Disclaimer preventivo d’obbligo: in questo pezzo non si fanno in alcun modo spoiler sulla trama di The Last of Us Parte 2. Semplicemente vengono citati una manciata di esempi che hanno lasciato chi vi scrive incredula di fronte allo schermo.
Tra tutti i motivi di stupore che vengono gentilmente offerti da un titolo come The Last of Us Parte 2, quello che mi ha colpita più profondamente non si lega a un particolare istante di gioco bensì si può assimilare a una costante sensazione di meraviglia per quanto realistico e immersivo sia il racconto interattivo proposto. Senza sfoggiare e tenendo sempre toni emotivamente asciutti, la seconda avventura di Ellie e Joel può contare su un comparto tecnico-artistico che sorregge maestosamente le esigenze di realismo che sono necessarie al team di sviluppo per “vendere” una storia che, a detta dello stesso director Druckmann, non può funzionare senza una sostanziosa iniezione di empatia da parte dei giocatori. Il trucco, se cosi lo si può chiamare, che utilizza Naughty Dog per accaparrarsi la piena disponibilità e attenzione di chi gioca è quello di infarcire The Last of Us Parte 2 con delle chicche tecnico-artistiche che non temono confronti nel panorama videoludico e che, con molta nonchalance, popolano il mondo della Seattle post-apocalittica, ricordando a tutti noi che si tratta della creazione di quella che, senza molti dubbi, è la software house che guida lo sviluppo del medium. Qui sotto facciamo qualche esempio di dettagli che ci hanno fatto gridare al miracolo.
Molto è stato detto sulla maggiore verticalità ed apertura delle mappe di Parte 2 rispetto al predecessore. Parecchi, me compresa, temevano un avvicinamento eccessivo ad Uncharted in termini di esplorazione spettacolare ma superficiale. Parte 2, tuttavia, riesce a includere dei semplici ma soddisfacenti enigmi ambientali in un gameplay altrimenti nettamente più ruvido e realistico di quello a disposizione di Nathan Drake. In questi enigmi viene spesso incluso l’utilizzo di una corda per scalare pareti oppure dondolarsi per raggiungere appigli normalmente fuori portata. Fin qui, nulla di speciale. Il fattore meraviglia nasce dal realismo sconcertante con cui Ellie maneggia queste corde: camminando può raggomitolare la fune se si sta avvicinando al punto in cui è legata, oppure lasciarla andare se se ne sta allontanando. Il tutto è raffigurato con precisione maniacale e con la consueta qualità delle animazioni. Persino il suono emesso dallo scorrere della corda ruvida tra le mani di Ellie scandisce puntualmente l’input del giocatore, dando l’illusione di essere lì al posto della nostra eroina. Usare con la corda è cosa ormai standard nei videogiochi, usare la corda nel modo descritto è cosa che esiste solamente nei giochi Naughty Dog.
Utilizzando un banco di lavoro è possibile migliorare quattro caratteristiche per ogni tipo di arma raccolta, solitamente si tratta dell’aumento della capacità del caricatore, dell’entità del danno inferto, della precisione (tramite inserimento di binocoli oppure mirini) e dell’attenuazione del rinculo. Il fattore sorpresa nasce dall’esistenza di animazioni dedicate per ogni tipo di upgrade per ogni tipo di arma (questo è l’esempio di cura per i dettagli che ha consacrato il gioco nella nostra recensione). Considerando che nel gioco sono presenti almeno otto tipi di armi diverse, questo vuol dire che sono state prodotte almeno 32 animazioni dedicate specificatamente al miglioramento delle armi. Ognuna di queste raffigura Ellie che utilizza degli strumenti presenti sul banco di lavoro per interagire con le armi. Ad esempio, spruzza del liquido lubrificante per pulire la canna del fucile, oppure usa le pinze per intervenire sulla canna della pistola. Pur non essendo esperta di armi, le azioni che vedo a schermo mi sembrano realistiche e, soprattutto, sensate rispetto a quello che è lo scopo selezionato per l’upgrade. Ci sarebbe anche un altro episodio da raccontare in merito ai banchi di lavoro, tuttavia meglio fermarsi qui per non rovinare la sorpresa…
La lotta corpo a corpo è viscerale e brutale. La fatica e la paura di non farcela traspira magistralmente dalle espressioni dei personaggi, di Ellie in particolare, e dalle movenze furiose dei loro corpi. Proprio come Parte 1 nel lontano 2013, Parte 2 innalza l’asticella in ambito di melee, caricando ogni colpo di un’importanza persino superiore a quelli inferti da Kratos con il suo Leviatano in God of War (2018). Il gioco è molto vicino a quella incredibile demo dell’E3 2018 in cui molti puntarono il dito (erroneamente a questo punto) contro l’utilizzo massiccio dello scripting per ottenere un risultato visivamente incredibile ma fuori dal controllo del giocatore. Grazie alla tecnica del motion matching, le animazioni della protagonista (ma anche degli NPC) si adattano agli input del giocatore ed all’ambiente circostante con grande naturalezza. Naughty Dog non ha risparmiato le forze per sottolineare visivamente le opzioni molto variegate del gameplay. Il comune denominatore rimane la violenza inaudita delle azioni che, per bocca della co-writer e narrative lead Halley Gross, è necessaria in quanto sottolinea le condizioni estremamente ostili del mondo in cui i personaggi sono costretti a compiere delle scelte.
Il mondo di The Last of Us Parte 2 è tendenzialmente buio e senza elettricità. Tuttavia, per esigenze ludiche, non si possono lasciare i giocatori nelle tenebre perenni. L’illuminazione ha dunque il compito di rendere il mondo navigabile, senza intaccare l’atmosfera. La brillante soluzione proposta è quella di esaltare l’illuminazione indiretta, prodotta da una grande varietà di superfici. Il risultato mozza il fiato e, pur senza poter utilizzare una palette accesa di colori per esigenze di copione, suggestiona il giocatore sia negli ambienti aperti che in quelli chiusi, sia in notturno che durante il giorno. Inoltre, le atmosfere horror non cancellano uno strano senso di bellezza che nasce dalla quieta, lenta ed inesorabile riappropriazione del mondo da parte della Natura.
The Last of Us Parte 2 esplora ambienti urbani post-apocalittici
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