Cinema & Serie TV

Gangs of London, la recensione: azione e violenza invadono il piccolo schermo

In questa recensione di Gangs of London, il nome di Gareth Evans probabilmente non dirà molto al grande pubblico generalista, eppure il regista e sceneggiatore gallese, grazie soprattutto allo straordinario action movie The Raid (2011) e al suo seguito, è giustamente considerato un pioniere del cinema d’azione a base di arti marziali.

Con la serie in onda su Sky Atlantic a partire dal 6 luglio, Evans prova a portare sul piccolo schermo il suo peculiarissimo e spettacolare cinema in un prodotto in nove episodi dall’incredibile valore produttivo, capace di ammaliare lo spettatore con una messa in scena dell’azione sostanzialmente unica per un prodotto televisivo.

 

 

I live my life in the City, there is no easy way out.

Nella Londra contemporanea e multietnica di cui parleremo in questa recensione di Gangs of London, sempre più caratterizzata dall’elegante skyline della City, organizzazioni criminali di differenti etnie vivono e prosperano in un complesso e precario equilibrio, riciclando i proventi illeciti delle loro attività mafiose nella politica e nell’edilizia.

Questo delicato equilibrio verrà a mancare con la prematura dipartita di Finn Wallace (Colm Meaney), moderno padrino d’Albione e vertice del crimine londinese, scatenando una spirale di violenza e vendetta tra “famiglie”, desiderose di sfruttare la situazione per ampliare il proprio business.

Attraverso il personaggio di Elliot Finch (Sope Dirisu), fedele sgherro dei Wallace, faremo la conoscenza dei restanti membri della sgangherata e tormentata famiglia Wallace, a partire dal giovane Sean (Joe Cole), erede dell’impero paterno e nuovo vertice dell’organizzazione e di suo fratello Billy (Brian Vernel), inetto e con problemi di tossicodipendenza.

Accanto a loro la madre e vedova Wallace, Marian, personaggio ambiguo e spietato, splendidamente interpretato da Michelle Fairley, notissimo volto della Catelyn Stark di Game of Thrones.

 

 

A history of violence

La vendetta e gli affari sono i due nuclei tematici alla base (e in contrapposizione) dell’intera prima stagione di Gangs of London, che si compone di ben nove episodi della durata di circa sessanta minuti (con un pilot dalla straordinaria durata di oltre novanta minuti).

Il vero focus dell’opera però, come da tradizione per Evans, qui in veste di showrunner e regista del primo e quinto episodio, è un’azione straordinariamente diretta e coreografata, condita da una violenza estrema che, a tratti, potrebbe far distogliere lo sguardo dallo schermo allo spettatore più facilmente impressionabile.

Gangs of London colpisce duro come un maglio, esaltando lo spettatore e facendolo saltare sulla sedia con una messa in scena dell’azione sontuosa e barocca

I combattimenti corpo a corpo sono sicuramente il pacchetto forte (e marchio di fabbrica di Evans) della produzione. Che si tratti di violente scazzottate corali all’interno di un pub o di uno scontro all’arma bianca uno contro uno, Gangs of London colpisce duro come un maglio, esaltando lo spettatore e facendolo saltare sulla sedia con una messa in scena dell’azione sontuosa e barocca ma sempre straordinariamente chiara e leggibile.

Ogni colpo inferto, ogni taglio di lama, evoca dolore nello spettatore grazie ad un’incredibile fisicità che ricorderà senza dubbio, nella memoria degli spettatori più cinefili,  la straordinaria sequenza del bagno turco ne La promessa dell’Assassino (Eastern Promises) di David Cronenberg, complice anche la medesima ambientazione londinese.

Ma l’azione di cui parliamo nella recensione di Gangs of London non si ferma al corpo a corpo e anzi esplode in maniera persino più violenta negli scontri con le armi da fuoco in cui i corpi crivellati di pallottole restituiscono una fisicità impressionante grazie ad un lavoro di stunt decisamente fuori scala. L’intero episodio cinque è da questo punto di vista l’acuto più incredibile e straordinario della serie: un’orgia visiva di distruzione e morte che sicuramente non ha eguali nella storia del piccolo schermo e, forse, neppure del grande.

