Dopo esserci avventurati nel periodo più burrascoso di SEGA, dalla fine degli anni ’90 ai primi 2000, seguendo le vicende del tanto apprezzato e sfortunato Dreamcast, proviamo a dare un veloce sguardo a quelli che furono i suoi titoli di punta.
Non per darvi troppe anticipazioni, ma il livello qualitativo sarà tutt’altro che modesto.
JRPG dallo stile grafico tridimensionale, molto simile a quello dei manga, ispirato alla saga di Final Fantasy.
Il gioco presentava un’ottima componente narrativa accompagnata da un variegato sistema di combattimento a turni. Particolare e davvero riuscita la scelta di mischiare gli attacchi del party ai movimenti degli avversari, in modo da rendere più dinamica l’azione, avendo la possibilità di combinare gli attacchi e impedire quelli nemici agendo entro un determinato arco di tempo.
Un tanto particolare e stravagante racing game nel quale non potevamo che impersonare un tassista, la cui mansione consisteva nello scarrozzare nel modo più rapido (non per forza sicuro) i clienti da una parte all’altra della città, prima che il tempo si esaurisse.
Da non dimenticare i diversi minigiochi presenti come il “salto con gli sci” e il bowling, rigorosamente eseguiti in taxi.
Un classico ma buono sparatutto a scorrimento verticale a tema spaziale. Una particolarità del gioco da ricordare il rapido switch tra i colori bianco e nero, che permetteva di neutralizzare i colpi dei nemici dello stesso colore.
Da non dimenticare la colonna sonora che si agganciava ottimamente al setting e le gli sfondi realizzati con molta accuratezza.
Graficamente e tecnicamente stupendo, imperdibile per ogni appassionato di tennis.
La natura arcade del gioco lo portò a essere diretto e intuibile, in modo da non risultare troppo frustrante nelle prime battute per i meno avvezzi.
Quattro diverse modalità a disposizione del giocatore e altrettanti terreni di gioco: erba, terra, cemento e tappeto.
Doppio primato per questo survival horror di Capcom: primo capitolo con sfondi poligonali e telecamere semi-fisse e primo della serie a debuttare fuori dall’universo PlayStation.
Le vicende narrate seguivano i due percorsi separati di Claire e Chris Redfield.
È ben noto come il passaggio alle tre dimensioni del velocissimo porcospino blu sia coincisa con l’inizio della sua triste eclissi, tuttavia Sonic Adventure 2 e il suo predecessore oltre a fare da apripista riuscirono a convincere sia pubblico che critica. Il roster di ben quindici personaggi utilizzabili in diverse modalità in aggiunta alle nuove potenzialità offerte da Dreamcast portarono a un’esperienza variegata, fluida e coinvolgente. Probabilmente non lo ricorderemo come un titolo da perfect score, ma le ultime apparizioni dell’icona più rappresentativa di SEGA fanno rimpiangere ancora quelle degli anni d’oro.
Primo capitolo della celeberrima serie di picchiaduro 3D nata su arcade grazie alla pubblicazione dell’ormai nostalgica Namco. Passò un anno più tardi nel 1999 dalle sale giochi ai salotti con un ottimo port, imponendosi come il primo picchiaduro ad incontri ad arma bianca e considerato tuttora uno dei migliori di sempre.
Una caratteristica simbolo di questo capitolo e dei successivi fu il potere aggiudicarsi la vittoria spingendo l’avversario fuori dal ring piuttosto che fargli esaurire la barra della vita.
Da sottolineare la presenza di diverse modalità di gioco aggiuntive, in una delle quali era possibile ottenere nuove e particolari armi, capaci di cambiare modificare lo stile di combattimento del personaggio.
Perfino ai giorni nostri è davvero raro vedere debuttare validi MMORPG fuori dall’ambito PC, eppure nel 2000 fu proprio questo il primo titolo di questo genere a esordire su una console, naturalmente il Dreamcast.
Seppur non essendo un vero open-world in stile World of Warcraft, il titolo offriva la possibilità a ben quattro giocatori di partecipare alla stessa sessione di gioco; fu sufficiente questa caratteristica a catturare in breve tempo una vasta schiera di appassionati.
In quanto cacciatore, il nostro compito consisteva nel proteggere i confini della colonia spaziale e avventurarsi sulla superficie del pianeta Ragol.
Il livello di sfida era ben tarato verso l’alto, potendo contare sulla possibilità di crescita, attività di commercio e bottino costante. La contenuta longevità dell’esperienza venne attenuata dall’elevata rigiocabilità offerta dalla collaborazione con gli altri giocatori nelle loro missioni.
Come in ogni MMO era inoltre possibile avviare sessioni di chat tramite tastiera a schermo o fisica, oppure scegliendo tra le frasi predefinite automaticamente tradotte nella lingua predefinita.
Uno dei principali motivi per i quali la console diede l’impressione di anticipare i tempi fu proprio l’immediato supporto del gioco online, che Phantasy Star Online sembra rappresentare al meglio.
Secondo molti una delle migliori avventure JRPG a turni. Con il suo stile steampunk, il vasto mondo da esplorare in compagnia di Vyse e i pirati dell’aria , gli apprezzabilissimi personaggi e gli innumerevoli segreti da scoprire il titolo non ha avuto rivali su questa console.
Accostato spesso al Final Fantasy di SEGA, seppur più semplice il gioco ha saputo lasciare il proprio segno.
Da non dimenticare le rilevanti fonti di ispirazione per il concept, tra le quali spiccano “Laputa Castello nel cielo” e “Nausicaä della valle del vento” di Hayao Miyazaki: il primo per le tematiche e le navi volanti, il secondo per le armi di distruzione Gigas, che ricordano i giganteschi automi del film.
Due titoli che non sarebbero dovuti mancare in nessuna collezione di ogni possessore di un Dreamcast. Il capolavoro di Yu Suzuki, che egli definì come action-adventure/FREE (Full Reactive Eyes Entertainment) sembra essere tuttora il titolo più amato dai fan; solo la realizzazione del primo capitolo SEGA investì una cifra non lontana dai 70 milioni di dollari, nonostante ciò vendette poco più di un milione di copie.
Un’impeccabile rappresentazione di Giappone e Cina degli anni ’80, che riesce a lasciarci a bocca aperta ancora oggi per cosa fossero capaci gli studi interni di SEGA in termini di animazioni, game design e ovviamente narrazione.
L’hype per l’uscita del terzo capitolo a distanza di quasi venti anni non potrà che crescere in questi ultimi mesi.
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Mamma mia che gran peccato quello che poi è successo al Dreamcast, ogni volta che la vedo respiro proprio la fine degli anni 90… quando c’erano soldi da investire e lo si faceva anche in modo un po’ naive..