In occasione del lancio di Those Who Remain, (qui la nostra recensione) abbiamo contattato gli sviluppatori di Camel 101 per discutere della loro ultima fatica. Ne è risultata una piacevolissima chiacchierata con Ricardo Cesteiro, fondatore del team assieme al fratello Bruno e Boris Raguza, che vi riproponiamo qui sotto. Tanti i temi trattati: dall’amore di questi ragazzi per l’horror, David Lynch e Ari Aster, fino al First Playable Fund e lo sviluppo di videogiochi in Portogallo. Buona lettura!
Giacomo: Ciao Ricardo e grazie per aver accettato quest’intervista! Cominciamo con qualcosa giusto per rompere il ghiaccio: giovedì uscirà finalmente Those Who Remain dopo quasi quattro anni di sviluppo, cosa significa per voi questo momento?
Ricardo: Grazie a voi! E’ senza dubbio un grande momento per noi. Questo è il nostro progetto più lungo e ambizioso di sempre. Those Who Remain uscirà su quattro piattaforme diverse (PC, PS4, X1 e Nintendo Switch, ndr) ed è stata una sfida enorme dato che siamo un team di sole tre persone. Quindi sì, posso senz’altro dire che siamo veramente felici di aver finito il gioco ed essere arrivati a questo punto. Ma siamo anche spaventati, a dire il vero…
Giacomo: Those Who Remain sarà la vostra seconda incursione nel genere horror. Cosa avete imparato e cos’è cambiato rispetto allo sviluppo di Syndrome, il vostro precedente titolo? Avete fatto tesoro dell’esperienza maturata in quel contesto?
Ricardo: Syndrome era ispirato a System Shock ed era un horror sci-fi. Devo ammettere che il gioco non era molto originale e infatti, quando ne abbiamo ultimato lo sviluppo, ci siamo imposti di provare a fare qualcosa di nuovo, capace di dare un contributo unico al genere. Abbiamo analizzato le cose che funzionavano in Syndrome e quelle che invece non erano piaciute ai giocatori e le abbiamo utilizzate come fondamenta per il nuovo progetto. In particolare, abbiamo deciso di creare un titolo privo di combattimenti, così da concentrarci su altri aspetti del gameplay, come i puzzle ambientali.
Giacomo: Ci racconti com’è nato il concept del gioco?
Ricardo: L’idea che avevamo era molto semplice: creare un titolo dove i giocatori non potessero addentrarsi nel buio. Tuttavia, l’idea iniziale era in realtà molto diversa da quella che arriverà sul mercato. Nel primo prototipo, camminare nelle tenebre significava game over istantaneo. Abbiamo provato a implementare questa dinamica per vedere come funzionasse, ma le cose non sono andate come speravamo. Il passaggio tra la luce e il buio è graduale e ci era impossibile spiegare visivamente agli utenti dove terminasse la zona sicura e dove invece cominciasse il pericolo. Abbiamo quindi pensato di nascondere delle creature nel buio, in modo tale che non fosse la sola oscurità a uccidere gli utenti, ma gli esseri al suo interno. Abbiamo quindi modificato il concept iniziale in questa direzione realizzando poi che questa soluzione si sposava anche meglio con la storia che volevamo raccontare.
Giacomo: A proposito della storia, peccato e senso di colpa sembrano essere due importanti motori che muovono la vicenda e il protagonista. Puoi dirci qualcosa di più in questo senso?
Ricardo: L’idea di fondo è che non volevamo creare una storia con una separazione manichea tra buoni e cattivi, tra bene e male. Nella vita reale niente è bianco o nero, ma tutto si muove su una scala di grigi. Volevamo che le azioni dei personaggi fossero discutibili, perché la moralità è un concetto fluido che varia da persona a persona. Nel gioco sono tutti dei peccatori, proprio come lo siamo tutti nella vita reali, in un certo senso. Il nostro obiettivo è indurre le persone a riflettere su cosa sia giusto e cosa sbagliato.
Giacomo: Il sistema delle condanne e la presenza dei finali multipli permettono ai giocatori di plasmare, in piccola parte, la loro storia. Immagino sia stata una scelta in linea con gli intenti che hai appena citato, è corretto?
Ricardo: Esatto. La narrativa di TWR è incentrata tutta sul tema delle scelte e delle conseguenze. Volevamo che gli utenti sentissero il peso di queste decisioni, in modo da spingerli a riflettere con più attenzione sulle proprie azioni. Abbiamo pensato quindi che sarebbe stato interessante che i giocatori partecipassero attivamente nella storia, scrivendola, piuttosto che assistere passivi a inizio e fine della vicenda.
