Pubblicato nel 2016 da Red Hook Studios al culmine dell’attesa spasmodica di milioni di fans per l’uscita di Dark Souls III (commercializzato due mesi dopo), Darkest Dungeon è riuscito a ritagliarsi il suo spazio sul mercato andando oltre l’etichetta fin troppo precipitosa di soulslike a turni, definizione che molti fan amano dare a qualsiasi gioco che non stenda il tappeto rosso al giocatore e che abbia un qualche “dark” infilato nel titolo. (Vi ricordate il periodo in cui tutto era Dark Souls?)
Darkest dungeon è un gioco che mette subito le carte in tavola.
Il prologo inizia col nostro protagonista che si vede recapitare una lettera da un suo avo in cui spiega brevemente in cosa siamo andati a cacciarci. Le prime battute sembrano positive in realtà, ci viene comunicato che siamo diventati i nuovi proprietari della tenuta di famiglia, un’imponente struttura che si erge su una scogliera che sovrasta un piccolo villaggio adiacente.
Sembra un affare per il nostro protagonista che però procedendo nella lettura capisce che l’inghippo c’è, eccome. Veniamo a conoscenza delle abitudini poco salutari del nostro avo, che ci rivela di aver praticato magia nera e di aver eseguito inquietanti esperimenti, causando morte e distruzione nella landa, ora abitata da vicini poco allettanti come fantasmi, streghe, maiali smisuratamente grossi e banditi di tutte le taglie, cosa che ha fatto crollare il mercato immobiliare e di conseguenza il valore della nostra villa.
Come se non bastasse, diventiamo anche i responsabili della manutenzione del villaggio, manco a dirlo fatiscente. Lo scopo ultimo del nostro eroe è quello di liberare la zona da queste aberrazioni per riportare all’antica gloria il nome di famiglia, e per farlo dovrà ripulire il darkest dungeon, il più tenebroso (lo avreste mai detto?) dei luoghi infestati, situato proprio sotto la tenuta e luogo dove gli esperimenti hanno avuto origine. Per nostra fortuna, il villaggio diviene un luogo di pellegrinaggio per gli eroi di tutto il mondo, attirati dalla promessa di gloria eterna. O dai bordelli del villaggio.
Cos’è quindi Darkest Dungeon? Un GDR strategico a turni, roguelike a scorrimento orizzontale con una forte componente gotico-lovecraftiana. Esaurite le etichette passiamo al gioco vero e proprio che si divide in due fasi, la pura azione che si svolge nei dungeons e la gestione del party. I dungeons sono di cinque tipologie: Il dedalo, le rovine, la baia, la landa e dulcis in fundo il darkest dungeon. Ognuna di queste aree è generata proceduralmente e presenta caratteristiche proprie, differenziandosi per la presenza di una certa tipologia di mostri o per un certo tipo di trappole. Ogni dungeon può variare in dimensione e difficoltà: da 1 per gli apprendisti a 6 per il darkest dungeon (massima difficoltà), la difficoltà inoltre designa quali eroi possono sfidarlo: le fasce salgono di due in due, un eroe di livello 3 non potrà affrontare una missione di livello 6 e viceversa. E’ uno stratagemma usato dagli sviluppatori per eliminare l’avanzamento di livello facile per i personaggi appena assoldati e per inserire un’ulteriore difficoltà nella scelta delle classi, che dovranno essere accoppiate in base al livello per avere un party sempre funzionale ed equilibrato.
Le classi appunto. Sono il cuore dell’esperienza dato il loro grande numero che permette di affrontare i dungeon con un numero infinito di build ed approcci. Le classi iniziali sono quindici, e si distinguono per una maggiore potenza d’attacco corpo a corpo (abominio, crociato, lebbroso, man-at-arm, hellion), quelle che puntano sugli attacchi critici (jester, bounty hunter, grave robber), quelle a distanza (hound master, highwayman, arbalest) ed i classici curatori/maghi (antiquarian, vestal, occultist, plague doctor). Successivamente ne sono state aggiunte un paio, la frangiscudi ed il flagellante nei DLC “shieldbreaker” e “The crimson court”.
