Costruire un rapporto ferreo, incatenato al cuore dagli anelli della passione e della fedeltà, richiede tanto, troppo tempo. Ironico come spesso ci vengano concessi solo pochi attimi per poter dire: “Addio, vecchio amico mio“. Abbiamo indossato i suoi panni tante volte; abbiamo riso e pianto assieme; abbiamo sconfitto potenti avversari e amici di tutta una vita; siamo entrati nella leggenda pur rimanendo sempre, umilmente noi stessi. Per quanto doloroso, privare una grande storia dell’inevitabile finale sarebbe scorretto e non renderemmo onore a una saga degna d’essere raccontata nella sua interezza. Arrivato alla conclusione di un viaggio lungo e faticoso, appare giusto che il nostro dragone possa finalmente riposare dietro la cascata.
Prima di raccontarvi dell’ultima fatica di Kiryu Kazuma, è fatto obbligo che accettiate alcune piccole premesse, oltre ad assicurarvi che non sarà presente alcuna traccia di spoiler. Comprare qualsivoglia capitolo della serie, aspettandosi di avere tra le mani un Grand Theft Auto in versione giapponese, equivale a un errore madornale.
L’odissea di Yakuza è qualcosa di profondamente diverso: un gioco d’azione, condito da una forte componente ruolistica e da una narrazione sulla soglia del sublime. È fortemente consigliato avvicinarsi alle avventure di Kiryu, Haruka e tutti i personaggi partoriti da Sega, partendo dal capitolo Zero. Yakuza 6: The Song of Life è destinato prevalentemente a tutti coloro i quali abbiano già avuto modo di conoscere le vicende precedenti. Assodato ciò, possiamo dirci pronti per salutare definitivamente il Dragone di Dojima.
La trama riparte esattamente da dove era stata interrotta nel 2012 (per noi europei si parla del 2015): stremato da uno scontro all’ultimo sangue, Kiryu viene ricoverato d’urgenza presso l’ospedale di Tokyo.
Nonostante egli stia lottando tra la vita e la morte in uno stato comatoso, le forze dell’ordine irrompono nella struttura per dichiararlo in arresto. Dopo essersi svegliato e aver riacquistato le forze, sebbene l’aiuto di un avvocato possa risolvere gran parte dei suoi problemi, il nostro eroe decide di scontare il proprio debito con la giustizia: una soluzione non condivisa da molti ma necessaria per poter tornare a casa da uomo libero, per garantire ai suoi orfanelli una vita serena, distante dalla barbarie del mondo criminale. Trascorsi tre lunghi anni dietro le sbarre, Kiryu può nuovamente mettere piede nel caro vecchio Morning Glory, l’orfanotrofio di Okinawa dove tanti ragazzi – tra cui Haruka e lo stesso Kiryu – hanno trovato una seconda famiglia.
La gioia e l’euforia per il ritorno di “Zio Kaz” hanno però vita breve: Haruka è scomparsa. Quella che per il protagonista è da sempre stata una figlia adottiva, ha deciso di abbandonare i suoi compagni, dopo aver rinunciato a una carriera da pop-star. Tormentata dai paparazzi e dalle cattiverie pubblicate sui social network per via del suo legame con il quarto presidente del Tojo Clan, la ragazza appena maggiorenne fugge da Okinawa, credendo di essere un peso nonché un pericolo per la tranquillità di tutti. Le tracce di Haruka ci condurranno prima a Hiroshima, dove faremo la conoscenza di alcuni dei personaggi principali di Yakuza 6 e infine a Kamurocho, il quartiere fittizio di Tokyo che ha fatto da scenario a numerose battaglie, l’ultimo luogo al mondo che Kiryu avrebbe desiderato rivisitare. Le brutte notizie però sono come le tasse: non finiscono mai. Grazie a una nostra vecchia conoscenza – il detective Date – scopriamo che Haruka si trova attualmente in ospedale in condizioni critiche, dopo essere stata investita da un misterioso pirata della strada. Prima di essere travolta, la giovane si sarebbe raggomitolata per proteggere qualcosa, o meglio qualcuno, vale a dire il piccolo Haruto: suo figlio.
