Il Game Design della Metal Gear Saga: gadget, spionaggio e fantasia

Il game design è cambiato, parte 2

Game Design di gmg215

Gli strumenti disponibili nella Metal Gear Saga hanno sempre rappresentato un’occasione per diversificare, ramificare e moltiplicare le meccaniche che costituiscono il game design. Dopo aver analizzato l’importanza dell’ambiente nello stealth ideato da Hideo Kojima, passiamo alla discussione del ruolo degli oggetti di gioco.

Equipaggiamento

Kojima è attentissimo nel bilanciare trappole e soluzioni: quasi ogni situazione di pericolo può essere volta a proprio favore grazie ad un vasto arsenale di oggetti utili. Maggiore è la cura nella scelta del gadget giusto al momento giusto, minori sono i rischi di incappare in qualche guaio. Come esempio della prima ora è dovere citare le granate chaff: capaci di mettere fuori gioco le telecamere di sicurezza per un breve intervallo di tempo (e pure il nostro radar, causa jamming), permettono di superare agevolmente alcuni passaggi angusti. Nel caso ne fossimo sprovvisti, saremmo costretti a passare per il punto cieco sotto la telecamera stessa: una manovra delicata, più che lanciare una granata.

Ci vuole tempismo in Metal Gear Solid: i ritmi sono sempre incalzanti, scanditi dai brevi lassi del tragitto tra una copertura e l’altra e dai lunghi minuti passati nascosti, ad elaborare una strategia.

Essendo soggetto alla scelta del livello di difficoltà, il gioco non esige necessariamente strategie raffinate per essere completato. Tuttavia, la presenza di una vasta gamma di opzioni permette di personalizzare la sfida secondo i gusti del giocatore. Le maggiori soddisfazioni, ovviamente, sono riservate a coloro che rispettano il gioco attuandone tutte le meccaniche offerte: questi temerari sono le sole persone che hanno il privilegio di osservare Metal Gear Solid al suo massimo splendore.

L’infiltrazione di Shadow Moses nel primo Metal Gear Solid (MGS1) parte con un binocolo, un visore notturno, un visore ad infrarossi per rendere visibili le trappole laser (la sigaretta funziona ugualmente, ma fa calare la salute) ed un radar “soliton”.

Il Soliton è di fondamentale importanza per monitorare le posizioni dei nemici di ronda in quasi ogni momento di gioco: talvolta, giocando ai livelli di difficoltà più elevati, il gioco ci nega l’uso di questo vitale strumento e ciò comporta corpose complicazioni. Non a caso, il radar viene messo sistematicamente fuori causa durante le fasi di allerta e fuga, mentre viene ripristinato in fase di cautela, ossia quando abbiamo riguadagnato una posizione sicura. In Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty (MGS2) è necessario collegarsi ad un terminale in ogni singola mappa della Big Shell, al fine di acquisire la planimetria. Nei primi due capitoli l’assenza, momentanea o permanente, del radar comporta la sensazione di procedere alla cieca. La telecamera moderna, implementata a partire da Metal Gear Solid 3: Subsistence (riedizione di Metal Gear Solid 3: Snake Eater, MGS3), consente un campo visivo più largo ed agevole per l’esplorazione andando pertanto ad intaccare, seppur leggermente, il ruolo del radar. Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots (MGS4) non concede un vero e proprio radar, bensì fornisce un rilevatore di suoni associato al Solid Eye, il quale segnala la prossimità di entità mobili, sia persone che oggetti ed animali, e, come se non bastasse, è soggetto a scaricarsi con l’uso prolungato. Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain (MGS5) concede la facoltà di marcare i nemici, deviando ulteriormente l’attenzione del giocatore lontano dagli strumenti e verso l’azione in corso.

