Rubrica

10 indie dell’ottava generazione da non perdere

Morta una generazione se ne fa un’altra. Microsoft e Sony sono sul piede di guerra: fatti i rispettivi annunci e aperti i preorder, i giocatori di tutti il mondo aspettano l’uscita delle console di nona generazione. Le differenze non sono da sottovalutare, tra esclusive e prestazioni che ogni casa produttrice offre. Gli sviluppatori hanno dato il via a sviluppo di nuovi titoli e remake sulle console che verranno e noi non vogliamo dimenticare quelli che ci hanno lasciato il segno negli anni precedenti.

Abbiamo assistito all’età d’oro dei videogiochi indie, grazie a budget più sostanziosi e modalità di sviluppo sempre più accessibili. Basta scaricare i motori grafici gratuiti come Unreal Engine o Unity e dare il via alla realizzazione di un’opera. Gruppi di poche persone sono state in grado di creare piccoli capolavori che hanno soddisfatto i giocatori e gli hanno permesso di ampliare il proprio team di sviluppo. Di videogiochi indipendenti, nei sette anni di questa generazione, ne abbiamo visti: alcuni non ce l’hanno fatta e altri hanno avuto un successo inaspettato. Pensavo fosse un gioco da ragazzi scegliere i dieci titoli, ma quando ti ritrovi in mano eccellenti giochi per ogni anno dal 2013 a oggi, la situazione è drammatica, così abbiamo votato tutti noi della redazione. Molti di questi titoli sono delle vere e proprie opere d’arte e dei manifesti culturali che hanno molto da raccontare e sono in grado di educare il proprio pubblico. In ordine casuale vi raccontiamo quelli che secondo noi sono i videogiochi indie assolutamente da non perdere. Ripeto: questa non è una classifica.

Ori and the Blind Forest (2015)

Il concetto stesso di videogioco indie è cambiato nel corso di questi anni e definirne uno tale non è più così semplice. Moon Studio nasce nel 2010 come uno studio di sviluppo indipendente e realizza Ori and the Blind Forest, il suo primo titolo. Il gioco è considerabile come indipendente poiché, nonostante l’accordo con Microsoft per lo sviluppo e la distribuzione, la struttura interna del team e la loro filosofia di rimanere liberi è rimasta invariata. Ori and the Blind Forest ha ottenuto un successo strepitoso sia da parte del pubblico sia dalla critica, ricevendo numerosi premi. Il titolo è un platform d’avventura con una direzione artistica unica e fenomenale. Accompagnata da una colonna sonora onirica, l’opera trasporta il giocatore all’interno di un’ambientazione fiabesca e gli fa vestire i panni di Ori, uno spirito guardiano, che si addentra nella foresta dopo essere rimasto orfano.

Perché da non perdere: Ori and the Blind Forest è assolutamente da non perdere per via della perfetta unione tra gli elementi contraddistintivi del medium interattivo: gameplay, narrazione e direzione artistica accompagnano il giocatore attraverso una storia elettrizzante e sezioni platform divertenti. Il successo del titolo ha permesso la creazione di un sequel, Ori and the Will of the Wisp che ha addirittura ottenuto un metacritic superiore del secondo. Due chicche classificate come must-play per ogni giocatore che si rispetti e con una Definitive Edition rilasciata nel 2017, ricca di contenuti bonus.

Hollow Knight (2017)

Il Team Cherry è uno studio indie con sede nel Sud dell’Australia e Hollow Knight è il primo gioco che hanno realizzato. Il videogioco è stato finanziato tramite crowdfunding su Kickstarter, superando di gran lunga l’obiettivo prefisso, e ha venduto oltre due milioni di copie dopo due anni. L’opera è un metroidvania, quindi presenta una mappa con spazi interconnessi tra loro, sezioni platform e combattimenti davvero tosti. Il protagonista è Il Cavaliere, un’avventuriero che si inoltra nel regno decaduto di Nidosacro. Questo guerriero armato si farà strada attraverso spazi bui e angusti, sconfiggendo gli insetti che incontrerà nel corso del suo cammino nella mappa labirintica. Se all’inizio avrà solo il dash e un tipo di attacco, il Cavaliere sbloccherà sempre nuovi poteri, così da rendere più dinamici i combattimenti.

