E’ il sette maggio scorso e nel cuore dell’Inside Xbox è appena terminato il trailer dell’ennesimo videogioco a tinte cyberpunk. Lo schermo annerisce seguito da un “World Premiere” e parte il trailer con etichetta Game Pass, intanto iniziano a suonare note familiari a tutti gli amanti dei survival horror: un arpeggio triste accompagna immagini veloci e dolorose di una donna incinta e di un uomo in una città innevata, figure stravolte da una tempesta che sbriciola qualsiasi cosa le capiti a tiro generando paesaggi strazianti.
Altra dissolvenza ed ecco finalmente The Medium, ma il nuovo horror psicologico di Bloober Team non ci dà neanche il tempo di assimilarne il nome che lo sceneggiatore Andrzej Madrzak ci fa sapere che nella creazione del gioco è coinvolto nientemeno che Akira Yamaoka, storico compositore della saga di Silent Hill.
Otto mesi dopo eccoci nella recensione di The Medium, un titolo promettente ma che dimostra immediatamente l’infondatezza di quei paragoni con la saga della Collina Silente serviti solo a generare un hype andato ben oltre le effettive potenzialità del gioco, creando un cortocircuito tra aspettative e gameplay per quella che doveva essere la prima esclusiva Microsoft di peso capace di mostrare i muscoli grazie alla meccanica del rendering in tempo reale dei due mondi, quello reale e quello spirituale.
Per fare chiarezza sulla faccenda ho trascorso l’ultima settimana in una camera del fatiscente Hotel Niwa, aggirandomi tra le stanze in cerca di informazioni per la recensione. Non sono tornato a mani vuote, ma se siete tra quelli che si aspettavano il nuovo Silent Hill ho delle pessime notizie.
Anni novanta, Cracovia. Marianne è una giovane donna tormentata dall’incubo ricorrente di una ragazzina uccisa con un colpo di pistola sul ciglio di un lago, visione legata ai suoi poteri da medium che le permettono di aiutare le anime bloccate tra il piano reale e quello spirituale.
«TUTTO INIZIA CON UNA RAGAZZA MORTA»
LA POLONIA POST-SOVIETICA E’ SOLO PARTE DELL’INCUBO
Mentre piange la scomparsa di suo padre adottivo riceve la chiamata di un tal Thomas che le chiede di raggiungerlo con urgenza al Niwa, hotel d’epoca sovietica chiuso da anni sul quale circolano voci di un massacro mai confermate ma Marianne si convince comunque a raggiungerlo dopo che l’uomo misterioso le rivela di essere a conoscenza dei suoi poteri e di poterle rivelare il segreto dietro al sogno.
Una volta alle soglie dell’edificio davanti a Marianne si para un enorme monolite sprizzante socialismo da tutti i pori tanto grigio ora quanto non lo fosse ai tempi dell’URSS, avvolto da una sinistra coltre di tristezza, rimorso e rabbia. Quella sensazione si trasforma in realtà quando, per un breve momento, l’hotel diventa una visione infernale del mondo spirituale che emana una fortissima energia. Il posto che cercavamo è decisamente questo, una volta varcate le porte non si torna più indietro.
Con queste premesse The Medium si apre al giocatore lasciandosi apprezzare per la sua narrazione tanto cinematografica quanto lineare, senza paura di trattare argomenti maturi – a patto di sopportare qualche colpo di scena telefonato – indagando la psiche di personaggi tutti profondamente tormentati dai propri demoni coi quali bisogna fare i conti. E a proposito di conti, a questo scopo l’uso della doppia realtà su schermo non apporta particolari brividi alla storia, davvero un peccato.
L’intreccio è portato avanti tramite cutscenes davvero ben girate e tanti documenti e frammenti di avvenimenti passati da ricostruire che ampliano il quadro degli eventi, peccato per la completa mancanza di bivi, zone totalmente opzionali o scelte che demoliscono la rigiocabilità di The Medium. Marianne, Thomas e gli inquilini cercano tutti qualcosa, ma come si suol dire “attento a ciò che desideri, potresti ottenerlo“.
