Le etichette sono strumenti utili a semplificare noi stessi e gli altri, per far si che vi sia un facile riconoscimento e un risparmio energetico cerebrale. Psicologicamente parlando si tratta di una semplificazione della realtà per fornire informazioni immediate senza utilizzare troppe energie. Nell’ambiente videoludico le etichette vengono utilizzate per identificare i vari titoli e distinguerli in diversi generi: dagli sparatutto ai giochi di corsa, dagli strategici alle avventure grafiche. Ciò permette ai giocatori di identificare le proprie categorie preferite e rimanere sintonizzati su di essa ed escludendone altre, tuttavia questa pratica può essere limitante.
Bentornati su Tempo di Caffè.
In un’industria videoludica sempre più vasta, con creativi che provengono da diversi campi e publisher estremamente esigenti è difficile parlare di singole etichette. Per esempio si fa fatica a fornire una singola categoria al recentissimo Death Stranding: è un action, un fantascientifico, post-apocalittico con elementi gestionali. Agli occhi dei più potrebbe sembrare un tentativo di riunire sotto lo stesso tetto elementi sparsi di vari generi, tuttavia in un’opera così mastodontica, ma anche in titoli indipendenti più piccoli, è facile farsi carico di elementi di vario tipo funzionali alla propria opera e che rendono il titolo in una categoria più ampia e difficile da etichettare. La domanda che viene da porre è come si può semplificare con classificazioni così flebili e che non contengono il contenuto? Sarebbe necessario trovare nuovi modi per definire le categorie e fornire etichette che raccolgano opere di più ampio respiro.
Poi accadono casi come durante i Game Awards 2019, in cui è stata nominata la categoria sport/racing game, così da accorpare due tipologie di gioco estremamente differenti in una singola. In un momento storico in cui una sola etichetta non è sufficiente per definire un videogioco dei tempi moderni, i Game Awards fanno un lavoro ancora più limitante, rendendo di cattivo gusto e dando poco spazio a opere di un certo spessore. Sicuramente i nostri tempi sono ancora troppo acerbi per rimuovere completamente le etichette e, come detto prima, aiutano a semplificare la realtà, quindi è utopico pensare che un giorno potranno sparire. Inoltre, aiutano il mercato e i consumatori a distinguersi nel mare magnum di videogiochi, dando la possibilità di farsi notare e raggiungere coloro che possano apprezzare totalmente tale opera. I publisher basano la loro produzione su ricerche di mercato, focalizzandosi su quale genere possa soddisfare il mercato e l’etichetta più richiesta dal mercato è quella dell’action, non è troppo semplificativo per la nostra industria?