Perché da non perdere: Ciò che contraddistingue Hollow Knight dagli altri metroidvania sono sicuramente le boss fight. Dal design unici e dai pattern di movimento complessi, i boss sono uno degli elementi eccezionali del gioco e vi daranno del filo da torcere. A fare da cornice una direzione artistica strepitosa che rende caratteristico ogni ambiente man man che si avanza nel gioco. Recuperate questo gioiello prima dell’uscita del già annunciato sequel Hollow Knight: Silksong.

Hellblade Senua’s Sacrifice (2017)

Ninja Theory ha avuto una storia travagliata: ha cambiato nome, è stata salvata dalla bancarotta e ha realizzato titoli noti in tutto il mondo, sempre con il sostegno di altre compagnie. Il primo titolo autopubblicato e indipendente è stato proprio Hellblade Senua’s Sacrifice che ha permesso di far entrare la compagnia nell’Olimpo degli sviluppatori acquistati da Microsoft. Hellblade è stata quell’opera ha stupito tutti, ottenendo riconoscimenti ai BAFTA e ai Game Awards. Una vero e proprio capolavoro d’arte che affronta la delicata tematica dei dei disturbi mentali attraverso un racconto con un’ambientazione dark fantasy. La protagonista Senua si ritrova a farsi strada attraverso il regno di Hel, la dimora dei morti nella mitologia norrena, per salvare la persona amata dalla dea Hel.

Perché da non perdere: il videogioco ha raggiunto tutte le caratteristiche che Ninja Theory vuole conferire alle proprie opere: combattimento in stile ninja, storie di personaggi forti e direzione artistica incredibile. Infatti, sono questi tre gli elementi che hanno permesso a Hellblade di ottenere il successo meritato e di annunciare seguito. L’opera è una delle prime a sdoganare e affrontare con serietà e realismo tematiche psicologiche, sensibilizzando ed educando il giocatore al riguardo. La narrazione si fa strada attraverso le voci nella testa della protagonista e ricordi del passato da rivivere.

Cuphead (2017)

Per la realizzazione di questo titolo indie gli sviluppatori hanno ipotecato la loro casa e, fortunatamente, il loro impegno e indebitamento è stato ricompensato. StudioMDHR, fondato e composto da due fratelli, ha lavorato su Cuphead dal 2010, con l’idea che li perseguitava dal lontano 2000. Il gioco è un gun and run dall’aspetto visivo unico e caratteristico e i protagonisti sono Cuphead e suo fratello Mugman. Dopo essersi indebitati con il diavolo, dovranno rimediare collezionando anime da altri debitori. Prima di essere rilasciata, l’opera è stata notata da Microsoft, la quale ha annunciato il titolo nel corso dell’E3 del 2014. Ottenuto successo dopo il suo rilascio su PC, è arrivato su tutto il resto delle console di ottava generazione e ha venduto 6 milioni di copie.

Perché da non perdere: con una direzione artistica ispirata ai cartoni animati degli anni ’30, Cuphead presenta un pretesto narrativo stereotipato che da il via al gioco. Tutta l’opera gira intorno alle boss fight: queste saranno gli altri  debitori del diavolo e, correndo, sparando e saltando, si dovranno sconfiggere. Il gameplay è la parte sostanziosa e divertente di Cuphead che lo rende dinamico e divertente. Preparatevi a morire perché ogni personaggio sarà tosto da sconfiggere.

What Remains of Edith Finch (2017)

Giant Sparrow è una casa sviluppatrice indipendente con sede in California. Dopo il fiabesco videogioco The Unfinished Swan, hanno realizzato What Remains of Edith Finch, adirittura con un fil rouge da scoprire che collega i due titoli fra di loro. L’ultima opera creata fa parte delle avventure grafiche premiatissime, aggiudicandosi addirittura il BAFTA come miglior gioco.  Il gioco racconta le vicende della famiglia Finch attraverso l’ultimo membro ancora in vita, Edith, che ritorna nella vecchia casa di famiglia per scoprire le sventure accadute al resto dei parenti. Il giocatore si muove all’interno della casa e apre le stanza attraverso la risoluzione di puzzle e prende parte agli ultimi momenti di vita di ogni membro.

