Monografia

Il viaggio di Monolith Soft: da Final Fantasy a Xenoblade – Parte 2

Nella prima parte della storia di Monolith Soft (che trovate sulle nostre pagine) si sono conosciute le origini degli uomini che hanno creato la software house e le loro esperienze pregresse in SquareSoft e l’inizio del sodalizio. Sono stati ricordati i due grandi progetti di saghe – Xenogears e Xenosaga – la creazione della loro aura di capolavori e i loro problemi di sviluppo futuro che hanno portato ad alcuni passi falsi e un periodo di insuccessi e insicurezza. In quei primi anni 2000 la situazione per il team di Takahashi era complessa, ma la fortuna aiuta gli audaci e i lungimiranti, come vedremo.

Il piano B… come Baten Kaitos

Xenosaga era stato un progetto complesso che aveva finito per apparire al di sotto delle aspettative. Per fortuna c’era il piano B. Takahashi e il suo staff dirigenziale avevano fatto tesoro dell’esperienza in Squaresoft e, onde evitare di dover investire troppo tempo nella formazione delle nuove leve, parallelamente allo sviluppo di Xenosaga occupò il gruppo più giovane dei loro sviluppatori in alcuni progetti paralleli “di formazione”. Tra questi apparve una perla spesso dimenticata (e che rappresenta il mio primo contatto con Monolith Soft, ndr): Baten Kaitos: Le Ali Eterne e l’Oceano Perduto. Il gioco venne sviluppato in collaborazione con il team Tri-Crescendo. A Monolith toccò la trama e il design degli scenari con Yasuyuki Honne alla guida del progetto.

Questo peculiare RPG con turni a tempo e mosse gestite da mazzi di carte da comporre venne pubblicato in esclusiva per Nintendo GameCube il 2 Dicembre 2003 per poi raggiungere l’Europa soltanto nel 2005 in concomitanza con l’annuncio dello sviluppo del seguito (o meglio per meglio dire del prequel) Baten Kaitos Origins. La scelta di approdare su GameCube non fu casuale ma strategica. Namco e Monolith scelsero il cubetto di Nintendo per la totale assenza di altri RPG nella lineup, il che permetteva di avere meno concorrenza e quindi più potenziali utenti. Purtroppo le speranze furono disattese. La critica apprezzò il prodotto finale, ma le vendite furono basse e l’intenzione iniziale di rendere Baten Kaitos una serie longeva iniziarono a perdere di consistenza. La distribuzione di Origins si fermò al Nord America e venne cancellato il progetto di un capitolo per Nintendo DS.

Monolith dopo Xenosaga era in crisi. Nintendo fu un ancora d’incoraggiamento.

Tuttavia questo ritorno trasversale nella sfera d‘azione di Nintendo fu un altro grande momento di svolta per Monolith Soft, forse il più importante della sua storia. Nintendo dimostrò di credere fortemente nella qualità dello studio al punto che Satoru Iwata propose nel 2003 a Honne di iniziare a su un nuovo capitolo del brand Mother (EarthBound) per GameCube. Il progetto naufragò quasi subito perché il creatore originale della serie, Shigesato Itoi, non fu convinto dal concept proposto, ma non spezzò l’entusiasmo della collaborazione.

Baten Kaitos fu la chiave per aprire a Monolith Soft la porta verso una prolifica produzione per console Nintendo. Takahashi e il suo team ebbero perfino l’occasione di riproporre in versione remake su Nintendo DS Xenosaga I & II nel 2006 a poca distanza temporale dal terzo capitolo dei saga. Il motore era avviato, la macchina era in moto. Monolith e Nintendo stavano per correre insieme.

