Ansia, depressione, bullismo, salute, attività fisica, sono tanti i temi trattati finora in questa rubrica, che si è posta come obiettivo, sin dai primi articoli, quello di sdoganare il preconcetto negativo che da quasi sempre ha accompagnato il videogioco come strumento. Ormai non bisogna fare più del vittimismo ma bisogna solo raccontare la realtà, sperando che i pochi stolti rimasti, tornino sulla retta via. E questa realtà la posso raccontare solo attraverso ciò che la scienza riesce ad analizzare e spiegare. Chi non si approccia in questa maniera può scrivere o parlare di quella che è e rimane un’opinione personale, come tante.

Il mondo del lavoro, in quanto mutevole e dinamico, si affida molto, in quest’ultimo periodo, a quelle che sono le indicazioni che tanti scienziati e ricercatori ci danno, attraverso studi, ricerche e prove empiriche, quasi quotidianamente.

Grandi aziende, come Google, Microsoft, IBM utilizzano già da anni strategie ludiche per aumentare la soddisfazione tra i dipendenti e migliorare la produttività e coesione.

Su cosa si basa questo modo di approcciarsi al mondo del lavoro o al fare squadra?

Dalla Brigham Young University (Utah, USA) arriva la notizia che bastano quarantacinque minuti di pausa passati a giocare per aumentare del 20% (quasi) la produttività e la collaborazione di un determinato gruppo di lavoro.

Brigham Young University

I ricercatori hanno selezionato 352 partecipanti, suddividendoli in 80 squadre, con la discriminante che nessuno all’interno delle 80 squadre dovesse conoscere i propri compagni di squadra già da prima. Sono stati poi chiamati a partecipare ad un torneo di geocaching basato su Findamine in cui hanno dovuto seguire alcuni indizi testuali per trovare punti di riferimento e posizioni geografiche prestabilite, con incentivi in ​​denaro per chi avesse completato il percorso raggiungendo i vari obiettivi.

Dopo questa prima fase, di riscaldamento, i vari gruppi sono stati suddivisi ed invitati a svolgere attività diverse della durata di quarantacinque minuti.

Alcuni hanno scelto di giocare a Rock Band o ad Halo 4, altri hanno preferito svolgere attività d’ufficio ed altri ancora hanno discusso circa il percorso fatto in Findamine.

Dopo questa “pausa”, i gruppi sono stati invitati a rifare una partita a Findamine.

Dopo questa seconda manche si è visto che, chi ha giocato ai videogiochi su citati, ha migliorato la propria media punteggio, passando da 435 a 520 punti. Da qui, i ricercatori, hanno cominciato a pensare che i videogiochi cooperativi siano un’attività utile alla crescita della coesione all’interno di un gruppo di lavoro e siano utili per migliorare il rendimento sul lavoro stesso.

Questo piccolo esempio si aggiunge ai tanti progetti in giro per l’Europa e il mondo che cercano di capire come migliorare le capacità lavorative anche usando dei media moderni come i videogiochi. Ad esempio, uno studio svolto dall’Università di Amburgo, Germania, ha evidenziato che chi gioca ai videogiochi ha una maggiore capacità di recupero delle energie prima di una successiva sezione di lavoro. Di conseguenza, più è alta la capacità di produzione grazie ad un senso di stanchezza minore migliore sarà la produttività a lungo termine della squadra di lavoro.

Per questo ed altri motivi, le aziende, soprattutto le più importanti, cominciano a pensare a come inserire il videogioco all’interno dei propri programmi lavorativi, magari anche come pausa ricreativa, concentrandosi anche sul discorso della Gamification, cioè l’utilizzo del videogioco e/o di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design alla base del gioco, in contesti esterni al gioco stesso, come la formazione e il marketing.

Altro esempio è Cisco, azienda leader nel settore del networking e dell’IT, che utilizzando il videogioco ha migliorato il rapporto lavorativo fra reparto vendite e call-center, diminuendo il tempo passato al telefono fra i due rami dell’azienda del 15% e migliorando l’efficienza del settore vendite del 12%,

Tornando al discorso originale, quello legato allo studio condotto dalla BYU, secondo Mark Keith, capo ricercatore del programma, “il videogioco di squadra può davvero essere un’alternativa valida ed ottimale per il team-building”.

Questi risultati si applicano non solo a chi è un videogiocatore esperto ma, anche e soprattutto, a chi non gioca regolarmente, anzi, i novizi hanno mostrato risultati migliori e più rapidi rispetto a chi è più avvezzo al mondo dei videogiochi.

 

https://www.sciencedaily.com/releases/2019/01/190129081930.htm

https://aisel.aisnet.org/cgi/viewcontent.cgi?article=1115&context=thci

https://www.psychologytoday.com/us/blog/freedom-learn/201803/benefits-play-revealed-in-research-video-gaming

Francesco Margheriti

Biologo Nutrizionista Specializzato in Nutrizione ed Integrazione per lo sportivo, con forte interesse, sin dai primi anni di vita, per videogames, astronomia e scienza in generale :) Ah... dimenticavo, wrestler a tempo perso!!!

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