Nello scorso episodio di ArtCafé abbiamo terminato la discussione sugli elementi delle immagini dei videogiochi. L’unico aspetto che manca da trattare è l’Interfaccia, che a sua volta richiede però un approfondimento specifico sul graphic design e su come esso venga applicato nel mondo dello sviluppo dei videogiochi.
Possiamo definire il graphic design, velocemente e senza soffermarci troppo, come l’arte della traduzione di un significato in una forma comprensibile per un pubblico. Nel campo dei videogiochi il graphic design può assumere moltissime forme, diverse delle quali sono già state trattate da ArtCafé in articoli precedenti, come quello sul colore. Il graphic design tradizionale comprende moltissime discipline ma nel campo videoludico possiamo osservarne alcune nello specifico:
Riducendo l’intera disciplina del graphic design alla sua natura statica e bidimensionale, ed escludendo quindi l’ambito video, possiamo osservare diversi elementi alla base della creazioni di ogni asset. Questi elementi sono combinati in quello che viene professionalmente definito come Look & Feel di un prodotto.
Il Look & Feel è solitamente intenso come comprensivo di:
Lo stile del graphic design e la User Interface di un videogioco non sono tra le priorità che vengono affrontate agli inizi della fase di sviluppo. Essendo spesso non determinanti sull’economia e sulla progettazione di molti altri aspetti dell’Art Direction, essi sono tendenzialmente affrontato in fasi successive e spesso perfino all’esterno dello studio di sviluppo centrale. In questi casi le agenzie, o i freelance, a che si occupano di grafica realizzano questo tipo di lavoro, consegnano poi come risultato un manuale, guida o delle indicazioni sull’immagine coordinata. Tra i nomi più importanti della grafica freelance per il mondo dei videogiochi possiamo citare il lavoro di Cory Schmitz, autore di numerosi loghi e font realizzati ad-hoc.
Sebbene sia difficile identificare degli stili o correnti predominanti, tre generali metodi di lavoro possono inglobare tutte le tipologie di graphic design del mondo dei videogiochi. Nei prossimi paragrafi le analizzeremo tutte e tre.
Logo di Below ad opera di Cory Schmitz
Stile grafico invero un po’ abbandonato recentemente nei circoli del design non legato ai videogiochi, è tuttavia ancora molto utilizzato in ambito videoludico per buone ragioni. Lo stile scheuomorfico, dal greco skéuos (contenitore – attrezzo) e morphé (forma), predilige la simulazione del reale. Storicamente, Apple nell’era Steve Jobs è stata portabandiera di questo stile come ad esempio nell’iconografia delle prime versioni di iOS o negli elementi grafici dell’interfaccia di versioni di macOS. Successivamente questo stile è stato abbandonato in favore di uno più pulito e meno decorativo. Se questo è il generale trend in ambito grafico, i videogiochi scelgono spesso ancora lo stile scheuomorfico proprio per la sua capacità di imitare il reale aumentando quindi il livello di immedesimazione per l’utente nel mondo di gioco. Grand Theft Auto V ad esempio, utilizza dei menu innestati in un vero e proprio smartphone visualizzato a schermo; Firewatch usa una vera mappa nelle mani del protagonista per aiutare l’orientamento nell’ambientazione; Captain Toad: Treasure Tracker propone la schermata di selezione dei livelli su un libro sfogliabile. Tra i migliori casi di utilizzo di design scheuomorfico non si può non citare Brutal Legend il cui menu iniziale di accesso al gioco è realizzato con un video girato di Jack Black mentre apre ed interagisce con un disco in vinile.
In Grand Theft Auto V ogni protagonista ha uno smartphone con una interfaccia utente differente, ispirata ai tre grandi sistemi operativi mobile del tempo.
Vero e proprio mattatore di ogni trend di design degli ultimi anni, il design minimale non è riuscito ad attecchire totalmente in ambito videoludico. Le ragioni di questo sono da ricercare nella spersonalizzazione che questo approccio crea: una caratteristica non sempre desiderata dai videogiochi. Tuttavia, non è difficile trovare esempi di approccio minimale al graphic design. Questi possono essere divisi in videogiochi che rimuovono elementi grafici per pulire il più possibile lo schermo da distrazioni, e titoli che non rimuovono elementi ma ne semplificano il più possibile l’estetica in modo da renderli quasi trasparenti all’attenzione del giocatore. Nella prima categoria possiamo inserire ad esempio i titoli di Capy Games come Superbrothers: Sword and Sworcery ed il recente Below, entrambi relativamente privi di interfaccia a schermo se non in alcuni momenti utili. Nella seconda categoria si inseriscono invece i recenti titoli Naughty Dog, la cui interfaccia è diventata sempre più asettica e clinica rispetto agli esperimenti molto più estrosi dei loro giochi passati. Tutto l’impianto grafico di The Last of Us ad esempio risulta estremamente curato nelle sue modalità di interazione ma non presenta particolari elementi di personalizzazione limitandosi a semplici box scuri con delle trasparenze. Attenzione: questa non è da intendere come una critica, ma come una semplice constatazione del fatto che lo stile grafico può non aderire alle convenzioni della narrativa o dell’art direction per prendere strade alternative che in questo caso premiano l’assoluta ininfluenza e trasparenza dell’interfaccia di gioco sull’immagine.