Il sogno dei giganti nel momento di crisi

Il 2006 fu proprio l’anno della grande svolta. In quel periodo, come abbiamo già accennato, gli uomini e le donne di Monolith Soft conobbero lo stress delle enormi fatiche dei progetti sviluppati e la delusione dei risultati finanziari poco esaltanti nonostante la qualità proposta. Nello stesso periodo Namco venne assorbita da Bandai – diventando Namco Bandai – e avvenne un’importante rivoluzione nell’organigramma del producer con cambi al vertice. I risultati economici portati da Monolith Soft non erano incoraggianti e non c’erano di certo le condizioni affinché il nuovo gruppo vedesse di buon occhio la squadra di Takahashi. Di contro lo studio percepiva la possibilità di perdere il controllo creativo sul suo lavoro ancor più di quanto successo con Xenosaga II. C’era di che scoraggiarsi, il futuro era molto incerto.

Eppure la testa del energico Takahashi era ancora in pieno ritmo e le idee da voler immettere nel suo filone “xeno” erano tutt’altro che terminate. Gli Xeno non erano finiti. In quel periodo lo sviluppatore stava già immaginando un’epica battaglia tra due giganti che morivano in combattimento e di civiltà che si sviluppano sui loro corpi. L’idea ebbe effetto dirompente nello studio. Yasuyuki Honne, mentre ancora era impegnato nello sviluppo di Baten Kaitos, iniziò a creare materialmente il modello fisico dei due titani in lotta e vennero cercati già i punti migliori per posizionare le popolazioni. Ma i tempi non erano ancora maturi. Di cose ne sarebbero dovute avvenire prima che questa idea prendesse forma in un titolo. In quegli anni Monolith ricevette un inaspettato incoraggiamento esterno. Fu Nintendo nella figura di uno dei suoi manager dell’epoca, Shinji Hatano, che spinse il team a non lasciare che i risultati negativi di Xenosaga li fermassero dal produrre nuove esperienze creative.

ll modello originale dei giganti Bionis e Mechanis realizzato da Honne su idea di Takahashi.

In effetti il 2006 fu un anno importante anche per Nintendo. Alla fine di quell’anno aveva messo in commercio Nintendo Wii ed era alla ricerca di nuovi studi che potessero lavorare a progetti per riempire la lineup. Uno dei generi sui quali gli studi di Kyoto aveva lavorato di meno e aveva meno esperienza erano proprio gli RPG. Lo studio di Takahashi avrebbe riempito questo vuoto proponendo la sua peculiare visione dei giochi di ruolo giapponesi. Il passo successivo fu quasi naturale. Il 27 aprile 2007 Nintendo acquistò l’80% di Monolith Soft diventando azionista di maggioranza. Il 16% rimase in mano al Namco Bandai e il restante 4% fu ripartito tra i fondatori originali. Questo fu l’inizio del percorso odierno di Monolith, quello di sviluppatore esclusivo di Nintendo. L’inizio della ritrovata libertà e fiducia.

I primi titoli nati da questo sodalizio arrivarono nel 2008: Soma Bringer – progetto di Soraya Saga – e Super Robot Wars OG Saga: Endless Frontier, entrambi esclusivi per Nintendo DS, ai quali si aggiunse Disaster: Day of Crisis per Nintendo Wii, che rappresentò anche la sperimentazione del genere action fino a quel momento poco esplorato. Piccoli progetti che servirono probabilmente a rodare il sodalizio con Nintendo. Il team collaborò anche in minima parte alla creazione di altri titoli (Super Smash Bros. Brawl) ma senza clamori e proclami. Ma la vera perla di Monolith e di Wii era in procinto di emergere.

Il successo di Xenoblade

L’idea dei giganti morti colonizzati alla quale Takahashi pensava da tempo, passo dopo passo, prese sempre più corpo tramutandosi in una nuova proprietà intellettuale. Quel progetto nato nel 2005 divenne realtà cinque anni dopo. Nintendo diede carta bianca a Takahashi sulla realizzazione. Fu la boccata d’ossigeno che fece ritornare ai grandi fasti Monolith. Il titolo venne presentato per la prima volta al pubblico durante E3 2009 con il nome Monado: The Beginning of the World. Il 10 Giugno 2010 fu il giorno scelto per pubblicarlo con il nome di Xenoblade Chronicles. Il titolo andò a comporre quello che è considerato un trio di titoli epocali che hanno chiuso il ciclo di Wii in maniera eccelsa. Oltre a Xeno, il gruppo di videogiochi comprendeva Pandora’s Tower e The Last Story.

