Un gioco ben progettato è uno che trasporta e mantiene il giocatore nella propria zona di flusso, nelle quali le sfide non sono troppo facili o troppo difficili. – Jenova Chen
Vorrei partire da questa frase del game designer di flOw e chiedervi quante volte, mentre giocavate, avete provato una sensazione simile. Quell’effetto di perdere il significato di tempo ed essere semplicemente felici per ciò che si sta facendo, giocare ai videogiochi nel nostro caso specifico. La teoria del flusso è stata teorizzata dallo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi (è più facile da pronunciare di come sembra) ed è uno stato di piacere che si prova quando si è completamente immersi e impegnati in un’attività che è intrinsecamente motivante, cioè che facciamo per amore dell’attività stessa e non per una ricompensa esterna. Secondo lo psicologo, il flusso è il segreto per la felicità poiché sono quei momenti in qui ci si ritrova in una condizione ottimale. Tra le varie attività studiate da Csikszentmihalyi, il gioco è la migliore forma di occupazione per entrare in questo stato, quindi il videogioco fa parte di esso. Il flusso è caratterizzato da sette elementi in cui siamo coinvolti.
Non stiamo parlando di Dark Souls. Il videogioco di per sé presenta una sfida: l’utente riceve un output dallo schermo e di conseguenza deve rispondere attraverso un input per compiere un’azione. Qualsiasi forma di videogioco ricade in questa categoria, anche il più stupido platform, poiché richiede abilità cognitive (a volte giocare ci sembra un lavoro!) e occasionalmente abilità motorie (Wii Fit, VR, Just Dance). Lo psicologo fa rientrare anche la lettura in questa categoria, perché è un’attività che richiede concentrazione, empatia con i personaggi e costruzione delle immagini nella mente. Quindi ogni attività contiene delle sfide e sono necessarie abilità per superarle. Di certo ogni utente possiede diversi tipi di capacità, ecco perché alcuni riescono a entrare nello stato di flusso con giochi come Dark Souls, mentre altri lo trovano semplicemente frustrante. Accettatelo, è un dato di fatto.
Nel videogioco tutta la nostra concentrazione è assorbita dall’uccidere nemici o saltare su delle piattaforme, di conseguenza non rimangono altre energie per dare attenzione ad altro. Un risultato distintivo, che sicuramente vi sarà accaduto, è quando quell’attività diventa spontanea, quasi automatica. Vi sentite parte del gioco, come se foste voi a imbracciare il fucile per far fuori gli alieni. Vi siete mai chiesti: “perché sto giocando? Perché sto ripetendo quest’azione?” Se riflettete su queste domande, allora non siete esattamente entrati nello stato di flusso, poiché la fusione tra azione e consapevolezza mette a tacere i dubbi. Questa caratteristica è labile: dato che sono richieste tutte le vostre energie per concentrarvi, una distrazione minima può farvi uscire dalla sensazione provata. Per esempio, quando gioco a Splatoon 2 il mondo intorno a me è come se non esistesse.
I videogiochi, se realizzati bene, possiedono queste caratteristiche. Sapere dove andare, cosa fare e capire immediatamente se state vincendo o perdendo. Non tutti i titoli lo fanno: alcuni sono crudeli (o mal costruiti), mentre altri comunicano visivamente o attraverso l’audio, senza l’utilizzo di parole. Lo schermo che comincia a tingersi di rosso quando veniamo colpiti su Call of Duty; le mani che si riempiono di energia su Bioshock Infinite; Bayonetta che manda il bacio quando completi il livello. Il tipo di feedback che spesso cerchiamo non è importante, ciò che conta è l’informazione che contiene: ho avuto successo nel superare i miei obiettivi. Ma ognuno di noi è sensibile in modo diverso ai determinati feedback, poiché dipende da ciò che abbiamo appreso con la nostra esperienza. Solo attraverso i due elementi di cui sopra è possibile entrare nello stato di flusso.
