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Spider-Man e la filologia del (super)eroe contemporaneo

Guardando unicamente al comparto audiovisivo, a film e videogiochi legati al personaggio, è impossibile non notare come Spider-Man sia forse il super eroe dell’universo Marvel più chiacchierato degli ultimi anni. Tra nuovi adattamenti cinematografici e reboot videoludici, la personalità di Spider-Man permea la cultura pop, portando a importanti riflessioni sul ruolo del super eroe nella società contemporanea.

Circoscrivendo l’analisi alla coppia videoludica Marvel’s Spider-Man (2018) e Marvel’s Spider-Man: Miles Morales (2020) sviluppata da Insomniac Games per PlayStation 4 e PS5, questo articolo cerca di ricostruire la filologia di Spider-Man, focalizzandosi particolarmente sulla figura di Miles Morales, il “secondo” Uomo Ragno, le cui gesta sono narrate nel videogioco omonimo.

In particolare, è possibile affermare che la storia e il personaggio raccontati in Marvel’s Spider-Man: Miles Morales si strutturino come una narrazione transmediale che tocca tematiche socialmente e culturalmente rilevanti sotto molteplici punti di vista, al punto che la si potrebbe definire un contenitore di racconti, strutturati attorno due temi principali: la diversità e il rapporto con la cultura digitale.

Guardando a questi due temi e alla loro applicazione e integrazione in Marvel’s Spider-Man: Miles Morales, le intenzioni di questo articolo sono di scalfire la superficie di un’analisi potenzialmente più verticale e vasta relativa alla totalità delle tematiche affrontate dal gioco.

Il secondo Spider-Man – la storia transmediale di Miles Morales

Come personaggio, Miles Morales è noto per essere lo Spider-Man di colore sin dalla sua prima apparizione nei fumetti, arrivando alle varie trasposizioni audiovisive – recentemente, la popolarità del personaggio è aumentata grazie al film animato Spider-Man: Into the Spider-Verse (2018).

All’interno dell’universo narrativo Marvel, Miles è il figlio di Rio Morales, una donna portoricana, e di Jefferson Davis, un uomo afroamericano – Miles preferisce usare il cognome della madre per evitare battute sul musicista Miles Davis. A livello videoludico, la sua figura è introdotta inizialmente in Marvel’s Spider-Man e accompagna Peter Parker nel suo tentativo di salvare la città da Mr. Negative.

Nel gioco, Miles subisce la perdita del padre, poliziotto morto in un attentato rivolto a Norman Osborn, sindaco di New York. Per cercare di andare avanti e risollevarsi, Miles inizia a collaborare con Peter al centro di volontariato FEAST, gestito da quest’ultimo e Zia May. È proprio all’interno del centro che, a seguito di una serie di vicende rocambolesche, Miles sarà morso da un ragno radioattivo che lo doterà dei poteri di ragno umano, e non solo.

Sia il gameplay che la struttura narrativa di Marvel’s Spider-Man: Miles Morales si configurano come testi in grado di sorreggere una forma di storytelling transmediale: dal rapporto con il prossimo e con sé stesso, alla presenza di un App e un Social Feed per la gestione degli obiettivi di gioco, l’amichevole Spider-Man di quartiere interpretato da Miles trascende il ruolo di (super)eroe.

Il potenziale transmediale del gioco è dettato anche dalle capacità del mezzo videoludico che, considerati gli apparati promozionali e di merchandising che contribuiscono ad arricchire e integrare la narrazione del videogioco, si definisce ormai come una forma di intrattenimento del tutto transmediale.

Aprendo una rapida parentesi su questo concetto, precedentemente emerso nell’analisi di Dead Space, il sociologo Henry Jenkins ha originariamente definito lo storytelling transmediale come la capacità di raccontare una storia attraverso molteplici media, con ogni nuovo elemento che aggiunge qualcosa di unico all’esperienza e che attinge ai punti di forza del mezzo su cui si basa, risultando in un’esperienza complessiva maggiore della somma delle sue parti.

Tutto ciò che Marvel ha concepito negli ultimi vent’anni rientra in questa definizione e in particolare il singolo mezzo videoludico, attraverso artefici virtuali come modalità Foto, filmati e documenti testuali che compongono la narrazione secondaria del gioco, si definisce come un oggetto transmediale totale.

Marvel’s Spider-Man: Miles Morales ne è un ottimo esempio. Spostando il focus da Peter a Miles, il sequel del primo videogioco narra le vicende del giovane adolescente alla scoperta dei propri poteri mentre, da solo, cerca di salvare il suo quartiere e la città da una nuova minaccia.

