. C’è anche e soprattutto la competizione, che si ramifica su tre piani. Da un lato c’è la sfida contro altri utenti, dall’altro la sfida contro se stessi e dall’altro ancora la sfida contro il gioco e i suoi meccanismi. Questi tre tipi di coinvolgimento portano alla dinamica psicologica definita “flow”, ossia il senso di appagamento e coinvolgimento derivante dal dedicarsi a un’attività difficile, ma per la quale il nostro livello di esperienza è sufficientemente elevato. Si tratta di un fenomeno spesso associato allo sport e alle arti creative, ma che trova riscontro anche nello speedrunning.
Cooperazione e competizione giocano così in parallelo per creare una sorta di punto di incontro tra il videogioco e l’attività agonistica, con tutti gli effetti benefici che ciò comporta. Non va sottovalutato però il rischio, che sta appena dietro l’angolo, di vivere lo speedrunning nel modo sbagliato e di trasformarlo in un’ossessione. Tutto dipende dall’approccio iniziale: imporsi di raggiungere un obiettivo a tutti i costi e di guidare le classifiche, dimenticando l’importanza del concetto di comunità e il fatto che il videogioco è principalmente una forma di intrattenimento, può annullare tutto quel che di buono esiste nello speedrunning. D’altronde, però, lo stesso concetto si può estendere a qualunque ambito della vita.
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