Videogiochi e Salute

Tecnologia e videogiochi per ipovedenti e non vedenti

Il videogioco è ormai un mezzo alla portata di tutti. Giovani, grandi, anziani, disoccupati, operai, professori, medici. Tutti possono dire di aver giocato o di giocare, perché no, anche quotidianamente. Qualsiasi device ormai permette questo tipo di attività. Da sempre PC e console la fanno da padroni, ma da anni anche smartphone e tablet possono far girare un videogioco senza particolari problemi, con facilità di accesso e fruibilità anche maggiore. Ma quando parliamo e pensiamo a tutti, includiamo veramente tutti i soggetti che fanno parte della popolazione?

Videogiocare è un qualcosa entrato nelle attività usuali della maggior parte delle persone. Si accende la console o il dispositivo di riferimento, si sceglie il gioco o l’applicazione e, seguendo quello che vediamo a schermo, premiamo o muoviamo tasti e levette. Ma chi non è vedente o è ipovedente, come fa? Ve lo siete mai chiesto?

Parliamo di individui che a causa di varie situazioni, incidenti, malattie, hanno difficoltà varie a livello visivo. Ma parliamo anche di individui che, nonostante tutto fortunatamente riescono ad andare avanti senza particolari difficoltà, anche grazie al fatto che il nostro organismo è una macchina quasi perfetta, adatta alla guarigione e adatta nell’affrontare le varie problematiche che incontrerà durante il suo percorso di vita, tanto da poter affrontare quasi normalmente la propria esistenza, adattandosi all’evenienza. Ma, quando torniamo a parlare di videogiochi, di un qualcosa di effimero, di non necessario, come è la situazione al momento?

Fortunatamente, da ormai un po’ di anni, i progetti in tal senso sono tanti e sempre più approfonditi. Si calcola che ogni 1000 persone, 4 sono gli individui che rientrano nella categoria di non vedenti o ipovedenti, quindi, perché non includere anche loro in questo mondo? Tanti progetti sono già disponibili sul mercato, soprattutto quello mobile, con piccoli sviluppatori in giro per il mondo e anche per l’Europa che si sono ingegnati nel creare un ambiente, una storia ed un percorso adatto a questi soggetti.

I mondi mobile e PC sono quelli attualmente più in voga in quanto di facile utilizzo, immediati, preposti ad una fruizione rapida e con responsività immediata rispetto al mondo console. Discorso che riguarda soprattutto lo sviluppo del gioco stesso, in quanto sviluppare sui kit di sviluppo delle console casalinghe risulta, al momento, troppo laborioso e complicato. Windows, Linux e Mac forniscono diversi strumenti software o funzionalità che li rendono accessibili a utenti con disabilità visive, dalle schermate a elevato contrasto, alle funzioni di ingrandimento di testo e immagini, fino ad arrivare agli screen reader, programmi che leggono il testo presente sullo schermo. Inoltre, i dispositivi mobili, tablet e soprattutto smartphone nascono per essere un’estensione tecnologica del nostro corpo e di conseguenza l’accessibilità di tutte le loro funzioni, in maniera semplice e intuitiva, è già estremamente curata anche per l’utenza vedente.

Chi sostiene questo, con forza, è Marco Donati, Project Coordinator di Cloverbit, una piccola casa di sviluppo, situata fra Milano e Bergamo, che, pochi mesi fa, ha dato alla luce Echoes From Levia: Soulbound, un gioco ispirato, per quanto riguarda la propria ambientazione ed intreccio, al medioevo nordico. Un gioco basato su una tecnologia particolare, quella dell’audio binaurale, cioè una riproduzione e una riproposizione, tramite cuffie, di un audio tridimensionale, riprodotto alla perfezione, adatto a percepire movimenti e situazioni a 360°. In questo tipo di esperienza, rispetto a titoli tradizionali, la componente di realismo è legata all’audio e alla sua riproduzione, lasciando in secondo piano la veste grafica. L’idea di base – come spiega il buon Marco – sta tutto qui: “il realismo che comunemente viene delegato alla grafica abbiamo dovuto tramutarlo in realismo sonoro, sviluppando un sistema che, utilizzando l’audio binaurale e simulando la propagazione fisica del suono in un ambiente tridimensionale, possa dare dei feedback realistici e consistenti”.