Oltre a prendersi cura del nuovo nato, Kiryu dovrà iniziare un viaggio tormentato in cerca di risposte, per trovare il padre biologico di Haruto e il colpevole dell’incidente di Haruka. Da qui parte la nostra avventura ma eviteremo di spingerci oltre il prologo per ragioni di trama.
Il sottotitolo scelto per questo sesto episodio è quantomai azzeccato: la “canzone della vita” celebra il rapporto di un padre con i propri figli, i valori della famiglia e del poco tempo che abbiamo a disposizione, da condividere con essa. Ancora una volta gli sceneggiatori del Ryu ga Gotoku Studio hanno svolto un lavoro encomiabile, seppur non esente da qualche piccolo difetto.
Al netto di una sezione introduttiva appassionante, alcuni capitoli intermedi sono risultati essere fin troppo lenti, spezzando il ritmo di una narrazione avviata magistralmente. Fortunatamente, superati questi sporadici momenti più “rilassati”, Yakuza 6 da il via a un crescendo sempre più scoppiettante per poi esplodere in un finale dall’impatto emotivo devastante. Escludendo i classici scagnozzi, un plauso generale va a tutti gli interpreti che hanno prestato volti e voci ai personaggi principali. Primo fra tutti l’iconico Beat Takeshi nei panni di Hirose, il quale ha contribuito con una performance attoriale degna di lode. L’assenza della localizzazione in Italiano – limitandoci alla fruizione dei soli sottotitoli in Inglese – non funge da ostacolo alla comprensione della trama, raccontata anche attraverso l’intensità degli sguardi.
Il grande rinnovamento non giunge però solo attraverso la maturazione di un Kiryu oramai cinquantenne, ma anche sul versante del gameplay e in ambito tecnico. Abbandonati i quattro diversi stili di combattimento in favore di uno unificato, lottare contro i nostri nemici è ora più semplice e intuitivo. Non è più necessario trascorrere decine di ore per potenziare le numerosissime abilità a nostra disposizione e il solo completamento della trama principale ci consentirà di raggiungere uno status combattivo più che accettabile. Come di consueto, ritorna anche la pletora di missioni secondarie (tutte ben scritte e divertenti) e di attività di contorno: dalla caccia ai mostri marini alle scazzottate con Virtua Fighter 5 in sala giochi, passando per le cantate al karaoke alle live chat con vere attrici del mondo “hard” nipponico, dagli allenamenti nelle palestre Ryzap fino all’attività di fotografo con lo smartphone.
Yakuza 6 propone mezzi d’intrattenimento per tutti i gusti, garantendo un numero di ore di gioco impressionante. Interessante novità è l’introduzione del Clan Creator, una modalità nella quale dovremo creare un nostro clan personale per contrastare alcune organizzazioni rivali. Tra i volti noti che potremo reclutare nei nostri ranghi, compaiono addirittura le star più blasonate della New Japan Pro Wrestling, come il campione Kazuchika Okada, Tetsuya Naito e Hiroshi Tanahashi.
Sul versante tecnico, è innegabile come siano stati fatti numerosi passi in avanti, sebbene ci sia ancora qualcosa da mettere a punto. Il primo utilizzo del Dragon Engine ha dimostrato come il motore grafico di Sega abbia grandissime potenzialità. I modelli dei volti durante le sezioni filmate sono stati riprodotti in maniera egregia; il sistema di illuminazione impreziosisce anche piccoli dettagli, come le pozze d’acqua sull’asfalto, il tramonto di Onomichi o le luci al neon di Kamurocho; la gestione avanzata della fisica di gioco ci consente di scaraventare i nemici contro gli scaffali dei supermercati per far volare la merce in ogni direzione, mentre ogni singolo colpo messo a segno restituirà il giusto impatto. In altre produzioni tutto ciò potrebbe essere considerato all’ordine del giorno ma osservare una Kamurocho viva e vibrante dietro la finestra di un edificio è un’incredibile innovazione per la serie. È possibile inoltre entrare in tutti i negozi e in svariate strutture senza alcuna soluzione di continuità, si potranno visitare i tetti in gran parte dei quartieri urbani e molti ostacoli saranno comodamente scavalcabili.
