Prima di addentrarci nel tema PEGI è opportuno fare un piccolo preambolo per spiegare da dove parte questa nuova rubrica di Gameplay Cafè. Nella mia carriera di videogiocatore ho cercato sempre di far capire, senza arroganza o fanatismo, che il medium videoludico non è un demone ma solo un mezzo, un veicolo di messaggi alla pari del cinema o della letteratura. Il problema reale risiede nel maniera in cui si utilizza e ci si approccia ad esso. Di stereotipate accuse sulla pericolosità di questo universo se ne sono fatte a bizzeffe non solo in ambito privato, ma anche nei notiziari o sulla carta stampata.
Lungi da me c’è la volontà in questa sede difendere a spada tratta i videogiochi, ma credo che il problema più grande della opinione sul mondo dei videogiochi sia il divario di conoscenza che esiste tra chi è giocatore e chi non lo è. Ma se i non giocatori devono fare attenzione, neanche noi giocatori possiamo dormire tranquilli perché anche chi conosce bene questo medium spesso è finisce per commettere errore o si trincera dietro la propria fazione “pro videogiochi” senza cercare di comprendere il quadro generale. In queste pagine non ci sarà spazio per il fanatismo, solo alcuni suggerimenti e consigli per affrontare con maggiore serenità questo argomento e trovare, perché no, punti di contatto e di confronto.
Ecco quindi l’obbiettivo ultimo di questa rubrica: il bugiardino videoludico vuole provare a diventare il foglietto illustrativo per chi usa i videogiochi o deve farli usare a un figlio o compagno. Potremmo definirla una guida strategica sui videogiochi per genitori, compagni/e e figli. Niente di medico o scientifico, ma semplicemente qualche chiarimento, controindicazione e modo d’uso proposte con leggerezza e semplicità. Un opuscoletto a fascicoli creato da un giocatore trentenne che è entrato nella fase genitore protettivo ma che non dimentica la bellezza e le emozioni che si possono vivere interagendo con i videogame. Solo consigli, nessun dogma o precetto. Articoli che consiglio di leggere insieme a genitori, parenti, amici o chiunque non conosca a fondo i videogiochi.
Nel primo numero di questa rubrica approfondiamo uno strumento molto sottovalutato e ignorato da chi compra i giochi ma che da solo può aiutare a far arrivare nelle mani dei giocatori i contenuti più adatti alla loro età: Il PEGI. Questa abbreviazione per Pan European Game Information indica di un sistema di classificazione europeo dei videogiochi in base ai contenuti presenti in esso. Questa classificazione non indica la difficoltà del gioco in sé ma tiene conto dell’intera esperienza anche dal punto dei contenuti. Come accade per i programmi televisivi questo, indica prodotti sconsigliati ai minori, ma possiede il vantaggio di essere diviso in fasce d’età più scaglionate.
Il grande pregio di questa classificazione è che il PEGI aiuta i genitori e giocatori a scegliere il prodotto adatto anche se non conoscono i videogiochi ed evitare il rischio di mettere in mano al proprio figlio o amico un titolo dai contenuti inappropriati. Ovviamente si può scegliere di essere elastici con i propri figli/parenti: un gioco PEGI 12 dato ad un undicenne non è un dramma; allo stesso modo un ragazzino che dimostra di avere una maturità tale da dargli fiducia per un gioco più maturo non sarà di certo un problema. Il PEGI non è una legge, ma un guida. Non lo si può considerare alla stregua del divieto di vendere alcolici e sigarette ai minori, ma è un sistema che permette a chiunque di affrontare l’acquisto di un gioco con maggiore serenità e consapevolezza.
E se un figlio richiede per forza un gioco non adatto alla sua età? Sta al singolo genitore applicare il proprio modello educativo e scegliere se cedere alle richieste o meno. Di certo non ci si può aspettare, ad esempio, che un commesso di un negozio si attenga a questa classificazione che non rappresenta, lo ribadiamo, un divieto a norma di legge. Da giocatore, consiglio anche ai giocatori più giovani di leggere questo articolo per capire che non tutti i giochi sono adatti a tutti e una proibizione non è una punizione.
Esistono cinque diverse fasce d’età, dal PEGI 3 (che indica un gioco praticamente adatto a tutti) fino al PEGI 18, che indicano l’età minima per poter usare quel videogioco. Il simbolo del PEGI di solito è nell’angolo in basso a sinistra della copertina, così come mostra l’immagine qui di seguito.
Ecco un breve esplicativo di ciò che comporta la presenza di ognuno dei simboli del PEGI.
PEGI 3: Si tratta di un gioco senza volgarità, nudità e sangue. Nei giochi di questa categoria la violenza è praticamente nulla o comunque irrealistica e delicata. Esempi: il recente Yoshi’s Crafted World, F1 2018, FIFA 2018.
