Eccoci arrivati al terzo capitolo della rubrica sull’accessibilità di Gameplay Café. Dopo i primi due, che hanno trattato di difficoltà visive e uditive, nell’articolo di oggi è mia intenzione concentrarmi sulle problematiche motorie che, se tralasciate, possono trasformare i videogiochi in un elemento di frustrazione, di fatto impedendo a chiunque risenta di una condizione, anche non patologica, di vivere il proprio passatempo preferito senza fatica o dolore.

Il campo delle possibili soluzioni si sposta in buona parte al di fuori del design del gioco stesso, concentrandosi sulle periferiche tramite le quali interagiamo con gli elementi a schermo. La gestione dell’interfaccia utente rimane centrale nell’argomento, ma le configurazioni dei joystick, siano essi quelli normalmente disponibili sul mercato, anziché dispositivi creati per far fronte a specifiche esigenze, diventa fondamentale nel corretto approccio alla questione.

Alcuni esempi di impedimenti motori si traducono in ostacoli temporanei o continui: da lesioni incidentali ad artriti, tendiniti e malattie croniche come il Parkinson, o patologie neuromuscolari come la distrofia. Per quanto possa essere complesso fornire una risposta adeguata alle differenti casistiche, come accennato nei precedenti articoli, è compito dell’industria prodigarsi nel trovare idee il più possibile al passo con le necessità dei membri della community.

Situazioni in cui non è la ricezione del segnale da parte dell’utente a mostrarsi complessa, quanto la sua comunicazione al software

A tale scopo, è fondamentale che l’interfaccia utente risulti facilmente raggiungibile, permettendo al giocatore di accedervi tramite gli stessi tasti che vengono impiegati per il gameplay. Se l’intenzione è quella di permettere a chiunque una personalizzazione delle impostazioni fondamentali, è centrale che proprio questa azione risulti il più semplice possibile.

Di conseguenza non si può non citare la rimappatura dei tasti, utile o semplicemente gradevole in alcuni casi, che diventa però fondamentale per coloro che sono impossibilitati al raggiungimento o alla pressione dei pulsanti di base. La questione assume importanza ancora maggiore per le console, data la forma dei controller oggi presenti sul mercato. Ogni titolo dovrebbe mirare a una gestione dei tasti il più personalizzabile possibile, in modo da venire incontro alle necessità dell’individuo. Alcune soluzioni sono già presenti, come la presenza di una serie di schemi predefiniti tra cui navigare, ma questo è solo un passo verso la totale libertà del giocatore.

Il menù Accessibilità di Playstation 4 offre la possibilità di una rimappatura generale dei tasti del Dualshock, punto da lodare ma difficile da applicare con costanza, poichè a ogni cambio di gioco sarebbe necessaria una conseguente modifica alle opzioni precedenti. In un mondo utopico avremmo dei picchiaduro con uno schema comandi variabile in modo differente per ogni singolo lottatore. Chiaramente una sfida di design complessa per gli sviluppatori, che però in un futuro forse non eccessivamente lontano potremmo veder realizzata.

Data la possibile difficoltà di giocatori affetti da Parkinson, o con una presa non troppo salda, di tenere in mano il controller, anche la vibrazione e la funzionalità giroscopio di un pad dovrebbero poter essere disattivabili, e nessuna meccanica dovrebbe affidarsi unicamente a segnali di questo tipo. La velocità della visuale è bene che sia gestibile dal giocatore quanto più possibile, e questa opzione è già presente nella maggior parte dei giochi odierni.

Quando presenti, i Quick Time Event, le sessioni di gioco dove viene richiesta la pressione a tempo o ripetutamente di specifici tasti, dovrebbero poter essere automatizzati, soluzione già applicata nell’ultimo Spiderman di Insomniac Games. Pur rimanendo un titolo sostanzialmente inaccessibile a persone con determinate complicazioni motorie, sotto questo aspetto funge da ottimo esempio per la direzione che le case di sviluppo dovrebbero intraprendere.

In quei prodotti che includono il touch screen nel proprio gameplay, la UI (User Interface) deve proporre elementi chiaramente distinguibili e ben separati sullo schermo, evitando un’eccessiva conglomerazione degli input.

Ritornando poi al discorso sui controller modificati appositamente per chi, per motivi più o meno gravi, ha difficoltà nell’interfacciarsi con quelli predefiniti, esistono già alcuni esempi proposti dalle grandi case o da terze parti: come già citato nel primo articolo di questa rubrica, l’Xbox Adaptive Controller presenta una pulsantiera più ampia, con i due tasti principali premibili anche con le braccia, oltre alla rimappabilità dei pulsanti e la possibilità di salvare vari profili predefiniti, per non dimenticare la compatibilità con numerosi altri accessori di gioco.

Nel tempo sono anche aumentate le disponibilità di controller che permettono di giocare con una sola mano, sia per console Sony che Microsoft, oltre alla creazione di dispostivi specifici come il Quadstick FPS. Quest’ultimo permette alle persone quadriplegiche di interagire con giochi Playstation 3, Playstation 4 e Nintendo Switch (oltre che Xbox attraverso l’implementazione di un altro dispositivo) tramite movimenti della bocca.