Una piccola curiosità. Il terzetto di titoli inizialmente non avrebbe dovuto raggiungere l’America, solo Giappone ed Europa. Fu promosso una famosa campagna denominata Operation Rainfall, organizzata dai fan dei JPRG nel forum di IGN.com, che convincere Nintendo of America a localizzare i tre giochi.

La strabiliante trama di Xenoblade Chronicles fu l’ennesima rappresentazione degli studi filosofici e teologici di Takahashi e Saga. L’apparente iniziale tema della lotta tra il bene e il male e il sentimento di vendetta si evolvono in una missione di riscatto e integrazione razziale molto strutturata con vistosi rimandi a temi religiosi e sociali. Xenoblade Chronicles aveva dalla sua anche un gameplay che abbandonava i turni per creare battaglie in tempo reale ma comunque legate ad alcuni canoni del genere: un mix ottimo ancora oggi che ha dettato il canone per la saga. L’ambientazione e i paesaggi offrivano un maestoso colpo d’occhio dal quale ancora oggi e difficile non farsi rapire. I suoi personaggi, pur di matrice stilistica chiaramente nipponica, avevano un design perfetto anche per raccogliere consensi nei giocatori occidentali meno inclini allo stile giapponese. A livello tecnico fu la massima espressione della potenza di elaborazione di Nintendo Wii, di certo non la console più potente della sua epoca.

La schermata del titolo di Xenoblade Chronicles, con la sua transizione di luce naturale, è pura poesia.

I vari elementi del gioco avevano un’alchimia perfetta. Xenoblade Chronicles rappresentò per molti il JRPG della sua generazione (Wii, PlayStation 3, Xbox 360) permettendosi il lusso di primeggiare davanti a serie storiche dell’industria. Con Xenoblade Chronicles la stella di Monolith Soft si levò alta nel firmamento di Nintendo, al punto che l’azienda decise nel 2011 di rilevare tutte le quote restanti del team di Takahashi da Namco Bandai rendendolo a tutti gli effetti un secondo party esclusivo e donando loro tutta la libertà di cui avevano bisogno per dare sfogo alla loro creatività.

Un Cross occidentale e multigiocatore

Ci vollero altri cinque anni perché Monlith Soft, forte del successo del primo Xeno su Wii, tornasse a proporre al grande pubblico un nuovo progetto. Anni nei quali poté collaborare con Nintendo allo sviluppo di altri videogiochi come The Legend of Zelda: Skyward Sword, Pikmin 3 e Splatoon con livelli di partecipazione diversa, diventando un alleato indispensabile per la fase di transizione e ristrutturazione aziendale che avvenne nel periodo a cavallo di Wii U. Lo sviluppo del successivo Xenoblade mostrò la volontà di sperimentare di Monolith.

Il primo trailer del nuovo progetto a tema Xeno venne presentato a E3 2013 con il nome in codice di X. Il titolo si prefissava di essere una mastodontica esperienza open world votata all’esplorazione. Il trailer prometteva grandi cose anche a livello grafico con un livello di dettaglio mai visto su una console Nintendo. X fu infatti il primo progetto di Monolith in alta definizione. Purtroppo il team dovette fare i conti con i compromessi e i limiti tecnici di Wii U. Il loro tentativo di proporre un gioco da esplorare in libertà senza caricamente tra una zona e un’altra necessitò di un downgrade grafico in corso di sviluppo che fu ampiamente visibile nei successivi trailer che tuttavia non ne minarono eccessivamente l’immagine finale.

