I giochi di ruolo puntano a far immedesimare il giocatore con il corrispettivo avatar, spesso concedendone la personalizzazione estetica pressoché totale. Tuttavia, esiste una scuola di pensiero diametralmente opposta: laddove viene narrata una storia principale dal carattere intimo, ossia che parli di questioni personali, la presenza di un protagonista immutabile è praticamente imprescindibile. Se Geralt di Rivia non fosse come lo conosciamo, riusciremmo comunque ad emozionarci per la sua storia?
È lecito domandarsi come l’amato cacciatore di mostri, nato dalla penna di Sapkowski e caratterizzato in molteplici libri fantasy, possa prestarsi al volere del giocatore senza che ne venga intaccato il carisma. Probabilmente sono ben pochi coloro che hanno letto le avventure di Geralt, famose principalmente in Polonia: per tutti gli altri Geralt è come una tela bianca su cui tracciare i lineamenti di una determinata personalità. Inoltre, gli RPG targati CD Projekt RED hanno sempre conservato una natura alquanto peculiare. A differenza di esempi canonici, la casa di sviluppo polacca non è solita imbastire un sistema di fazioni che possa innescare la sequela di scelte da parte del giocatore. Nel terzo capitolo, indubbiamente il coronamento dell’intera serie, lo scenario sociopolitico è meramente lo sfondo di una manciata di missioni secondarie. I finali alternativi del gioco, per ciò che concerne il destino di Geralt, possono essere ottenuti grazie alle opzioni scelte durante una manciata di dialoghi dal carattere squisitamente personale.
Cyberpunk 2077 richiederà la personalizzazione totale del protagonista, incluso il background
Questa impostazione atipica non sembra essere quella adottata per il nuovo ed attesissimo Cyberpunk 2077. In quel caso, ricalcando il manuale del gioco di ruolo carta e penna Cyberpunk 2020 di Mike Pondsmith (coinvolto in prima persona nello sviluppo), sarà richiesta la personalizzazione totale del protagonista. Questa includerà anche il background personale: esperienze pregresse, motivazioni ed eventi significativi dovranno essere scelti da una lista. Ciò consentirà di iniziare la partita con un determinato set di abilità: la complessità prettamente numerica delle statistiche sembra essere un’altra novità per CD Projekt RED. Il lungo trailer di gameplay mostrato quasi un anno fa lasciava persino intravedere a schermo l’entità dei danni perpetrati agli avversari in tempo reale. Potrà mai il nostro samurai possedere il medesimo carisma di Geralt? Saremo appassionati dalle sue vicissitudini personali, oppure sarà il contorno, ossia il mondo di gioco, a risucchiarci in un vortice distopico? Riusciremo a riconoscere il marchio distintivo della casa di sviluppo polacca? In altre parole: sarà Cyberpunk 2077 un’opera intimamente story-driven secondo il canone di The Witcher 3? Se cosi non dovesse essere, il cambiamento risulterebbe ancor più radicale del passaggio dalla terza alla prima persona.
La trilogia di Mass Effect è cosi saldamente ancorata alla figura del Comandante Sheppard da far dimenticare a molti la possibilità di cambiare il celeberrimo avatar predefinito. La caratterizzazione del personaggio si presta in maniera sorprendentemente flessibile alla dicotomia eroe-rinnegato. Le scelte proposte durante le missioni di gioco portano infatti a diversi sviluppi credibili per il personaggio, il quale riesce a risultare iconico a dispetto della sua natura ruolistica. L’impostazione della saga fantascientifica di Bioware dunque si presenta come un compromesso fra le tradizioni della casa di sviluppo canadese ed un’impostazione da TPS con componenti action. È sempre all’insegna del compromesso che il gameplay affianca la pausa tattica con le classiche meccaniche di shooting. Pertanto, al fine di discutere l’identità più tradizionale di Bioware, è necessario discutere della saga di Dragon Age, la quale, escluso il più recente Inquisition che accoglieva anch’esso un sistema di combattimento in tempo reale, ha conservato in larga parte un’impostazione più classica. In questo contesto la creazione del personaggio invoca un sistema di classi e tipologie di personaggi che influenza il gameplay in maniera più massiccia di quanto i prodotti ibridi RPG-action non concedano. L’eccezione che conferma tale regola è rappresentata dai Souls.
Nei souls il personaggio è interamente personalizzabile per esigenze di gameplay, non di storia
Nei giochi partoriti dalla mente di Hidetaka Mihazaki il personaggio è interamente personalizzabile e la difficoltà elevata impone lo sfruttamento intelligente dei punti di forza della classe di personaggi scelta. D’altra parte è noto che la trama dei titoli From Software sia nascosta ed emergente: per i cultori del gameplay è persino possibile ignorarne completamente la presenza.