Ogni classe ha a disposizione sette abilità d’attacco e sette da utilizzare ai falò. Le prime sono le abilità da usare in combattimento e possono causare danni fisici, curare ferite, aumentare il critico, schivare attacchi, buffare i compagni o debuffare i nemici e infliggere danni da logoramento, come dissanguamento e avvelenamento (morbo). A seconda delle abilità che sceglieremo per il nostro personaggio il gioco ci consiglierà una posizione precisa all’interno dei quattro del party. Questo perchè tutte le abilità richiedono un certo posto all’interno dello schema di gioco per essere utilizzati, ciò farà si che alcuni attacchi apparentemente innocui degli avversari scompiglieranno l’ordine del party e ci impediranno di attaccare esponendo i nostri a facili rappresaglie. Sui falò ritorneremo a breve.
Oltre alla barra della salute fisica dovremo tenere anche conto della salute mentale del team, che sottoposto a determinate condizioni accumulerà stress e raggiunta metà barra darà in escandescenza, dando il via ad una sequenza in cui il personaggio potrà sviluppare una nevrosi oppure superare il trauma e sviluppare un tratto positivo. Naturalmente ci sono molte più chance che il personaggio impazzisca, uscendo fuori controllo e rifiutando di rispondere ai nostri ordini, o nel peggiore dei casi attaccando i suoi compagni e seminando ulteriore stress sul gruppo. Raggiunto il punto di non ritorno il più delle volte è meglio abbandonare la missione e tornare al villaggio per curare i personaggi afflitti, prima di causare guai peggiori. Si, perchè lo stress non solo porta l’eroe ad azioni spesso incontrollate, ma se la stress bar raggiungerà i 200 punti sopraggiungerà l’infarto, che ridurrà il malcapitato in fin di vita abbassando di colpo gli hp a 0.
I fattori di stress sono molteplici, e la preparazione ai dungeon è fondamentale per affrontarli al meglio. Quando sceglieremo quale livello affrontare, innanzitutto dovremo comprare scorte a sufficienza per affrontare il viaggio. L’inventario è di sedici slot e può essere aumentato solo portando nel party l’antiquaria. La sua gestione è difficoltosa perchè spesso capiterà di lasciare a terra numerose monete o reliquie per poter portare con voi le torce e scorte di cibo, che sono l’ABC del provetto esploratore di dungeon. Le torce fanno si che la visibilità nei corridoi sia alta, ciò comporta meno imboscate e un livello di stress minore, mentre il cibo serve per aumentare (di poco, e fino alla sazietà) la salute dei vostri sodali. Oltre queste scorte irrinunciabili potrete portare vanghe per eliminare ostacoli, oli per curare le malattie, bende per il dissanguamento, chiavi per aprire eventuali stanze segrete e quant’altro.
Una volta selezionate le scorte siamo pronti per affrontare il dungeon. Appena entrati ci troveremo davanti ad un labirinto di varia estensione che consiste nell’avanzare di stanza in stanza tramite corridoi lastricati di trappole e nemici. Le missioni possono andare dal semplice affrontare tutti i combattimenti nelle stanze, al recuperare tre reliquie (cosa che occuperà buona parte dell’inventario), o in determinate occasioni affrontare i combattimenti coi boss. Queste sezioni sono particolarmente degne di nota, alzano costantemente il livello della sfida e rappresentano delle piacevoli variazioni rispetto agli NPC più frequenti, poiché avremo a che fare con avversari che si rigenerano, che si moltiplicano, che fanno il lavaggio del cervello ai nostri eroi convincendoli a lottare contro di noi. Queste sono di gran lunga le parti più ostiche del titolo, metteranno a dura prova non solo la salute mentale degli eroi, ma anche la vostra.
La fase gestionale avviene tramite il villaggio, che rappresenta l’hub di gioco (simile al Firelink shrine di Dark Souls I per rimanere in tema). E’ il punto logistico dove organizzeremo le missioni, gestiremo il loot e miglioreremo la truppa. Qui ci compariranno varie strutture dotate ognuna di un’utilità, dividendosi tra quelle di potenziamento e quelle di sollievo.