Il gioco introduce un cast multiculturale che è significativamente diverso dal cast quasi etnograficamente omogeneo del primo capitolo. E questo è il primo dei due elementi su cui si focalizza l’analisi.

Miles Morales: orgoglio di Harlem

I primi minuti di gioco evidenziano e sottolineano lo stretto legame tra il protagonista e il quartiere in cui vive, Harlem, notoriamente zona multietnica e multiculturale che caratterizza New York. Qui Miles muovi i suoi primi passi da super eroe, aiutando i passanti nelle faccende più disparate e sventando piccoli crimini. Emerge un attaccamento al territorio e al quartiere ben più radicale di quello di Peter Parker: Miles è a tutti gli effetti un newyorkese, interessato alla quotidianità delle persone a lui care.

Brian Michael Bendis, l’autore che per la prima volta ha raccontato Miles nei fumetti Marvel, afferma di averlo concepito con le intenzioni di ideare un personaggio che servisse da catalizzatore per le questioni razziali. Voleva creare un personaggio che avrebbe permesso ai bambini o ai lettori di colore di collegare le loro identità al mondo, per condividere una differente prospettiva assente nei media.

L’autore e il generale esordio di Miles sono stati spesso accusati di “racebending”, vale a dire la pratica per cui a livello multimediale un personaggio affermato è ridefinito (subisce un reboot) a livello etnico. Il “racebending” è però una formula necessaria poiché il (re)casting di personaggi utilizzando razze ed etnie alternative crea la possibilità di essere raccontati da prospettive sottorappresentate.

Di conseguenza, reimmaginando Spider-Man come un ragazzo afro-latino proveniente da un ambiente fortemente urbano, Miles Morales mette in crisi la convinzione per cui gli eroi devono essere maschi bianchi.

Dal punto di vista antropologico, l’inclusione e l’integrazione sociale che caratterizzano il personaggio di Miles si scontrano con la sua forte difficoltà a confrontarsi con l’Altro, non inteso come l’individuo socialmente o etnograficamente estraneo, ma con il suo alter ego: Spider-Man. Miles non accetta il ruolo di super eroe, ne veste i panni perché si è trovato nelle condizioni di farlo e vede in Peter Parker l’unico Uomo Ragno.

Con l’assenza di quest’ultimo e attraverso il confronto con amicizie di lunga data e avversari inaspettati, Miles capirà che per difendere le persone che ama deve prendersi la responsabilità che spettano a ogni (super)eroe, non prive di sacrifici.

Marvel’s Spider-Man: Miles Morales affronta questi temi su due piani narrativi-ludici: da un lato le missioni principali e strettamente legate alla struttura narrativa e dall’altro gli incarichi secondari, i crimini e tutte le forme di aiuto che Miles può dare alla comunità di Harlem. Di fatto, nonostante l’area di gioco disponibile comprenda tutta la Grande Mela, il quartiere del protagonista è il luogo in cui si concentra la narrazione.

A guidare il nuovo Spider-Man non ci sono solo colleghi con super poteri e non ma anche i mezzi e gli strumenti della cultura digitale. Miles possiede un App per smartphone – L’ App dell’Amichevole Spider-Man di Quartiere – accessibile in qualsiasi momento di gioco, che raccoglie informazioni dettagliate circa gli incarichi e gli obiettivi secondari da svolgere. Inoltre, dal menù di gioco è possibile accedere a una sezione di Social Feed che, strutturata come i più noti social media, fornisce informazioni sugli eventi in corso a New York e Harlem attraverso post, commenti e conversazioni online.

Miles Morales: influencer mascherato

Man mano che Miles porta a termine gli incarichi segnalati dai cittadini sull’App, la sua popolarità cresce, parallelamente al suo numero di follower e alle richieste, dotando Spider-Man dell’aurea di influencer: questo è il secondo tema di breve analisi di questo articolo.

Riflettendo circa l’impatto dei social media all’interno della società contemporanea, è necessario evidenziare come la Rete sociale si sia affermata in quanto strumento pop a basso costo e accessibile (quasi) a tutti. Attraverso i social, chiunque può condividere informazioni senza vincoli di tempo e spazio.

Di fatto, l’App in-game di Marvel’s Spider-Man: Miles Morales rimarca ciò per cui i social media sono progettati: supportare la partecipazione, la conversazione peer-to-peer, la collaborazione e la comunità.

La presenza dei social media all’interno di un universo narrativo supereroistico non fa che ampliare la notorietà degli eroi, trasformandoli talvolta in veri e propri influencer. All’interno del gioco, Miles Morales/Spider-Man, con la sua personalità e carattere si comporta quasi come un vero e proprio influencer. Pur rinunciando ad apparizioni in Tv o via Podcast, non disdegna una presenza socialmente attiva, legata alla sua attività nei quartieri di New York.