Numerose altre soluzioni nascono regolarmente, anche grazie ad appassionati che impiegano le proprie conoscenze di design e ingegneria

Un altro discorso fondamentale, che spero possa dar vita a una discussione interessante, è quello della difficoltà nei videogiochi. La scelta di quest’ultima non è sempre la soluzione migliore, poiché alcuni titoli fanno del proprio essere ostici un marchio di fabbrica. Tale decisione limita però inevitabilmente quelle persone che sarebbero magari in grado di godersi l’avventura a un ritmo di gioco più rilassato, che vengono però tagliate fuori dall’elevato sforzo richiesto in termini di riflessi e precisione. D’altro canto, inserire in Sekiro: Shadows Die Twice una modalità Facile ne avrebbe senz’ombra di dubbio snaturato lo scopo, privando molti giocatori della sensazione di vittoria e appagamento tipica dei videogiochi di Miyazaki. Il superamento della sfida è parte integrante dell’esperienza di gioco, e ricordo bene come con l’arrivo di Dark Souls, critica e pubblico si unirono nel plauso di un ritorno all’epoca dei videogiochi complessi, dove non era più sufficiente godersi la storia, ma sudare e imprecare mettevano a dura prova la pazienza dell’utente.

Quindi la difficoltà diviene parte della visione di design del game director, che la pone come accento del gioco stesso. Dove viene tracciata quindi la linea tra il lecito mantenimento di tale scelta e il completo abbandono dei giocatori con disabilità? Probabilmente non esiste una risposta definitiva ma forse si potrebbe pensare ad alcune soluzioni che diminuiscano la distanza tra queste due realtà. Magari l’inserimento di una modalità più semplice potrebbe arrivare dopo un certo periodo dal lancio? Giocare Bloodborne in una fantomatica “easy mode” magari a un anno dalla sua uscita, inficerebbe sull’opinione pubblica riguardo lo status del progetto? Le mie sono solamente speculazioni, ma fateci sapere la vostra opinione a riguardo.

Come di consueto, chiudo questo pezzo citando alcuni titoli che ben si presentano in termini di accessibilità motoria.

The Last of Us 2 è presente per la terza volta in questi esempi, dimostrandosi, come già sottolineato in precedenza, uno dei giochi maggiormente accessibili degli ultimi anni. Le opzioni per chi soffre di impedimenti motori sono le seguenti:

  • possibilità di attivare la mira automatica sui nemici
  • cambio delle armi automatico
  • raccolta degli oggetti automatica
  • attivazione del camera assist
  • assistenza per navigazione ed esplorazione
  • respiro infinito
  • possibilità di sostituire la pressione ripetuta dei tasti con una pressione continua
  • possibilità di effettuare le combo a mani nude mantenendo la pressione del tasto
  • disattivazione dell’ondeggiamento arma
  • possibilità di saltare gli enigmi
  • ulteriori modifiche nel menù di accessibilità di combattimento

The Outer Worlds, di Obsidian Entertainment, si trova in un’ottima posizione secondo la recensione di DAGERSystem, garantendo un’esperienza sostanzialmente senza barriere:

  • difficoltà personalizzabile
  • quattro differenti preset di tasti
  • mira assistita che segue i nemici anche in movimento, che offre la possibilità di non dover costantemente mirare
  • attivazione dello slow motion per individuare i punti deboli
  • possibilità di saltare i combattimenti in caso si fossero investiti un numero sufficiente di punti abilità nelle competenze di dialogo

Borderlands 3 è un altro ottimo candidato, nonostante le apparenze potrebbero mostrarlo come un gioco particolarmente veloce, che richieda ottimi riflessi e una buona mira. Anche i titoli precedenti della serie si ponevano come particolarmente attenti alle necessità delle persone con disabilità, e l’ultimo capitolo risulta accessibile anche dal punto di analisi visivo e uditivo. Il titolo presenta:

  • rimappatura completa dei tasti del controller
  • la meccanica per cui una volta a terra sarà sufficiente distruggere uno scudo o uccidere un nemico per tornare in piedi facilita il gameplay
  • il numero di Cacciatori della Cripta e gli alberi abilità stratificati offrono ai giocatori numerose scelte di gameplay
  • le modalità di fuoco alternato sulle armi garantiscono un approccio diversificato, potendo così sfruttare diversi elementi d’attacco

Chiudo così anche questa terza parte della rubrica, rimandandovi al prossimo e ultimo episodio dedicato all’accessibilità che tratterà le problematiche cognitive. Per tutti gli altri, vi aspettiamo su Facebook oppure sul nostro gruppo Telegram!

Lorenzo Arduino

Mi pongo l'obiettivo di sviluppare una critica concreta nei confronti di tutto ciò che riguarda il mondo videloudico, dal game design alla scrittura, dall'accessibilità al mercato, fino al significato e alle influenze che il medium riesce a portare nel mondo di oggi

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