Perché da non perdere: What Remains of Edit Finch è un’avventura grafica dai toni delicati e amari allo stesso tempo e la dimostrazione che in poche ore di gioco si possa regalare qualcosa di estremamente emozionante. La narrazione interattiva fa da padrona a tutto il titolo e lo contraddistingue come titolo innovativo dal punto di vista del game design e della sceneggiatura. Il punto di incontro fra questi due elementi è pressoché perfetto, fornendo la possibilità al giocatore di vivere in prima persona il racconto narrato e il punto di vista di vari personaggi che completano il quadro e risolvono il mistero della tragica famiglia Finch.

Dead Cells (2018)

Motion Twin è uno studio di sviluppo con un etica del lavoro esemplare e con l’obiettivo di realizzare videogiochi liberi e indipendenti. Dead Cells è la loro prima opera che riesce a far breccia nel mercato internazionale e a ottenere il consenso dal pubblico. Il videogioco è un roguevania in due dimensioni, mescolando elementi metroidvania con roguelike. Il protagonista, definito il Prigioniero, deve farsi strada nell’isola in cui si trova e far fuori i nemici che si ritrova davanti. L’elemento interessante del game design è la morte del personaggio, in perfetto stile roguelike, e ogni volta che si perde la vita si ritorna al punto di partenza e si perdono le cellule raccolte durante l’avanzamento.

Perché da non perdere: ogni volta che si muore si diventa più forti. La caratteristica che ho gradito maggiormente di Dead Cells è quella di poter ottenere potenziamenti permanenti e quindi rimangono ogni volta che si ricomincia. Morirete di sicuro, ma di certo sarete più forti. L’isola in cui vi muoverete è un organismo vivente, così da poter giustificare l’elemento procedurale che cambia le fattezze e la mappa di ogni ambiente ogni volta che ci passerete, dopo la perdita della vita. Sicuramente sono toste le boss fight, con pattern da studiare alla perfezione, che adoreranno tutti i fan dei soulslike.

The Stanley Parable (2013)

Un vero e proprio indie: Davey Wreden and William Pugh hanno realizzato The Stanley Parable e, dopo il successo ottenuto, è stato rivisitato per aggiungere finali e contenuti bonus. Nel 2021 potrete trovare la Ultra Deluxe Edition, ma noi vi consigliamo di giocarlo anche adesso e di raggiungere tutti i finali: occorre poco più di un’ora. Il protagonista del titolo è un anonimo impiegato d’ufficio che finisce i compiti a lui assegnati ed esplora l’ambiente intorno a lui. Da quel punto in poi è stato dato via a un’opera d’arte che ha fatto da apripista a opere successive, grazie alle innovative meccaniche di game design e narrazione.

Perché da non perdere: racconto e metaracconto, è difficile raccontare The Stanley Parable: si fa prima a provarlo in prima persona. Siete seduti nel vostro ufficio e una voce narrante espone ciò che accade, fin  quando non sarete voi a decidere se ascoltarlo o meno. Il libero arbitrio e il potere decisionale sono solo alcune delle tematiche affrontate dal videogioco e le possibilità che saranno in mano al giocatore sono una moltitudine. Potete variare il percorso di continuo e raggiungere uno dei sei possibili finali, ma ottenere tutti gli achievement e sbloccare gli easter egg è da maniaci.

Return of the Obra Dinn (2018)

Return of the Obra Dinn è l’avventura investigativa di Lucas Pope, stesso autore di Papers, Please. Questa volta l’ambientazione è marinaresca e il nostro obiettivo è investigare. Diventare detective è d’obbligo perché un oscuro mistero è accaduto sopra la nostra imbarcazione e tutti gli elementi principali sono a noi ignoti. Praticamente sarà tutto in mano vostra e solo tramite le abilità logiche potrete muovervi in avanti nella narrazione.