Inoltre, la presenza di un apparato social media come parte del gameplay, non fa altro che marcare il ruolo di questi mezzi che, secondo Henry Jenkins, sono diventati un importante sito di gioco all’interno dell’intrattenimento moderno per narratori e fan. Di fatto, sia l’App summenzionata che una sezione del menu dedicata a un simil-social-feed aggiungono un livello di narrazione all’esperienza di Marvel’s Spider-Man: Miles Morales.

Tale livello ha implicazioni culturali significative attraverso la sua capacità di influenzare l’immaginazione civica sia dentro che fuori lo schermo. Con questo termine, Jenkins fa riferimento alla capacità umana di sognare collettivamente un futuro migliore svincolato dalla realtà della nostra esistenza quotidiana. In altre parole, attraverso gli apparati social di Marvel’s Spider-Man: Miles Morales i cittadini di New York sognano un futuro idealizzato dalla presenza di un super eroe e, parallelamente, il giocatore si rapporta con una storia di finzione che visualizza molto vicina alla realtà creando una “memoria collettiva non ereditaria”.

Per dirla con le parole di Jenkins, solo attraverso tale visualizzazione possiamo creare collettivamente opportunità per far progredire la società oltre ciò che attualmente riteniamo possibile. In questo modo, le storie di finzione possono permettere l’espressione di idee radicali e queste, sono a tutti gli effetti le intenzioni originali di Brian Michael Bendis.

L’identità del (super)eroe contemporaneo

La storia di Miles Morales/Spider Man è riconducibile a quella del monomito teorizzato da Joseph Campbell. Il mito non è altro che una forma espressiva di narrazione o linguaggio la cui funzione è quella di dare significato a qualcosa che non può essere compreso, o che ha bisogno di essere strutturato, ricordato, o portato alla luce.

Campbell teorizza e definisce il viaggio dell’eroe in quanto struttura ciclica, che fornisce una soluzione singolare e rassicurante per superare un problema culturale e riaffermare l’ordine sociale in cui il protagonista raggiunge il successo, spesso attraverso il conflitto.

“Miles. Un eroe non è altro che questo. Qualcuno che è coraggioso per le persone che ama.”

Nella sua forma più semplicistica, la struttura del viaggio dell’eroe è la seguente: un individuo è chiamato all’avventura, e spesso con l’aiuto di un mentore, supera una sfida significativa a beneficio della società, e al completamento con successo del compito, ritorna alla società come una persona trasformata. Ne consegue che superficialmente, il viaggio dell’eroe è sempre lo stesso. Leggendo, guardando e giocando ai prodotti Marvel ciò non stupisce affatto.

Ciò che cambia sono però i modi, le modalità e le strategie con cui una determinata narrazione e un determinato viaggio dell’eroe sono interpretati. Nel caso di Marvel’s Spider-Man: Miles Morales, le tematiche sociali, culturali e tecnologiche come quelle summenzionate rendono l’esperienza ludica (in questo caso) unica e pregna di significati.

Infine, tutte le tematiche viste sopra, vanno a incontrarsi e scontrarsi con quella dell’identità, un argomento chiave nelle narrazioni supereroistiche. In Marvel’s Spider-Man: Miles Morales, è evidente la presenza non solo di una duplice identità dettata dai panni indossati dal protagonista e dal suo alter ego, ma anche una differenza tra identità personale e sociale che permea entrambi i personaggi.

Se l’identità personale definisce chi siamo nel nostro intimo, l’identità sociale è composta da maschere e costrutti che l’essere umano crea per vivere all’interno della comunità o di un determinato gruppo sociale. L’identità personale di Miles, fatta di insicurezze, timori e smarrimento si scontra con la sua identità sociale che lo porta a mentire alle persone a lui care per proteggere un segreto più grande. Parallelamente lo stesso avviene per Spider Man, nei suoi panni la questione si esacerba, poiché sono coinvolti non solo gli affetti personali di Miles ma potenzialmente tutti gli abitanti di New York.

Infine, la nuova identità di (super)eroe contemporaneo che emerge attraverso Miles Morales, è rappresentata anche dagli aspetti estetici e di cosmesi dell’avatar, in cui sfociano entrambi i temi summenzionati. A seguito della conclusione di tutti gli obiettivi e incarichi riportati nell’App di Spider Man, la comunità di Harlem concederà in dono al giovane un costume personalizzato, riscattabile davanti a un enorme graffito dedicato al movimento Black Lives Matter che, pur non essendo presente in modo evidente nel gioco, fa decisamente da sfondo a tutta la questione di inclusione e diversità rappresentata da Miles Morales.

Riccardo Retez

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