Xenoblade Chronicles X (da leggersi “cross” e non “ics”) venne pubblicato su Nintendo Wii U il 29 aprile 2015 in Giappone e il 4 dicembre dello stesso anno in Europa. Non fu un sequel diretto e presentava solo minimi punti di contatto con il primo Blade. Il passaggio da un titolo completamente guidato dalla trama ad uno con una maggiore libertà d’azione nello scenario fu una rivoluzione non compresa da alcuni poiché penalizzava la narrativa, pilastro della produzione di Monolith. La scelta di avere un editor per il personaggio principale e in generale un character design, una lore e una sound track molto più orientata verso il mercato d’Occidente trovò meno consensi nel pubblico di quanti previsti. Venne ampliato e migliorato il sistema di combattimento (che parve anche un po’ più intricato) e vennero riproposti i mech come veicoli da guidare e da usare in battaglia, retaggio delle vecchie saghe Xeno. Ci fu anche una piccola porzione dedicata al multiplayer online che tuttavia ebbe pochissimo impatto sull’economia del gioco.

Uno degli artwork di una nuova I.P. che Monolith non ha ancora realizzato. Iniziamo a fantasticare.

La critica premiò il lavoro di rivoluzione operato da Takahashi, a differenza di quello fatto con il secondo Xenosaga, dimostrando al team che la direzione era giusta e la maturità era raggiunta. Purtroppo, però, il paragone con il predecessore fu impari e le vendite non corrisposero alle attese soprattutto a causa della scarsa popolarità e diffusione sul mercato di Nintendo Wii U. Xenoblade Chronicles X non fu un fiasco, ma non ebbe la risonanza che meritava. 

Xenoblade Chronicles 2 e il futuro

E arriviamo infine a Xenoblade Chronicles 2 pubblicato nel 2017 Nintendo Switch. Ancora un cambio di gameplay, con l’inserimento di esseri di accompagnamento ai personaggi tipo famigli e uno stile spiccatamente giapponese dei personaggi. La narrativa di Xenoblade Chronicles 2 è stata caratterizzata da temi e situazioni comiche quasi grottesche che sono andata via via a sfociare verso una seconda parte molto più vicina alla visione di Takahashi. Il 2 nel testo non rappresenta un sequel, ma più che altro una storia che ha un collegamento diretto con il primo capitolo permettendo comunque di essere goduto anche senza conoscere le esperienze passate (potete trovare la recensione di Xenoblade Chronicles 2 su Gameplay Cafè). Una piccola magia di scrittura davvero geniale.

Riassumendo cosa è stato fin qui il percorso di questo team si può dire che Monolith Soft è mecha, filosofia e spiritualità. Monolith Soft è narrativa complessa e JRPG che hanno segnato la storia dei videogiochi. Monolith è Takahashi e Saga, ma anche tutti gli altri uomini e donne che hanno partecipato alla creazione dei loro sogni. Xenoblade Chronicles: Definitive Edition su Switch è un passaggio utile oggi per parlare domani di qualcosa di nuovo.

Quale sarà il futuro? Monolith da tempo ha in mente un titolo ad ambientazione medievale con draghi e cavalieri (di cui sono apparsi solo artwork) e forse un nuovo titolo principale della saga di Xenoblade – io punto su X-2 – e intanto sta collaborando allo sviluppo di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. E ha aperto un nuovo studio a Shinigawa. Il futuro di Monolith Soft, grazie alla fiducia di Nintendo, si preannuncia denso di opportunità. La maturità è raggiunta, la fiducia è consolidata, le possibilità sono tante. Il team nato come una costola ribelle di Squaresoft oggi è grande e parla una lingua che il pubblico apprezza. Con Nintendo ha raggiunto un rapporto di simbiosi pressoché perfetto: Monolith ha riempito una lacuna del colosso nipponico con la propria esperienza di JRPG e la sua matrice di videogiochi maturi; Nintendo invece ha offerto a Takahashi e soci la stabilità e fiducia per poter dare vita e corpo alle loro più idee geniali.

Francesco Pagano

Dalla sua Mansion nel Sannio ha percorso l'universo in Tuta Phazon, visitando regni brulicanti di Koopa e Pietre Sheikah. Cinema, borad game e birra artigianale le altre passioni.

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