Rubrica

Tempo di Caffè: Sottocultura

Bentornati su Tempo di Caffè, se ve lo siete persi, la scorsa volta abbiamo discusso della cultura proveniente dall’estremo oriente. In questa nuova puntata, trattiamo della sottocultura che si è creata nel modo dei videogiochi. Si tratta di un argomento complesso, soggetto a rivisitazioni da parte degli studiosi. Infatti sono stati realizzati diversi studi al riguardo, tuttavia ancora oggi non si è arrivati a una definizione estremamente chiara.

Il termine sottocultura è cambiato con la ristrutturazione del territorio sociale nella nostra epoca digitale, che riesce dunque a raggiungere la massa, mescolandosi con sottostrati locali e creando di fatti una complessità culturale totalmente estrema. Si può indicare come sottocultura un gruppo di persone che esprimono una determinata cultura, in maniera ridotta rispetto alla più ampia di riferimento. Nell’ambito videoludico è possibile distinguere in base al genere (RPG, FPS, strategico) o in base alle abitudini di consumo nei confronti del medium (hardcore, casual) o, addirittura, adorazione di una determinata compagnia (Sony, Microsoft, Nintendo).

Queste possibili classificazioni possono sovrapporsi fra di loro e possono dipendere dagli stili di vita, contesti e fruizione di altri media. La sottocultura può essere considerata come un modo di vivere che si scontra in maniera diretta contro il potere della società di massa. La necessità di alcune persone di identificarsi in una minoranza che sia differente dalla massa probabile derivi dalla caratteristica per cui ogni essere umano senta il bisogno di sentirsi unico e speciale rispetto al resto. Il rientrare in una categoria specifica, inoltre, consente al nostro cervello di risparmiare energie nella rielaborazione dell’informazione.

Quindi, nel momento in cui si parla di sottocultura videoludica si intendono quelle persone che fanno parte di un gruppo specifico e ciò permette di farli sentire un’élite, qualcosa di esclusivo e, probabilmente, addirittura superiore. Prendiamo il caso specifico del fanboy, affezionato a una console in particolare, magari di nicchia, che fa di tutto per difendere quell’oggetto solamente perché gli appartiene e cerca di giustificare il suo acquisto. Adesso si sentirà parte di una sottocultura e difficilmente riuscirà a togliersi di dosso questa etichetta che lo definirà e farà sentire diverso dal resto. Prendendo un altro esempio, si è creata una sottocultura di appassionati di musica a 8bit, grazie per esempio a Chiptune sul Commodore 64. Gli artisti si sono messi a lavoro per realizzare tracce per i videogiochi negli anni Ottanta e ancora oggi vi sono una moltitudine di perone che si riuniscono ai festival per ascoltare tracce di generazioni ormai perdute. Le sottoculture sono fondamentali poiché fanno sì che le compagnie creino opere che siano in grado di fare breccia nei loro cuori e i gruppi che ne fanno parte dunque plasmano la cultura stessa; tuttavia è necessario non superare il limite tra appartenenza a una sottocultura e ossessione che limiti se stessi e gli altri, come nel caso del fanboysmo estremo.


Fonti:

www.gamejournal.it/wp-content/uploads/2014/04/GAME_3_Subcultures_Journal.pdf

Giulio Baiunco

Cresciuto ad arancini, Playstation 1 e Windows '98, viene attratto dai picchiaduro e dai platform. Venera la narrazione dal momento in cui ha conosciuto il Killer degli Origami.

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