Lo stato di flusso consente di farci dimenticare degli aspetti della vita non piacevoli. Questa caratteristica è importante perché non viene lasciato spazio nella mente per informazioni irrilevanti. Il lavoro di tutti i giorni manca di esperienze di flusso, quindi è richiesta da parte nostra un’attività che interferisca con il disordine creato. Immaginate di tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro, una delle prime cose che vi viene in mente è di sedervi, prendere il pad in mano e recuperare l’ultimo salvataggio del titolo a cui stavate giocando. A differenza del punto numero due, questa volta siamo concentrati su un’unica attività per distrarci dalla quotidianità, e non per sentirci parte del gioco.
Lo stato di flusso viene di solito descritto come un’esperienza che implica un senso di controllo. Si ci sente in uno stato di benessere, potenti e rilassati. Quante vole vi sarà accaduto di sentirvi così: gestendo un alter ego virtuale che può fare azioni che non avreste mai pensato di fare, ma siete voi ad avere il potere su di lui. Su Tekken potete perdere e non diventare King of Iron Fist Tournament, anche se avete creduto di dominare su tutti. A differenza della vita reale, rimanere privi di una vittoria non ha conseguenze importanti, come perdere soldi o farsi male. Quindi la cosa importante da fare qui è che le attività che producono l’esperienza di flusso sono costruite da permette al giocatore di ottenere abilità in modo tale da ridurre le possibilità di perdere a zero. In realtà, ciò che alle persone piace non è essere in controllo, ma il senso di esercitare controllo nelle situazioni difficili.
Nei punti due e quattro abbiamo osservato come lo stato di flusso richieda concentrazione su ciò che stiamo svolgendo e non rimane attenzione su stimoli irrilevanti. In particolare, sparisce un elemento dalla consapevolezza: noi stessi. Durante le nostre partite, ciò che stiamo facendo diventa quasi automatico e viene fatta la cosa giusta senza pensarci troppo. La perdita del senso di sé separato dal mondo intorno è accompagnato dalla sensazione di unione con l’ambiente. Nello stato di flusso, per via dei punti precedenti, non abbiamo bisogno di preoccupazione o autovalutazione, da cui di solito ci sentiamo minacciati durante la giornata normale. Allo stesso tempo, dovete rimanere concentrati su ciò che state facendo per non permettere che nessun nemico vi sfugga su Rainbow Six Siege. In sostanza, non è una perdita di sé, ma una privazione della consapevolezza di sé.
Quante volte vi è capitato di iniziare a giocare di giorno e poi scoprire che fuori si è fatto buio? Nelle esperienze ottimali, una delle cose che accadono più comunemente è la perdita dello scorrere del tempo come lo fa ordinariamente. Si ci senti svincolati dalla tirannia del tempo che scandisce le nostre attività ordinarie. Finalmente possiamo essere liberi e non costretti a rispettare scadenza ravvicinate: abbiamo tutto il nostro tempo a disposizione, almeno fin quando non ci rendiamo conto di aver bisogno di cibo o acqua. L’esempio che mi è rimasto più impresso è stato quando ho giocato a Super Smash Bros. Brawl e ho perso la cognizione del tempo: ero entrato sicuramente nello stato di flusso.
Lo stato di flusso è una sensazione che dovreste provare in ogni attività che fate, poiché, secondo Csikszentmihalyi, è l’unico momento in cui si può essere felici. Il consiglio che vi cedo è di fare il più possibile esperienze di opere che riescano a tenervi incollati senza annoiarvi o frustarvi, altrimenti cambiate disco o cartuccia, magari non fa per voi. Non fate un dramma se i vostri amici riescono a superare quel boss o si divertono con FIFA, ciò significa che le vostre esperienze pregresse i hanno portato a provare la sensazione di flusso con determinati videogiochi e abusate di quelli per vivere una vita come si deve.
Fonti:
The Gamer’s Brain – Celia Hodent
Flow – Mihaly Csikszentmihalyi