 

 

A game of thrones

Con un focus così marcatamente sbilanciato sull’azione sarebbe facile aspettarsi, in un prodotto come questo, un plot perlopiù accessorio a fare da contorno alla portata principale. Fortunatamente in questa recensione di Gangs of London vi spieghiamo come non sia così, o perlomeno non completamente.

La scalata al trono vacante dei Wallace tiene incollato allo schermo lo spettatore grazie ai numerosi plot twist e alla coralità della narrazione, che mette in scena un numero di personaggi decisamente congruo, molto ben interpretati seppur non altrettanto ben scritti e un po’ stereotipati.

Tra i più interessanti, oltre ai già citati Wallace, vi sono senza dubbio Ed ed Alexander Dumani, interpretati rispettivamente dagli ottimi Lucian Msamati e Paapa Essiedu. Lacerati tra la necessità di mandare avanti gli affari e la fedeltà ai Wallace, i Dumani svolgono un ruolo centrale nella sanguinosa lotta tra famiglie.

La scelta di una narrazione forzatamente corale se da una parte accresce la portata drammatica del plot, dall’altro contribuisce a sfilacciarlo

La scelta di una narrazione forzatamente corale e di un pantheon così esteso di personaggi, se da una parte accresce la portata drammatica del plot, dall’altro contribuisce a sfilacciarlo. In particolare negli ultimi episodi si ha la sensazione che alcuni personaggi e situazioni siano particolarmente accessori nella composizione del mosaico generale.

Alcuni personaggi, inoltre, danno l’impressione di essere sostanzialmente invulnerabili e di essere protetti da una inscalfibile plot armor. Nulla che comprometta in maniera grave la sospensione dell’incredulità, intendiamoci, ma una maggior attenzione e un lavoro più meticoloso di rifinitura avrebbero sicuramente contribuito ad innalzare il valore assoluto dello show anche oltre i confini del genere action. Nonostante ciò non mancano anche dei genuini momenti di introspezione psicologica decisamente riusciti e apprezzabili.

 

 

Helter Skelter

La regia è ricca di inventiva e soluzioni visive capaci di sorprendere anche lo spettatore più smaliziato.

Da un punto di vista tecnico ed estetico Gangs of London svolge un lavoro davvero mirabile. La regia è ricca di inventiva e soluzioni visive capaci di sorprendere anche lo spettatore più smaliziato. Un vorticoso ed eccitante giro sulle montagne russe, appunto, un’orgia visiva coadiuvata da un’eccellente lavoro di fotografia e di montaggio, visivo e sonoro.

A voler trovare il pelo nell’uovo si potrebbe obiettare che in alcune sequenze particolarmente ricche di effetti visivi il lavoro di compositing compromette la resa fotografica del prodotto, restituendo una spiacevole sensazione di posticcio, soprattutto sui cieli. Un peccato veniale decisamente secondario per un prodotto che dal punto di vista visivo è davvero un piccolo miracolo produttivo.

Concludiamo la recensione di Gangs of London dicendo che la serie di Gareth Evans è un prodotto che farà indubbiamente la gioia di tutti gli appassionati di cinema action, con le sue nove ore e mezza di adrenalina pura e criminalità. Girare l’azione al cinema è tra le cose più difficili ed esose in termini produttivi. Da questo punto di vista Gangs of London rappresenta un unicum all’interno della serialità televisiva, dove l’azione è generalmente limitata al massimo proprio al fine del contenimento del budget sui lunghi minutaggi.

Per questo Gangs of London è un prodotto assolutamente consigliato e da premiare, al netto di qualche scivolone narrativo e di qualche personaggio poco a fuoco. Se non siete particolarmente sensibili al sangue e alla violenza e apprezzate un cinema d’azione che strizza l’occhio a Oriente, gettatevi senza remore nella visione di questa piccola perla.

 

Leonardo Alberto Moschetta

Appassionato di videogiochi dal lontano...ehm..troppo tempo. Amo ogni genere di audiovisivo, in particolare il cinema, al punto da aver trasformato in lavoro questa mia passione. Tra le altre mille passioni: Giappone, Cibo, Vino, Musica, un po'di sport (il fantacalcio conta?), letteratura, fumetti e...

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