Perché da non perdere: Return of the Obra Dinn è il gioco investigativo per eccellenza: l’obiettivo principale è di arrivare alla fine del mistero. Il giocatore potrà farlo contando solo sulla propria logica e sui pochi elementi che verranno dati a disposizione. A fare da contorno, una direzione artistica ispirata e unica: mai vista una grafica così particolare ma funzionale al gameplay.

Hades (2020)

Supergiant Games non ha bisogno di presentazioni: con i piccoli capolavori come Bastion e Transistor hanno riscosso un encomiabile successo. Dopo il gioco di ruolo Pyre hanno deciso di mescolare l’esperienza ottenuta dai titoli precedenti e alcune loro caratteristice e hanno realizzato Hades. Il titolo è un roguelike d’azione con caratteristiche tipiche dei giochi di ruolo. Il protagonista è Zagreus che cerca di sfuggire dall’Ade per raggiungere il Monte Olimpo.

Perché da non perdere: Hades è un roguelike accessibile anche per chi è alle prime armi con il genere, nonostante la sua difficoltà. Il gameplay risulta assuefacente e godibile, presentando le meccaniche in maniera semplice. La storia pesca a piene mani dalla mitologia greca, tale che sia affascinante per il giocatore e cambi ramificazione narrativa a ogni run. Il comparto artistico, come ogni altro titolo di Supergiant Games, è incredibile e unico, soprattutto durante le scene di intermezzo. Hades ha tutte le carte in regola per essere considerato un indie imperdibile: gameplay soddisfacente, storia intrigante e direzione aritstica inconfondibile.

Inside (2016)

Dopo il fortunatissimo Limbo, PlayDead hanno realizzato un titolo con delle meccaniche a scorrimento simili, ma con una storia più matura e pregna di significati. L’anonimo protagonista dovrà andare sempre avanti e sfuggire da adulti senza volto, cinici e scellerati. Questa fuga da un mondo che vuole acchiapparci è costituita da rompicapo da risolvere e una muta narrazione. I puzzle sono accessibili a tutti: consistono in tirare leve, controllare le persone e spostare oggetti. Anche gli elementi di gameplay raccontano qualcosa di macabro e con una venatura filosofica, ma che siamo obbligati a fare.

Perché da non perdere: Inside è un videogioco senza dialoghi o linee di testo, tutto ciò che viene narrato è attraverso l’utilizzo dell’elemento visivo, i suoni ambientali e le azioni compiute. Una vera e propria storia con elementi orwelliani e un’atmosfera macabra. Sarà la nostra maglietta rossa a renderci differenti e in contrasto con l’ambiente circostante. Inside è un piccolo gioiello artistico che lascia il giocatore spiazzato dopo il finale e con una moltitudine di riflessioni da porsi sulla propria libertà e quella degli altri.

This War of Mine (2014)

11 bit studios, un gruppo di ragazzi di Varsavia, hanno realizzato diversi titoli sin dalla loro fondazione. This War of Mine è di certo il più significativo e noto tra tutti, grazie alle tematiche e le modalità in cui è stato realizzato. Il videogioco è un survival in cui si prende il controllo di dei civili che cercano di sopravvivere in zone della città sotto assalto. In ricerca costante dei beni per sopravvivere, bisogna far fronte alla sopravvivenza di ognuno dei personaggi e la morte è sempre in agguato.

Perché da non perdere: This War of Mine è un duro, crudo e realistico racconto di sopravvivenza dalla guerra. Chiunque dovrebbe dare una possibilità a quest’opera, dato che narra qualcosa che in passato era inevitabile e che oggi potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Cosa significa vivere in momenti bui della propria storia? Questa la domanda a cui risponde 11 bit studios e lo fa in maniera significativa, riuscendo a coinvolgere il giocatore e renderlo empatico verso i personaggi controllati.

Giulio Baiunco

Cresciuto ad arancini, Playstation 1 e Windows '98, viene attratto dai picchiaduro e dai platform. Venera la narrazione dal momento in cui ha conosciuto il Killer degli Origami.

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