Questa lezione potrebbe essere da monito anche per Bloober stessa, che nel suo tentativo di emulazione delle atmosfere da “età dell’oro” di Silent Hill incappa in alcune ambientazioni del piano reale che sanno di già visto, in particolare alcuni corridoi e stanze del Niwa (è pur sempre un comune albergo). Ma l’astuzia del team polacco sta proprio nel ribaltare questa staticità con l’aggiunta della doppia dimensione simultanea, che consiste nello giocare allo stesso momento sia il piano reale che quello spirituale con entrambe le versioni di Marianne.
Se da un lato la realtà è inquietante ma dozzinale dall’altro il piano spirituale è dominato dalla visione surrealista e lugubre dell’artista Zdzisław Beksiński, artista polacco più influente dello scorso secolo celebre perché ritraeva nei suoi dipinti l’inferno che aveva visto con i suoi occhi durante i tre mesi di coma nel quale era caduto a causa di un incidente. Ed ecco che l’otherworld di The Medium acquisisce i connotati propri dell’inferno beksinskiano: colori cupi, immense distese sabbiose, cimiteri ricolmi di sangue e cadaveri deformi le cui mani si avvinghiano alla ricerca di vita, un trionfo della morte che trova ampio spazio nella storia di Marianne.
“THE WALKING MEDIUM”
OVVERO COME ELIMINARE L’ELEMENTO SURVIVAL HORROR
Se per le atmosfere il gioco del “doppio” riesce a dare una propria connotazione all’opera per quanto riguarda il gameplay siamo nel campo di una scialba semplificazione delle formule dei survival horror. The Medium è praticamente un walking simulator, è bene dirlo subito. Marianne non può contrattaccare le minacce del mondo reale ma può usare i propri poteri difensivi in quello spirituale per creare uno scudo di luce che la protegge dalle falene o uno scoppio di energia per rallentare l’antagonista con cui avremo a che fare per tutto il gioco: le Fauci.
Intorno a questa orribile creatura (doppiata da Troy Baker) che brama di indossarci ruotano le meccaniche stealth del gioco. Sia che la incontriamo in un piano o nell’altro le Fauci rappresentano la minaccia numero uno per la nostra protagonista, sebbene il suo incontro sia limitato a brevi sezioni neanche troppo frequenti in cui la (scarsa) IA compirà un determinato giro in una stanza e noi dovremo accovacciarci trattenendo il respiro per non farci scoprire. Non è necessario essere troppo prudenti dato che in due o tre occasioni la bestia mi ha letteralmente sfiorato senza però accorgersi di me.
Tra un inseguimento e l’altro per proseguire nell’indagine The Medium ci mette dinanzi a sezioni dal gusto vagamente platform come lo stare in equilibrio su un’asse o su un cornicione tenendo la levetta analogica in posizione, proponendo di tanto in tanto puzzle interessanti che intrecciano entrambi i piani di esistenza e necessitano la massima attenzione per essere risolti.
In questi frangenti dobbiamo stare attenti all’ambiente circostante e valutare su quale dei due piani concentrarci per poter sbloccare l’ostacolo che ci impedisce di progredire nell’altro piano. Lo switch tra mondo reale e spirituale non è a discrezione del giocatore ma imposto dal gioco, a seconda che ci troviamo in una dimensione o l’altra abbiamo una serie di oggetti e abilità da sfruttare per avanzare nella storia.
Nel mondo reale l’unica difesa è l’essere silenziosi per non farci braccare dalle Fauci, qui bisogna raccogliere oggetti concreti quali tenaglie, manovelle e altri elementi da puzzle spesso molto banali o inutilmente messi per allungare il brodo come l’uso spasmodico delle tenaglie in un breve tratto o il trovare la tanica di benzina necessaria per proseguire a due passi da dove ci troviamo.
Nel mondo spirituale i rompicapi consistono nel trovare fonti di energia o l’esiliare anime perdute rimaste nel limbo scoprendone la storia e l’identità.