PEGI 7: Rispetto ai PEGI 3 possono contenere violenze non realistiche contro personaggi con fattezze non umane e/o umane non dettagliate (tipo far esplodere veicoli). Anche qui nessuna volgarità, né nudità a sfondo sessuale. Esempio di PEGI 7 sono tutti i giochi LEGO, Pokémon Let’s Go e Minecraft.
PEGI 12: In questa categoria rientrano molti giochi poiché la sola presenza di una parolaccia o una imprecazione anche lieve fa scattare questo tipo di classificazione. Questi videogiochi possono presentare anche scene di violenza più esplicita, ma comunque senza sangue, o nudità e riferimenti sessuali, in entrambi i casi solo accennati. Esempi sono Kingdom Hearts III, The Sims 4, Ni No Kuni II.
PEGI 16: In questa categoria si classificano tutti i giochi nei quali è presente violenza tra umani e in attività sportive (il wrestling per esempio). Il sangue è presente anche se in misura moderata e mai eccessivamente cruenta oppure spaventosa. Anche il linguaggio è molto più colorito e i temi trattati sono più complessi e possono comprendere droghe o alcool. Esempi sono i titoli WWE, Marvel Spider-Man, Anthem o Dead or Alive 6.
PEGI 18: La classificazione ultima dei videogiochi è quella con temi più maturi e molto scene violente e cruente. Si possono trovare scene crude che possono disturbare e impressionare l’utente e scene dalla sessualità esplicita. Esempi di questa ampia categoria sono Grand Theft Auto V (GTA V), Red Dead Redemption II e Resident Evil 2.
Per capire meglio quali contenuti sono presenti, il sistema del PEGI aggiunge anche altre informazioni accessorie attraverso una serie di altri simboli secondari che appaiono nel retro della copertina. Queste icone indicano in maniera specifica alcune macro tematiche presenti nel gioco. Una specie di piccolo allarme aggiuntivo. Nella lista che segue trovate tutte le informazioni in dettagli sul significato di ogni simbolo.
Tra le novità introdotte molto di recente c’è il logo delle così dette microtransazioni o acquisti in-game che tratteremo in maniera approfondita in un altro numero di questa rubirca.
Su alcuni giochi commercializzati, soprattutto quelli usati, possono esserci simboli diversi da quelli visti finora. Nello specifico c’è una classficazione chiamata ESRB che tuttavia segue le stesse linee guida del PEGI. Sempre cinque categorie progressive con pochissime variazioni di età e l’aggiunta di alcune brevi descrizioni riassuntive. Il corrispettivo è presto fatto
Anche sugli store digitali è presente la classificazione PEGI, ma spesso ne negozi online la posizione del bollino PEGI non è sempre subito visibile e occorre navigare nella pagina del gioco per trovarla. In rete tuttavia c’è bisogno di essere più attenti e pratici sui permessi e blocchi di acquisto dei giochi per evitare che certe fasce d’età di utenti possano accedere a giochi che non seguono il PEGI. Nei prossimi appuntamenti parleremo anche di come gestire e impostare questo tipo di blocco sulle varie console.
Ribadisco ancora una volta il concetto importante che Il PEGI non è una legge, ma una guida ad una scelta consapevole. Come quando si guarda un film o si acquista un giocattolo bisogna essere coscienti dell’oggetto che si sta acquistando. Questo serve anche a evitare di trovarsi scandalizzati per i contenuti e gridare la propria indignazione per i “giochi violenti”. I videogiochi sono mezzi, strumenti e sta agli utenti scegliere quali usare o lasciare sullo scaffale o nel negozio digitale.
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Dovrei far leggere (ma non basterebbe) questo articolo a mia madre, che a 25 anni vorrebbe vedermi comprare solo party game.
Sbaglio o in alcuni paesi del Nord Europa il PEGI è davvero legge?
Comunque ne arriveranno altri su questa falsa riga.
Non so se il PEGI in alcuni paesi è legge, ma forse dovrebbe esserlo. Purtroppo si finirebbe come con le sigarette (vendute a tutti o comprate ai minori da terze persone) o addirittura peggio perché sarebbe vista come una censura. Bisogna che resti così per me, ma con più sensibilizzazione e consapevolezza di genitori e amici sull'argomento.
Piccola storiella. Gioco a Red Dead II. Entra un ragazzino mentre sto sparando. Scappo dalla sparatoria esordendo con un "Non è così che doveva finire. Sto agendo con nella legalità e questo è un male".
Non lo avrò convinto del tutto, ma almeno ci ho provato a fare vedere la parte pulita del gioco.