Tornando ai giochi fantasy Bioware, questi sono basati sulla meccanica del party, ovvero il protagonista personalizzabile rientra in un gruppo interamente controllabile dal giocatore e fatto di personaggi preconfezionati. Spesso le questline legate a ciascuno di essi godono della medesima cura della storia principale e, in qualche caso, è possibile affezionarsi più a questi comprimari scriptati che non al protagonista modellato a piacimento. Tale impostazione, caratterizzata dunque da molteplici protagonisti, presenta anche un’altra variante. In anni molto recenti Larian Studios ha confezionato una coppia di RPG estremamente classici ed estremamente moderni al tempo stesso: i due capitoli di Divinity Original Sin. Tralasciando una discussione critica approfondita, la quale è stata già affrontata nella nostra recensione, si può evidenziare come la scrittura sopraffina dello studio, originariamente basato a Ghent in Belgio, tenti di lasciare un’immensa libertà ludica nelle mani del giocatore pur tentando di catturare la sua attenzione attraverso la narrazione delle vicissitudini di una serie di potenziali protagonisti. Infatti il gioco, volontariamente ostico in termini di livello di sfida, consiglia al giocatore di scegliere il proprio avatar tra una serie di opzioni predefinite. Ciascuna di esse, qualora non selezionata, è comunque inclusa nel gioco nella veste di comprimario del party.
Nonostante i molteplici esempi citati poc’anzi, non è ancora chiaro se l’aggettivo story-driven, applicato ad un RPG, e la personalizzazione del protagonista siano mutuamente esclusivi. Un argomento in favore di tale ipotesi è sostenuto da Bethesda. I The Elder Scrolls ed i Fallout concedono la personalizzazione totale del protagonista e, coerentemente, non fondano la propria immersività sulla storia principale. Spesso infatti il canovaccio narrativo non costituisce che una generica rappresentazione dell’immaginario fantasy e post-apocalittico, rispettivamente. Ciò che realmente attrae il giocatore è la sensazione che in ogni pertugio ci sia qualcosa da scoprire. Anche il mondo di gioco è reattivo nei confronti delle azioni compiute e delle decisioni prese: attraverso il sistema di fazioni e gilde si creano ambienti amichevoli ed altri ostili. Questa impalcatura ludica non beneficerebbe dall’avere un protagonista predefinito, vista anche la predilezione per la visuale in prima persona che, per definizione, è spersonalizzante.
In conclusione la ricetta dell’RPG moderno non è certamente univoca. Il carisma di un personaggio può essere bilanciato dal dinamismo del mondo di gioco. Indipendentemente da quale di questi due fattori venga privilegiato, però, gli elementi irrevocabilmente imprescindibili sono la qualità della scrittura e la profondità del gameplay. Del resto i giocatori vogliono compiere scelte significative, che abbiano conseguenze tangibili su ciò che li circondano. Altrimenti giocare di ruolo diverrebbe insignificante.
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Effettivamente la crescita di un avatar predefinito e ben scafato fa sempre un pò strano, anche se c'è sempre il workaround della perdita dei poteri o della memoria. In particolare, non ho trovato particolarmente brillante il continuo upgrade delle stesse armi e vestiario di Geralt
Si l'aspetto strettamente di ruolo non era il punto forte di TW3.
Mi piace molto come approfondimento e la chiarezza espositiva, soprattutto nell'elencare le varie tipologie di protagonisti nell'industria.
Personalmente credo che la personalizzazione del protagonista sia secondaria, nel senso che è subordinata al tipo di gioco che stai creando. In uno dove la narrazione è studiata al millimetro, interessante e mai banale come in The Witcher, hai la necessità di un eroe come Geralt che ha delle rigide connotazioni sia estetiche che morali che comunque permettono al giocatore di cambiare molto la storia. Questa caratterizzazione ridotta all'osso (taglio di capelli, vestiario e sfumature di trama) è ottimale per un gioco con una forte trama dove la storia conta più di ogni altra cosa e deve risaltare. (Tra l'altro anche in GTA spesso si segue questa linea, e anche i titoli Rockstar sono molto basati sulla narrazione)
L'approccio Bioware intermedio funziona perchè l'eroe è sempre e comunque Shephard, inteso come quel soldato con quel nome, che poi noi possiamo personalizzare esteticamente è un dettaglio, l'anima del personaggio è quella fissa che già ha deciso Bioware.
La libertà sfrenata di Fallout/Dark Souls/TES è per quei giochi che come dici, hanno una storia del tutto secondaria e si apprezzano per la possibilità di scelta e di personalizzazione della storia, basata sul roleplay sempre diverso in base a ciò che vogliamo essere, e quindi meno narrativa e più caciarona.
Infatti in TW3 avrei lasciato soltanto una limitata personalizzazione estetica, mentre avrei lasciato perdere completamente l'upgrade dell'armamentario
Secondo me anche quella estetica che va dalla spada allarmata è calzante, un po' come Breath of the wild in cui il personaggio iconico è Link anche se gli cambi equipaggiamento
Grazie Giuseppe! Si sono d'accordo: e' esattamente come dici. L'eccezione potrebbe essere Cyberpunk, perché' in quel caso CD Project RED deve fare un compromesso. Secondo me, a naso, CP2077 sarà più simile a TW3 di quanto non si ipotizza al momento.
Probabilmente la strada della libertà alla TES è quella che mi sembra più calzante al genere, o comunque quella più coerente e "pura". Però giustamente non è che debba per forza essere l'unico paradigma possibile e TW3 ha dimostrato che si può avere un protagonista forte pur mantenendo la personalizzazione.
Amen