Nel primo gruppo rientrano il fabbro, che serve a potenziare armi e corazze, il palazzo della gilda che serve a sbloccare nuove abilità ed incantesimi e la survivalista, personaggio che potenzia le abilità degli eroi quando sono seduti ai falò, meccanica che permette al party di riprendere energia ed abbassare lo stress durante i dungeon più lunghi. Le strutture dedite al sollievo sono l’abbazia, dove tramite la preghiera e l’autoflagellazione ci si potrà sfogare dallo stress dei dungeon, la taverna dove sarà possibile bere, giocare d’azzardo e divertirsi con simpatiche signorine, mentre la casa di cura servirà a curare i viaggiatori dalle malattie contratte nei dungeon (provocano pesanti malus alle statistiche) e ad eliminare o ‘fissare’ i tratti che i personaggi possono acquisire alla fine di una missione oppure quando raggiungono la soglia media di stress.
Oltre queste due categorie troviamo altri quattro edifici: La diligenza, che è anche il mezzo che ci ha condotti all’incubo, che serve per reclutare nuovi eroi nel caso sciagurato (ma non sporadico) che quelli vecchi ci abbandonino; il carro nomade serve a comprare rari ninnoli che potremo utilizzare come amuleti nei due slot extra per aumentare le statistiche degli eroi che li portano con se; le memorie dell’antenato che fungono da codex, cioè è un archivio dei messaggi lasciati dall’avo ed infine, per i più sentimentali c’è il cimitero, che come facilmente intuibile serve a rendere omaggio ai caduti.
Giocato in un antro buio e mortale, acquistato scelleratamente nei saldi estivi di Steam. Provoca stress e bestemmie, da giocare rigorosamente senza affezionarsi ai personaggi. Versione testata: quella base in attesa dei DLC "color of madness" e "harvest moon".
DurataIl lato tecnico non lascia spazio a rimpianti. Lo stile artistico del gioco è impeccabile ed adeguato al genere, mettendo in mostra oltre a dei fantastici disegni anche delle animazioni semplici ed efficaci, con una palette di colori tendente sempre ad un rosso livido che rende eccezionalmente l’atmosfera di follia e dolore. Le musiche non sono da meno, composte in maniera superba danno le palpitazioni ad ogni passo nei labirinti, con dei silenzi suggestivi rotti improvvisamente dai gorgoglii delle creature e tengono buona compagnia anche nelle fasi avanzate dell’avventura.
Quindi, alla fine della fiera a chi è consigliato Darkest Dungeon? A tutti quelli che non hanno paura di confrontarsi con un’avventura non immediata, che va capita e goduta per la profondità delle meccaniche e l’appagamento che da il confrontarsi con un gioco all’apparenza ermetico, che sfida il giocatore a non arrendersi al primo fallimento ma a fare sua quella dinamica di trial and error per padroneggiare una vera e propria perla del genere strategico a turni.
Darkest dungeon è un’esperienza che vi sembrerà impossibile nelle prime battute, ma che passo dopo passo vi acchiappa nella sua ragnatela e prima di rendervene conto vi troverete impantanati nei suoi dungeon cercando di abbattere il “profeta roboante” che già vi ha portato via tre dei vostri eroi migliori. Ad un certo punto diventa una sfida personale, dell’uomo contro il gioco e la sua stessa salute mentale. La gestione del villaggio è efficace e gratificante, migliorare le strutture e maxare i vostri personaggi dopo aver corso innumerevoli rischi per recuperare le monete o i vari oggetti utili a migliorare un edificio è soddisfacente, come lo è constatare che le tattiche che avete elaborato iniziano a dare qualche risultato. Da sottolineare la dinamica dello stress, probabilmente il vero punto forte del titolo che conferisce all’azione quel meccanismo che sposta gli equilibri rendendo l’approccio al gioco molto più dinamico e non legandoci ad un party di soli tank e healer.
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