Bentornati su Tempo di Caffè, se ve lo siete persi, la scorsa volta abbiamo trattato del fenomeno dell’hype dal punto di vista dell’industria e dei videogiocatori. Nella puntata odierna trattiamo di una cultura lontana ma allo stesso tempo estremamente vicina: quella orientale. In questi giorni non si è fatto altro che parlare dell’anime Neon Genesis Evangelion e di come il suo adattamento (argomento già discusso in passato) abbia distrutto l’opera originaria. Non voglio addentrarmi nel caso specifico, ma discutere dei misteri che si porta dietro questa civiltà remota, misteriosa e affascinante.
Ogni cultura ha le proprie caratteristiche e peculiarità che vengono comprese fino in fondo solamente dai nativi, eppure in Italia le opere giapponesi sopratutto, ma non solo, con i manga hanno un successo strabiliante. Ciò, dal mio punto di vista, è dovuto alla loro capacità narrativa estremamente differente da quella occidentale, attraverso l’abilità unica dei maestri nipponici di caratterizzare i personaggi e di conseguenza creare empatia nei loro confronti. Molte delle opere del Sol Levante fanno breccia nel cuore del pubblico globale grazie alla loro estrema drammaticità, complessità dei temi affrontati ed estrema esagerazione dei caratteri per le azioni che intraprendono. Sin dagli albori del videogioco, i cabinati giapponesi hanno spopolato in occidente e molte delle vendite globali di questa industria vengono proprio dall’oriente. Nonostante le differenze culturali tra occidente e oriente, quest’ultimo è diventato estremamente competitivo nel mercato. Tuttavia, molti degli elementi presenti nelle opere seguono una forte impronta d’identità di un popolo che non è nostro e difficilmente potrà esserlo appieno.
Le divergenze del clima intellettuale è estremamente evidente, in particolar modo l’ho notato recuperando Nier: Automata. Il titolo sviluppato da Platinum Games, a partire dai suoi personaggi, presenta un’identità tipica dell’oriente con le protagoniste in abiti succinti e l’ostentazione del corpo femminile. Non che ciò non accada con i videogiochi occidentali, ma le modalità con cui vengono presentate lo rendono più evidente e dissimile con ciò che ci è maggiormente familiare. Il gameplay è tipico del Giappone: con bullet hell frustranti, robottoni che solcano i cieli e salvataggi rari. La storia di Nier è immensamente filosofica e la relazione tra il lui frizzante e la lei più seria e autoritaria è tipica dell’oriente. Ciò che mi preme sottolineare non è il fatto che siano culture, quella d’oriente e d’occidente, talmente diverse da non poter essere apprezzate da un pubblico nato e cresciuto con usi e costumi estremamente differenti, tuttavia che è curioso e da ammirare come riesca a penetrare nel nostro mercato e a essere acclamato dalla critica. In particolare, alcune sfaccettature non riescono a colpire il nostro cuore e solamente chi nasce e cresce in oriente riuscirà a comprendere al meglio. A noi non resta che piangere a dirotto con le loro storie commoventi e stupirci con il sublime stile minimale.
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