Come precedentemente menzionato, lo smartphone si rivelerà uno strumento davvero utile, non solo per scattare foto del panorama e selfie con anziane signore, ma anche per consultare la mappa, l’inventario e tutte i punti della Completition List da portare a termine. Nonostante il nuovo sistema di combattimento risulti più realistico e credibile, riteniamo che gli scontri siano stati talvolta resi più prevedibili, con un numero drasticamente minore di sequenze scriptate e Quick Time Events, che hanno da sempre reso le battaglie di Yakuza emozionanti e adrenaliniche. C’è inoltre da sottolineare come il titolo Sega presenti alcuni difetti di natura tecnica, quali cali di framerate – normalmente intorno ai 30 FPS – piuttosto evidenti, sporadico tearing (specialmente tra i vicoli affolati di Kamurocho) e un fastidiosissimo aliasing sulle lunghe/medie distanze.
Per quanto tutto ciò sia stato parzialmente corretto grazie alle componenti superiori di PlayStation 4 Pro, non possiamo non segnalare tali pecche sulla versione standard della console ammiraglia Sony. Come in ogni capitolo di Yakuza, la colonna sonora è una componente fondamentale, apprezzata da numerosi appassionati in tutto il mondo. Anche stavolta è possibile ritrovare alcune tracce degne di menzione – come il tema dei titoli di coda o il brano che accompagna lo scontro finale – ma in quantità inferiore se si paragona The Song of Life alle produzioni precedenti.
Abbiamo completato Yakuza 6 sulla versione standard di PlayStation 4, testando in separata sede i benefici apportati dall'hardware di PS4 Pro.
DurataYakuza 6: The Song of Life è quindi il degno saluto a un eroe che ci ha tenuto compagnia per oltre un decennio, il commiato di un amico e di un padre. La responsabilità genitoriale, il fil-rouge che tiene unita l’avventura, è stata rappresentata con rara maestria dai suoi interpreti. La presenza di alcuni punti specifici in cui la narrazione rallenta vistosamente e svariati difetti tecnici, derivanti dall’impiego di un Dragon Engine ancora acerbo (tranquilli, la musica cambierà radicalmente in Yakuza Kiwami 2), pesano purtroppo sulla valutazione finale. Non possiamo però non emozionarci dinanzi a un climax così ben trasposto sui nostri schermi. S
enza voler tenere conto dei numeri, delle tabelle e del freddo razionalismo, la sesta avventura di Kiryu Kazuma è indubbiamente una delle più toccanti di sempre, nonché un prodotto da conservare gelosamente nella propria collezione. La canzone della vita non è mai stata così triste, commovente ma allo stesso tempo giusta. Grazie di tutto, Kiryu-Chan.
Il Dragon Engine mostra per la prima volta le sue fauci. Per quanto siano presenti alcuni difetti non di poco conto, siamo incredibilmente fiduciosi per il futuro della serie.
La colonna sonora è ancora una volta di buon livello, sebbene manchino tracce da riascoltare più e più volte. Ottimi invece doppiaggio e interpretazione dei vari attori, primo fra tutti Beat Takeshi nei panni del patriarca Hirose.
Il gameplay semplificato rende i combattimenti di Yakuza 6 più accessibili e intuitivi. Le innovazioni sono tante e dimostrano la grande voglia da parte di Sega di espandere ancora di più una serie già culto in Giappone. Nonostante il maggiore realismo e la grande fedeltà dietro ogni colpo, avvertiamo che gli scontri abbiano perso una certa spettacolarità.