“SI SCRIVE YAMAOKA, SI LEGGE
AMORE” – MUSICHE FUORI DAL MONDO
C’è poco da dire sul trio Yamaoka –McGlynn – Reikowski : inquietantemente fenomenali. Non siamo ai livelli maniacali dei rumori di passi registrati su oltre cento superfici come in Silent Hill 2 ma sia le tracce ambientali che quelle della colonna sonora non vi lasceranno indifferenti tanto da costringervi a riascoltare l’album su Spotify (ed eccovi serviti). Nello specifico il duo Yamaoka-McGlynn si è occupato dei brani del piano reale in perfetta tradizione Silent Hill saga, mentre Arkadiusz Reikowski, storico compositore di Bloober Team, ha dato vita alle tracce più malate del piano spirituale.
Particolarmente ansiogene quelle legate agli inseguimenti delle Fauci, nel complesso il lavoro è davvero d’impatto e si fa apprezzare soprattutto per la varietà messa in campo che va da campionamenti gravi, disturbati e tesi come le tracce n°2 Marianne e n°19 Richard a quelli più sognanti e dolci come la n°17 Fade (con Troy Baker, che ha anche lui lavorato a Silent Hill 2 doppiando James Sunderland nella infelice versione rimasterizzata).
Se avete amato le tracce immortali di Silent Hill 2, o meglio ancora non le avete mai ascoltate, non perdetevi il nostro speciale.
LUCI E OMBRE DEL
COMPARTO GRAFICO –
BISOGNA SAPERE COSA
SVECCHIARE E COSA NO
Togliamoci il dente: telecamera fissa sì? Telecamera fissa no? Nì, perché è una trovata interessante quella di riproporre la telecamera fissa per poter sfruttare il doppio rendering simultaneo e aumentare l’immersione cinematografica ma bisogna anche rendersi conto che le animazioni non possono rimanere al livello di titoli di vent’anni fa. Alcuni ambienti impressionano, altri risultano vuoti e dozzinali, il vero crimine è quello di usare animazioni (facciali e non) impacciate e legnose che tradiscono l’ambizione di The Medium di puntare in alto – dato che parliamo di personaggi che invece di correre aumentano il passo come fossero ottantenni con problemi all’anca o di incontinenza – una pecca che poteva andar bene per i controlli tank dei primissimi Resident Evil negli anni novanta, ma non oggi.
Sul dettaglio grafico invece nulla da dire, anche su macchine meno potenti il lavoro del team di sviluppo si vede e alcune sequenze ricordano Control per la cura dei dettagli e la follia visiva nonostante il doppio rendering simultaneo sia una sfida probante per le schede grafiche più datate, durante le sezioni a doppia realtà i frame crollano miseramente. Alla palette colori opaca e tenue della realtà si contrappone quella rugginosa e polverosa del mondo spirituale creando una interessante dicotomia.
THE MEDIUM FUNZIONA COME
HORROR? CONCLUSIONI
E DISCORSO GAME PASS
Per quelli arrivati sin qui sappiate che nel tempo che avete impiegato a leggere questa recensione di The Medium avreste tranquillamente potuto finire una buona fetta del gioco, dato che vi serviranno dalle sette alle dieci ore per completarlo. Se valga il vostro tempo o meno dipende da cosa vi aspettate dal gioco.
The Medium ha poco più di un walking simulator in termini di meccaniche e ha difficoltà a tenere alta la tensione per tutto il gioco tanto da poter dire che sono più i momenti in cui non ci riesce. Quindi sì, The Medium fallisce nell’intento di regalare un’esperienza veramente horror dato che non mantiene un ritmo alto, teso e appagante. Nonostante le pecche però riesce a raccontare una storia molto interessante che vi spingerà ad andare verso la conclusione per collegare tutti i puntini, forte anche di una colonna sonora eccelsa e della doppia realtà che vale almeno la pena di essere provata.
The Medium non è un’esperienza perfetta in alcun modo e di certo non raccoglie il testimone dello storico brand Konami ormai relegato ai pachinko. Il gioco è disponibile su Steam, Epic Games Store, Xbox Series X/S e Game Pass dove ricordiamolo, è disponibile dal lancio in quanto frutto di un accordo tra Bloober Team e Microsoft, quindi non indicativo degli standard degli studi first party che nei prossimi mesi inizieranno a pubblicare esclusive Microsoft.
Il viaggio tra i misteri dell'hotel Niwa è stato possibile grazie a un abbonamento Xbox Game Pass per PC e ad una configurazione dotata di scheda video RX580 8Gb e un processore Ryzen 5 1600
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