Giacomo: Questa possibilità è in effetti una caratteristica unica del videogioco che lo distingue nelle modalità di fruizione rispetto agli altri media. Cosa ne pensi in tal proposito?
Ricardo: Credo che i videogiochi possano avere un livello di complessità maggiore rispetto a un film. Ci sono un po’ di giochi dove effettivamente ogni giocatore vive un’esperienza diversa da quella degli altri. Ovviamente in giochi più grandi la cosa è più stratificata che nel nostro titolo. Una serie che amo, e che fa parte della mia top3 assoluta, è infatti Mass Effect. Quel gioco ti dava così tante possibilità, così tante scelte, che ogni giocatore viveva la sua storia. Il film ha un punto di partenza e di arrivo e ovviamente il percorso è uguale per tutti quindi sì, penso che questo sia un grosso vantaggio per i videogiochi rispetto ai film.
Giacomo: Restando in tema cinema e dintorni, bastano pochi secondi nel mondo di Those Who Remain per notare il vostro amore nei confronti di Twin Peaks e di quel geniaccio di Lynch, ma non solo. Ci parli delle influenze presenti nel gioco?
Ricardo: Dici che l’amore per Twin Peaks è un po’ troppo palese? (*ride*)
Bé, sicuramente ti direi che un’altra grande fonte di ispirazione è stata Stranger Things, in particolare per quanto riguarda le due diverse realtà presenti nel gioco. Quando abbiamo cominciato lo sviluppo nel 2016 avevamo già accarezzato l’idea di inserire dei portali e una dimensione alternativa, poi è uscita questa serie TV, abbiamo visto il Sottosopra e ci siamo detti “wow, questo è esattamente ciò che avevamo in mente!”. Abbiamo quindi cercato di fare qualcosa di simile e, a livello visivo, ci sono sicuramente delle similitudini.
Ci sono poi dei chiari rimandi a John Carpenter e al suo The Fog, in particolare per quanto riguarda le creature nascoste nell’ombra.
Giacomo: Ora che me lo dici, non potrò più esplorare la dimensione alternativa senza aspettarmi un demogorgone sbucare fuori da qualche parte…
Ricardo: (*ride*) Sì, sì, capisco! Ti racconto un’altra curiosità a proposito di Stranger Things. Hai presente il livello ambientato al distributore di benzina con la macchina coperta dalle radici? Ecco, in realtà noi abbiamo creato quel livello prima dell’uscita della seconda o della terza stagione dove c’è una scena identica. Quando l’abbiamo vista ci siamo detti “Ehi ehi ehi, l’abbiamo fatta prima noi quella!” E’ stato molto divertente!
Giacomo: Parlando ancora di influenze, abbiamo già menzionato tra di noi Ari Aster di cui anche tu sei un grande fan. Alcune sezioni di TWR mi hanno ricordato molto il suo Hereditary e vorrei chiederti, quel modo di intendere l’horror nel cinema ha influenzato il vostro processo creativo? Mi riferisco, ad esempio, al preferire la tensione costante ai jump scare, alle atmosfere disturbanti, etc…
Ricardo: Sicuramente! Ci siamo rifatti a una linea simile nel prendere alcune importanti scelte di game design. Non abbiamo mai voluto basare il gioco sui jump scare (spaventi improvvisi, ndr) facendo comparire cose a caso davanti alla telecamera o generando forti rumori improvvisi tanto per spaventare. Penso che queste siano delle tecniche abusate, tanto nel cinema quanto nei videogiochi, che sono diventate veramente fastidiose col tempo. Penso di essere uno dei più grandi appassionati dell’horror, ho visto letteralmente qualsiasi film o serie TV del genere, ma purtroppo solo di rado trovo qualcosa che mi piaccia davvero. Questo perché molte produzioni condividono le stesse trame e gli stessi espedienti; sono tutte troppo simili. Per fortuna ogni tanto compare qualcuno che prova a fare qualcosa di diverso, come Ari Aster, che ha creato un horror slow burning (film che costruisce la tensione un passo alla volta, fino ad esplodere sul finale, ndr) che funziona così dannatamente bene. Abbiamo provato a fare la stessa cosa in TWR, sostituendo ai jump scare una tensione costante. E penso che il risultato sia molto più interessante in questo modo.
Giacomo: Sì, sono d’accordo: alcune sequenze sono davvero disturbanti e ansiogene! Per non parlare dei dipinti demoniaci che si trovano in alcuni edifici…
Ricardo: Ecco, a proposito di quei dipinti… E’ tutta roba vera! Abbiamo fatto un sacco di ricerche in demonologia e abbiamo trovato molta arte interessante in merito. Sono inquietanti perché sembrano autentici, e lo sono, infatti.