Prima ancora dell’esperienza italiana, ci hanno provato altri europei, in questo caso dei francesi, come i ragazzi di Dowino, i quali hanno creato un gioco su Android ed iOS – A Blind Legend – interamente basato sui suoni, nato grazie ad una campagna di crowdfunding che ha raccolto oltre 40mila euro nel 2015. Il titolo sperimentale racconta la storia di un cavaliere caduto al quale gli sono stati tolti gli occhi e che quindi sarà guidato dalla sola voce della figlia e dal suo udito. Anche in questo caso, la tecnologia alla base del gioco è quella della registrazione di audio binaurale mentre i comandi di attacco e difesa sono basati su touchscreen.

L’idea per questo progetto nasce per l’appunto dopo essersi resi conto della scarsità di titoli videoludici dedicati ai non vedenti, se paragonata con l’offerta di contenuti cinematografici e televisivi. Gli sviluppatori di Dowino hanno dichiarato che volevano offrire un vero videogioco anche per questo tipo di utenza, con una storia profonda e ricca di particolari e un gameplay divertente e intuitivo.

Per i simulatori di guida, invece, come la mettiamo? Arriviamo in USA, tornando nel presente, e parliamo nel caso specifico di Project RAD e di Brian A. Smith, dottorando in Computer Science presso la Columbia Engineering, appassionato di tecnologia videoludica e di problem solving. La sua idea è quella di portare il videogioco per ipovedenti su un altro livello, anche quello competitivo.

Non più videogiochi sviluppati ad hoc per questo tipo di soggetti, ma sviluppare un’interfaccia che permetta a queste persone di giocare le stesse esperienze a cui tutti possono normalmente accedere, con la stessa velocità, con la stessa precisione e con la stessa profondità e intensità. In questo caso l’interfaccia audio in esame può essere integrata dai team di sviluppo in quasi tutti i titoli di corse, rendendo anche questo genere aperto agli utenti ipovedenti.

RAD, Racing Auditory Display, funziona dunque creando una “immagine” uditiva del gioco e tutto ciò che compare a schermo, un po’ come accade a Daredevil, noto eroe dell’Universo Marvel. Mentre il videogiocatore si muove lungo il tracciato riceve in maniera costante segnali acustici diversi, i quali forniscono dati diversificati fra loro, come la posizione in pista, la velocità, la tipologia di curve e la distanza e la presenza degli ostacoli.

L’obiettivo di questo progetto non è tanto quello di creare un’interfaccia che dica per filo e per segno cosa fare, cosa che già attualmente esiste, ma piuttosto quello di mettere in piedi un’esperienza quanto più vicina possibile a quella che possono testare individui vedenti.

L’idea è nata dal fatto che il mercato attuale del videogioco per ipovedenti è caratterizzato dalla presenza di giochi o troppo complessi, per quanto riguarda i controlli o i feedback a schermo, o troppo semplificati, dove il videogiocatore più che un giocatore è solo uno spettatore, dove l’esperienza videoludica diventa un semplice susseguirsi di ordini da eseguire in maniera eccessivamente essenziale. L’interfaccia RAD invece non sostituisce o costruisce il videogioco, ma lo supporta. Il sistema permette di trasformare l’audio in un ambiente 3D grazie alla tecnologia di sonificazione, basato su un dispositivo di scorrimento del suono e un sistema di indicatori della direzione (vocali, simili a quelli già presenti nel mondo del rally) che si attivano prima della prossima curva.

Il progetto è stato presentato al ACM CHI 2018 di Montreal, dove ha ottenuto grande attenzione, soprattutto dopo la prova sul campo, grazie alla partecipazione, ai consigli e alle recensioni di 15 persone ipo o non vedenti. Il prototipo è stato quindi provato su un gioco autoprodotto sviluppato grazie al motore grafico Unity, avvicinandosi a quella che può essere un’esperienza con una console casalinga.

Il tutto è stato inoltre confrontato con esperienze videoludiche già esistenti ed adattate ai giocatori di questo tipo – come Mach 1 e Top Speed -, per poi paragonare l’abilità e i tempi dei giocatori non vedenti (che usavano RAD) con giocatori normodotati (che usavano lo schermo), notando alla fine quanto fossero vicini in termini di prestazioni.

Attualmente il sistema è utilizzabile e pronto per qualsiasi console – bastano un pad e delle normali cuffie – ed è ottimizzato per i driving simulator. L’idea di Smith è portare questo tipo di interfaccia, a suo dire “poco invasiva”, anche in altri generi del videogioco, come quelli di avventura, di ruolo e, perché no, degli sparatutto in prima e terza persona. Perché il videogioco è e deve essere per tutti!

Francesco Margheriti

Biologo Nutrizionista Specializzato in Nutrizione ed Integrazione per lo sportivo, con forte interesse, sin dai primi anni di vita, per videogames, astronomia e scienza in generale :) Ah... dimenticavo, wrestler a tempo perso!!!

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