In Snake Eater viene introdotto formalmente il concetto di mimetizzazione. In ogni momento di gioco è possibile cambiare la geometria ed il colore della mimetica, nonché pitturare la faccia di Naked Snake, al fine di mimetizzarsi al meglio in un dato contesto: il grado di mimetizzazione, misurato in percentuale, viene visualizzato a schermo. Grazie a tale stratagemma, il concetto stesso di copertura diviene un tutt’uno con l’ambiente. Alcune mimetiche posseggono poteri speciali, in particolar modo quelle ottenute, a titolo di premio, a seguito di combattimenti coi boss risolte in modo non letale, ossia azzerando la stamina dell’avversario. Guns of The Patriots rende fluida la meccanica di mimetizzazione attraverso l’uso della Octo-Camo: una mimetica capace di riprodurre automaticamente (senza passare per l’inventario!)  i colori ed i motivi decorativi di una qualunque superfice su cui Old Snake rimanga appoggiato per qualche istante.

Dal punto di vista tecnico, Kojima dimostra così come l’hardware PlayStation 3 sia in grado di “mappare”, ovvero di proiettare, in tempo reale delle texture dalle superfici al corpo del protagonista.

Il già denso gameplay di MGS4 viene ulteriormente arricchito dall’introduzione del Metal Gear MK2: un piccolo robot mobile (con le sembianze del Rex, una delle infinite chicche del gioco) che possiamo guidare remotamente per compiere una ricognizione preliminare della mappa e, ad esempio, disinnescare eventuali mine disseminate dai nemici.

Recentemente, Sekiro, il nuovo gioco di From Software, ha (ri)portato alla ribalta l’ambizione di inglobare la morte nelle meccaniche di gioco e si vocifera che anche Death Stranding, nuova creatura di Kojima Productions, voglia stravolgere la nozione comune di game over. Tuttavia, oltre dieci anni fa, Snake Eater aveva offerto una soluzione elegante in proposito: inghiottendo la pillola della morte, Big Boss crolla a terra, innescando la schermata del fine partita; inghiottendo la pillola del risveglio entro una manciata di secondi, il giocatore può tornare in vita, cogliendo tutti di sorpresa. Mi vien da dire che si tratta di una versione raffinata del ketchup di MGS1!

The Phantom Pain introduce un elemento straordinario come il sistema di recupero Fulton per valorizzare il fatto che, fin da Sons of Liberty, i cadaveri non scompaiono e, pertanto, devono essere occultati. Il Fulton, una mini-mongolfiera dotata di propulsione verticale, consente di recuperare persone, animali e risorse reindirizzandoli alla Mother Base (lo sviluppo della base dei Diamond Dog è un altro elemento innovativo per la saga).

Ovviamente, l’operazione deve essere programmata con attenzione: i nemici non apprezzano la vista dei loro colleghi, morti o svenuti, attaccati ad un mega palloncino.

Onnipresente in tutti i capitoli è il codec: come scritto nello speciale già pubblicato qui su gameplay cafe, si tratta di un elemento iconico della saga. Strumento primariamente narrativo, poiché veicolo di informazioni vitali per la storia, questa ricetrasmittente è anche fonte di corpose digressioni sui temi più disparati. Poiché la gestione del codec è, in buona parte, a discrezione del giocatore, è possibile scegliere se usarlo per ricevere consigli, ascoltare voli pindarici, conoscere informazioni addizionali sulle armi (specialmente in MGS3) oppure godersi delle chicche. Solamente The Phantom Pain abbandona il codec in favore di cassette preregistrate, ascoltabili anche durante l’azione.

Altri strumenti di gioco degni di menzione in ordine sparso: il microfono direzionale in Sons of Liberty, con cui Raiden può origliare conversazioni, opzionali e non, in lontananza; i diversivi gonfiabili con le fattezze di Venom Snake in MGS5; gli armadietti, introdotti in MGS2, ed i secchioni dell’immondizia in cui nascondersi durante Guns of the Patriots (in caso di permanenza prolungata, un odore molesto rimarrà su Old Snake, stuzzicando la curiosità olfattiva dei nemici!); ed, infine, la famigerata scatola (la quale permette persino lo spostamento veloce in MGS1!)

Verso il futuro

Gli strumenti della Metal Gear Saga si sono sempre distinti per la loro originalità. Detto questo, usare un neonato come fonte di energia è, oggettivamente, su un altro livello. Mi piacerebbe poter fare speculazioni sulla gamma di oggetti di gioco annoverata in Death Stranding ma, ad oggi, non ci ho capito nulla.

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