Giacomo: Una domanda secca da fan: Hereditary o Midsommar?
Ricardo: Hereditary! (non gliel’ho detto, ma qui il mio amore nei suoi confronti si è moltiplicato, ndr)
Giacomo: Parlando invece del gameplay, c’è qualche titolo che vi ha ispirato particolarmente nel dar vita a TWR?
Ricardo: Un gioco che ci ha ispirato davvero molto, che è anche indipendente e “piccolino”, è Amnesia The Dark Descent. E poi ovviamente Alan Wake, a cui abbiamo tolto le fasi di combattimento. Lo amo troppo! Certo, questi giochi restano comunque molto diversi dal nostro. Dopo aver creato le meccaniche con la luce e il buio, sentivamo di aver bisogno di qualcos’altro, ed è stato lì che abbiamo deciso di inserire i portali e la realtà alternativa. Combinando queste due meccaniche di gameplay abbiamo intravisto la possibilità di creare degli enigmi interessanti che andassero oltre la semplice ricerca dell’oggetto x o della leva y. Pertanto, abbiamo cercato di espandere quell’idea.
Giacomo: Recentemente in Italia è stato istituito il “First Playable Fund”, un primo timido tentativo da parte del governo di aiutare gli sviluppatori di videogiochi. Com’è la situazione in Portogallo e, nello specifico, il rapporto tra governo, sviluppatori e opinione pubblica?
Ricardo: Sì, ho letto qualcosa riguardo a questo fondo che hanno istituito in Italia la scorsa settimana. In Portogallo siamo ancora indietro su questo fronte. Purtroppo i politici qui non vedono il potenziale dell’industria videoludica. Pensano che sviluppare sia una sorta di hobby, sai del tipo “ah si, sono un paio di ragazzi che si divertono a fare giochi, non ci interessa”. Stiamo cercando di cambiare la percezione sia dei politici che degli investitori, affinché smettano di considerare i videogiochi come delle robette da niente.
Negli ultimi due anni abbiamo creato la Portuguese Game Developers Association e stiamo cercando di coinvolgere maggiormente il governo nella speranza di ricevere qualche finanziamento e sostegno economico. In particolare, sarebbe fondamentale abbassare le tasse nei primi, critici, anni di attività. Per ora però, ancora nulla.
Giacomo: Quali sono le difficoltà più grandi che avete dovuto affrontare?
Ricardo: Ti direi che l’ostacolo più grande che abbiamo incontrato, essendo in tre, è stato gestire la dimensione del progetto. I nostri primi giochi erano solo per PC, a parte Syndrome che è uscito anche su PS4. Quando abbiamo iniziato a sviluppare Those Who Remain avevamo però chiarito fin da subito che avremmo voluto pubblicarlo su più piattaforme, con dei porting di cui ci saremmo occupati sempre noi. Solo a metà strada abbiamo realizzato quanto fosse difficile il tutto e ci sono stati momenti in cui abbiamo creduto sarebbe stato impossibile arrivare alla fine. O meglio, arrivare alla fine in tempi ragionevoli, in tre anni. A quelle condizioni ne sarebbero serviti almeno sei. Fortunatamente, abbiamo trovato un publisher, WiredProductions, che ci ha dato un aiuto enorme a finire il titolo e che si è occupato del marketing e della pubblicazione.
Giacomo: E ora? Vi state godendo il momento dell’uscita dopo tanta fatica o siete già proiettati verso il futuro?
Ricardo: Sì, abbiamo un po’ di idee in testa. Resteremo nel genere horror, ma vogliamo sperimentare altre cose, nuove meccaniche, nuovi contesti. E’ troppo presto per dirlo, ma ci stiamo già pensando…
Giacomo: E noi non vediamo l’ora di scoprirne di più! Prima di salutarci, vuoi dire qualcosa ai lettori di Gameplay Café?
Ricardo: Ovviamente spero abbiate l’occasione di provare Those Who Remain. E’ il nostro progetto più ambizioso di sempre e ne siamo molto orgogliosi. Il gioco è una storia sulle scelte e le conseguenze e tocca tematiche come il bullismo, il suicidio, l’infedeltà e credo possa spingere a fare qualche riflessione in merito. Spero anche, e soprattutto, che il titolo vi piaccia da giocare!
Giacomo: Grazie ancora per la disponibilità Ricardo, è stato un piacere!
Ricardo: Piacere mio!
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Bel lavoro Jackomino, un sacco di begli spunti!
Grazie Piro! <3