In assoluto il più utilizzato in ambito videoludico, per Design Stilizzato possiamo intendere quello che, come da nome, ha uno “stile” e dunque segue la direzione artistica e il Look & Feel generale del titolo. La stragrande maggioranza dei videogiochi sceglie questa tipologia semplicemente perchè aiuta la riconoscibilità di ogni schermata come appartente al gioco, aumentando quindi la caratterizzazione dell’intera esperienza secondo canoni condivisi da art direction, narrativa e gameplay. Per fare chiarezza su questo punto si può citare ad esempio Mario Kart 8 Deluxe, un titolo per un pubblico ampio a tema racing. Il suo graphic design sceglie infatti colori legati al mondo delle corse, come bandiere a scacchi e segnali gialli, bottoni ampi e facilmente leggibili, font dinamici ed illustrazioni simpatiche, il tutto in accordo con la generale direzione artistica del titolo. Titoli dai temi ed estetica più matura come ad esempio Red Dead Redemption 2 optano invece per design dai colori scuri con accenti, linee ispirate ai film Western e font serif con grazie particolarmente decorative.
Tra i maggiori compiti dei graphic designer in ambito videoludico c’è quello di popolare i mondi di gioco con elementi che li rendano credibili. Questo significa creare loghi per aziende fittizie, cartellonistica, segnali stradali e qualsiasi tipo di elemento grafico che arricchisca di verosimiglianza ogni ambientazione. Remedy è tra i maggiori fautori di questo approccio olistico del graphic design in-game ed in Quantum Break si possono notare una miriade di dettagli ambientali: dalla criminale azienda Monarch il cui logo campeggia ovunque negli scenari, alle pubblicità di auto e prodotti tecnologici, la Riverport del gioco è una città credibile e vissuta. Inoltre, le tv presentano veri e propri show ed ogni computer ha interfacce studiate e navigabili nel dettaglio. Un simile, se non superiore, livello di impegno può essere visto nei trailer del prossimo Cyberpunk 2077 in cui gli artisti di CD Projekt Red si sono sbizzarriti con la creazione di elementi estetici unici per fazioni, quartieri e personaggi. Questo tipo di sforzi tuttavia necessitano chiaramente di un budget di produzione alto, non essendo dettagli vitali per il funzionamento del gameplay.
Ignorare le scelte tipografiche può rivelarsi un errore fatale. Non tutti i font trasmettono le stesse sensazioni, non tutti hanno lo stesso utilizzo e ben pochi sono quelli perfetti per ogni compito. Il carattere, o caratteri, utilizzato in un videogioco è scelto dal team di grafici ed artisti tra cataloghi vastissimi di esempi già esistenti, oppure creato ex-novo. Quest’ultimo caso può rivelarsi un colpo vincente, ma anche un grandissimo auto-gol se non si possiedono le necessarie competenze. I font designer sono infatti professionisti che impiegano anche anni solo per completare una singola famiglia di caratteri.
Canonicamente si dividono i font in sei categorie:
Come in molti altri ambiti dell’Art Direction, anche la tipografia è un gioco di contrasti: più font combinati possono dare luogo a composizione di grande impatto sia visivo, che comunicativo. Destiny e la sua interfaccia sono un ottimo esempio: titolazioni con font serif sono armonicamente accostati a caratteri sans serif ben spaziati e dosati con alternanza tra variazioni leggere e pesanti. In altri casi invece, le scelte tipografiche sono dettate esclusivamente dal contesto in cui sono calate: in Her Story, il cui gameplay simula la visione di filmati di un interrogatorio, tutti i font presenti sono recuperati dallo stile di sistemi operativi ormai appartenenti allo scorso secolo.
Si conclude qui questo episodio di ArtCafé, il prossimo sarà strettamente legato a questo perchè approfondiremo ulteriormente il grande mondo della Interfaccia Utente dei videogiochi. Nel frattempo fatemi sapere quali sono i videogiochi con lo stile grafico che vi è più piaciuto!
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Solo bombe per Emanuele!
Questa rubrica è una droga, più chiaro di così si muore