Quando accade un incidente, può succedere che il trauma si fissi molto in profondità nella nostra mente e che ci porti, dopo qualche tempo, a soffrire di un disturbo particolare, in alcune sue accezioni, il così detto “disturbo da stress post traumatico” o PTSD.
L’individuo si trova a “vivere” e a “rivedere” ricordi e frammenti di quella determinata esperienza traumatica, alle volte subito, alle volte a distanza di molto tempo. Dalla collaborazione fra la Ruhr-Universitaet di Bochum (Germania) e il Karolinska Institutet di Solna (Svezia) è venuto fuori che giocare a Tetris porterebbe a una diminuzione di questi flashback. La comparsa di questi flashback è infatti uno dei sintomi più particolari e ricorrenti, oltre che invalidanti, del disturbo da stress post traumatico.
La medicina è impegnata da tempo nel cercare un metodo per alleviare questa situazione fisio-patologica e, oltre agli approcci tradizionali, la scienza spinge e spera anche in qualcosa di “alternativo”. I due gruppi di ricerca, capitanati dalla Professoressa Emily Holmes, hanno avuto l’idea di metter in piedi questo progetto partendo da un altro studio, del 2009, sempre della stessa Professoressa, in qualche modo simile, che prendeva in esame la frequenza dei flashback dopo aver visto un film horror.
Tetris attiva le stesse aree cerebrali che si attivano quando un flashback riaffiora nella mente di chi soffre di PTSD
Lo studio in esame ha coinvolto venti persone ricoverate presso i Dipartimenti di Medicina Psicosomatica e Psicoterapia dei due istituti che presentavano PTSD complesso e che già seguivano un protocollo medico standard. Oltre alle terapie farmacologiche e ai lavori con psicologi, hanno partecipato, quindi, a un approccio alternativo. A queste persone, già di per sé traumatizzate da eventi passati, venivano mostrati, ogni giorno, video di incidenti stradali, affogamenti e operazioni chirurgiche, con una “tematica” diversa di giorno in giorno.
Ai soggetti era chiesto subito dopo di scrivere quello che ricordavano di ciò che avevano visto; fatto questo impiegavano i 25 minuti successivi a giocare su un Nintendo DS a Tetris, per poi tornare, di nuovo, a raccontare e scrivere ciò che ricordavano dei video che avevano visto in precedenza. Questo ciclo fatto da visualizzazione di video cruenti, descrizione del flashback, sessione di gaming e di nuovo descrizioni è stato ripetuto per più settimane. Con il passare del tempo il numero di flashback e il ricordo dettagliato sono diminuiti in sedici dei venti soggetti iniziali.
Secondo la tesi della Professoressa Holmes, giocare a Tetris subito dopo aver visto un qualcosa che può richiamare un precedente trauma oppure subito dopo aver vissuto un’esperienza traumatica che, da casistica, si sa che andrà a fissarsi nelle memorie più profonde, attiva le stesse aree cerebrali che si attivano quando un flashback riaffiora nella mente di una persona che soffre di PTSD.
Tenendo occupate queste stesse aree, protagoniste nel processo visivo-spaziale, con Tetris, in questo specifico caso, verrebbe meno la capacità di ricordare involontariamente eventi traumatici, anche se questi rimarrebbero comunque in memoria. Il videogioco, in questo senso, viene visto come un impegno, un’interferenza per il cervello, un intervento cognitivo non invasivo che andrebbe a modificare la plasticità di alcune aree specifiche del cervello.
L’idea sarebbe, anche se ci vogliono ulteriori studi e prove sul campo, quella di usare il videogioco nelle primissime ore successive all’evento traumatico per evitare che questo si fissi nella memoria profonda della persona con troppa facilità, andando a creare una instabilità mnesica a livello cognitivo, naturalmente con fini terapeutici.
Il videogioco quindi, ancora una volta, non si pone come sostituto dell’approccio classico medico, ma come coadiuvante, come aiuto e supporto alla terapia, addirittura nelle primissime fasi dell’evento traumatico.
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