Cinema & Serie TV

Sex Education 2 – La serie Netflix ci riporta a Moordale

La prima stagione di Sex Education è stata un piccolo fulmine a ciel sereno. La serie, scritta dalla esordiente Laurie Nunn, è riuscita in breve tempo a raggiungere la ragguardevole cifra di quaranta milioni di visualizzazioni sulla piattaforma di streaming, guadagnandosi il rinnovo per una seconda stagione e, in generale, l’apprezzamento della critica mondiale.
La teen comedy britannica è infatti un prodotto estremamente intelligente al di là di una apparente frivolezza, forte di una scrittura brillante capace di coniugare sesso e sentimento in modo fluido e mai retorico.

Gli otto episodi che compongono la seconda stagione di Sex Education – che arriverà su Netflix domani 17 gennaio – si pongono in immediata continuità narrativa rispetto alla stagione precedente. Il sedicenne protagonista Otis Milburn ha superato il suo “problema” con la masturbazione e la sua storia con Ola sembra procedere a gonfie vele, in attesa del momento giusto per entrambi per fare il “grande passo” e perdere la verginità.

Il “lavoro” alla clinica del sesso avviato da Otis con Maeve Wiley è momentaneamente in pausa, nonostante l’evidente necessità di un consulente sessuale per gli studenti di Moordale, alle prese con un’epidemia di clamidia.
Con Otis tornano tutti i personaggi che abbiamo imparato ad amare, da Maeve a Jackson, da Lily ad Adam, più alcune nuove entrate come l’affascinante Rahim, da subito oggetto del desiderio di gran parte dell’istituto.
Torna anche Gillian Anderson con la sua straordinaria interpretazione della dottoressa Jean Milburn, sessuologa e madre di Otis, che in questa stagione troverà ancora più spazio nelle dinamiche narrative della serie.

 

 

I punti di forza della prima stagione tornano tutti (o quasi)

I punti di forza della prima stagione tornano tutti (o quasi). In primis le notevoli performance degli interpreti, da Asa Butterfield (Otis) a Ncuti Gatwa (Eric),  fino all’eccellente Connor Swindellf, capace di tratteggiare e approfondire il personaggio di Adam Groff con una perfetta mimica corporea a fronte di pochissime linee di dialogo.
Ritorna anche il consueto stile di scrittura, con dialoghi intelligenti e quasi mai forzati, e con la consueta naturalezza nel trattare la tematica sessuale in tutte le sue declinazioni e senza tabù.

Il sesso infatti, come in passato, è strettamente correlato all’affettività e alle tematiche sociali più disparate ed è solo il primo dei pensieri e dei timori di questi adolescenti, impegnati perlopiù a cercare il proprio spazio nel tessuto sociale in cui sono inseriti.

Tornano ovviamente i triangoli amorosi, vera e propria base strutturale per ogni prodotto adolescenziale degno di tale nome. Anche in questo caso però, tranne rare situazioni, la narrazione riesce ad essere sempre fresca e sorprendente, capace di muoversi in verticale ad approfondire la psiche dei caratteri giustificandone le azioni, talvolta imponderabili.

 

 

Questa seconda stagione spinge maggiormente sulla coralità del racconto.

Laddove questa seconda stagione spinge maggiormente distaccandosi dalla prima è sicuramente sulla coralità del racconto. Una caratteristica già presente nella prima stagione ma che qui si accentua notevolmente e si allarga non solo ai nuovi personaggi, ma anche al mondo degli adulti. Molto spazio viene infatti dedicato ai problemi amorosi e sessuali del corpo docente di Moordale, in un gioco di rara intelligenza che mette in relazione l’inesperienza adolescenziale alla inettitudine relazionale degli adulti.

Questa maggiore coralità del racconto si traduce in quello che forse è anche il principale difetto di questa seconda stagione, schiacciata dalla moltitudine di storyline al punto da perdere talvolta di ritmo e trasformando quella che dovrebbe essere la linea narrativa principale (il triangolo “Ola-Otis-Maeve”) in poco più che un sottofondo.

Talvolta sembra quasi che gli sceneggiatori abbiano volutamente deciso di evitare il più possibile di evolvere i rapporti tra questi tre personaggi e di concentrarsi piuttosto sui rapporti degli stessi con la famiglia e con gli amici. Una scelta non totalmente riuscita che finisce per mettere in secondo piano i protagonisti penalizzando la compattezza dell’intera stagione, il cui arco narrativo risulta non ben delineato.

 

 

Un plauso va tributato alla genuina inclusività che Sex Education rappresenta.

Un plauso va invece ancora una volta tributato, così come per la stagione uno, alla genuina inclusività che Sex Education rappresenta. Nel mondo di Sex Education, infatti, ogni orientamento sessuale è assolutamente normale e percepito come tale. Da questo punto di vista la serie britannica ha molto da insegnare non solo a certa produzione teen nostrana, ma anche a gran parte della produzione made in USA, talvolta eccessivamente manierista nel rappresentare soprattutto l’amore omosessuale.

Dal punto di vista della costruzione scenica, poi, non si può proprio rimproverare nulla alla serie. Anche in questa seconda stagione le location, le scenografie, i costumi e il trucco sono semplicemente perfetti e donano alla fantomatica Moordale e ai suoi protagonisti un look fuori dal tempo. Se non vedessimo gli adolescenti di Moordale usare il cellulare potremmo pensare di trovarci tranquillamente negli anni 80 o 90.
Analogamente i luoghi di Moordale, pur essendo collocati sul suolo britannico, potrebbero tranquillamente trovarsi in Canada o negli Stati Uniti. Questa ambiguità è perfettamente funzionale e dona alla serie una grande universalità di messaggio.

Meno memorabili invece le musiche, ad eccezione di alcuni brani pop usati generalmente come chiosa di fine episodio.  La regia è  sempre misurata e puntuale, con qualche occasionale sprazzo di creatività. Generalmente molto buono anche il montaggio, nonostante qualche calo di ritmo dovuto alla difficoltà di tenere insieme un puzzle narrativo a tratti sfilacciato.


Questa seconda stagione di Sex Education si conferma insomma un prodotto capace di intrattenere in maniera intelligente (e perché no, educare) il pubblico adolescenziale quanto quello adulto, nonché uno dei migliori prodotti del genere nel catalogo Netflix. Con un po’ di coraggio in più e magari un po’ più di tempo in scrittura si sarebbe potuto innalzare ulteriormente il livello di un prodotto già ottimo, che avrà però probabilmente modo di aggiustare il tiro con una terza, necessaria stagione.


 

Leonardo Alberto Moschetta

Appassionato di videogiochi dal lontano...ehm..troppo tempo. Amo ogni genere di audiovisivo, in particolare il cinema, al punto da aver trasformato in lavoro questa mia passione. Tra le altre mille passioni: Giappone, Cibo, Vino, Musica, un po'di sport (il fantacalcio conta?), letteratura, fumetti e...

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