Rubrica

Tempo di Caffè: Scomparsa

Hollywood ci ha educato con le grandi storie di detective alla ricerca di una persona scomparsa in cui il cattivo di turno, di solito un serial killer, veniva fatto fuori. Il pubblico empatizzava con il sempreverde conflitto tra bene e male e condannava i crimini protratti dall’antagonista che andavano contro il codice etico e morale di chi si appresta a visionare. Il mistero della scomparsa affascina lo spettatore per via del puzzle intricato da risolvere o poiché il detective è, o lo diventa nel corso dell’opera, affezionato nei confronti di chi è diventato introvabile. I prodotti videoludici hanno rubato a piene mani da questi modelli, dato che la loro impostazione è florida nel mercato e attira nuovi giocatori, oltre al motivo per cui consente di creare storie che sono delle vere e  proprie montagne russe emotive
Bentornati su Tempo di Caffè.

Credo che la scomparsa più nota e allo stesso tempo fastidioso di tutto l’universo dei videogiochi sia proprio quella di Ashley in Resident Evil 4. Sarebbe più corretto parlare di rapimento, tuttavia non si è a conoscenza dell’esatto luogo in cui la figlia del presidente si trovi e spetta all’agente Leon ritrovarla. Se sentite riecheggiare una voce che grida “Leon” nelle vostre teste, significa non solo che avete preso parte al titolo, ma che vi è rimasto impresso e ve lo porterete dietro per tutta la vita. Il titolo, oltre a essere un gioco in cui si spara a nemici infetti da un parassita, è un investigativo che si trasforma in un thriller mozzafiato. La scomparsa e il ritrovamento di Ashley è il pretesto per dare il via a un’opera fenomenale con una storia avvincente e guizzi di game design strabilianti. Se in Resident Evil 4 Ashley viene ritrovata relativamente nei primi atti del gioco, più rilevante è il caso di Ethan nell’opera The Vanishing of Ethan Carter.

Il gioco polacco racconta del detective Prospero che viene ingaggiato proprio dal ragazzino per poi scoprire successivamente della scomparsa di quest’ultimo. Al di là delle animazioni facciali non proprio al top, la narrazione e la risoluzione di puzzle ambientali è il fulcro su cui si mantiene l’intera opera. Prospero girovaga per l’isola, scoprendo ricordi e vicissitudini della famiglia Carter, permettendo allo spettatore di comprendere la situazione familiare, le relazioni tra i personaggi e la psicologia di ognuno di loro. Le azioni che ogni membro della famiglia compie e le modalità in cui vengono rappresentate consentono allo spettatore di affezionarsi e la risoluzione finale lascerà lo spettatore di stucco. In Alan Wake, l’omonimo scrittore deve ritrovare la propria moglie ormai scomparsa e l’avventura paranormale si districa fra romanzi mai scritti e nemici venuti dall’ombra. Remedy ha realizzato un thriller al cardiopalma con la struttura di una serie televisiva e il mistero della scomparsa rende l’opera un gioiello che riesce a confrontarsi con i migliori thriller cinematografici.Di certo avrò lasciato qualche opera nota per il suo ruotare attorno una persona scomparsa, tuttavia ciò che mi preme comprendere è capire il perché ci appassioniamo a questa tipologia di storie. Sarà per via degli enigmi da risolvere: i puzzle ci affascinano e il desiderio di risolvere ci appaga; sarà perché riusciamo a identificarci con qualcosa che manca e che ricerchiamo: la persona scomparsa è solamente simbolica di ciò che non abbiamo e desideriamo. Non siamo certi delle motivazioni che ci spingono a prendere parte a certe opere: il nostro è un mistero ancora da risolvere.

Giulio Baiunco

Cresciuto ad arancini, Playstation 1 e Windows '98, viene attratto dai picchiaduro e dai platform. Venera la narrazione dal momento in cui ha conosciuto il Killer degli Origami.

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