Questa E3 2018 è stata per Microsoft, finalmente a detta di molti, un’ ottima vetrina per mostrare al grande pubblico di appassionati che, nonostante l’importante divario in termini di vendite di console con la rivale Sony, ci sappia ancora fare e abbia capito come tornare a fare business e come aumentare l’hype nei confronti del mondo videoludico legato alla casa di Redmond.
Tanti sono stati gli annunci di giochi in uscita in esclusiva, in esclusiva temporanea e tante le presentazioni World Premiere dove, alla fine, è stato fatto intendere che il gioco multipiattaforma torna ad avere come luogo per esprimersi in maniera più decisa proprio la console americana.
Oltre a questo, Microsoft ha lanciato così, come se niente fosse, una carrellata di nomi legati a tanti studi acquisiti in maniera, quasi, divoratrice. Fra i tanti nomi di studi che entrano in orbita Microsoft viene presentata Compulsion Games.
Subito viene mandato a schermo un trailer che, ad un primo occhio, richiama Bioshock e tutta la lore che avvolgeva, e avvolge, la saga 2K Games.
Ambientazione retrò, personaggi dai costumi stravaganti, maschere che celano visi di chissà quale tipo, colori accesi in contrasto con ambienti più scuri, senso di claustrofobia e inquietudine in ogni momento, possibilità di scelta su cosa fare e cosa no, su come approcciarsi alla sfida e all’ambiente circostante, armi, capacità ipersensoriali e strane sostanze.
We Happy Few… finalmente si torna a parlare del titolo Compulsion Games con qualcosa che ormai è più di un progetto, titolo dalla gestazione particolare che ha avuto, durante il suo sviluppo, non pochi problemi e qualche grattacapo da risolvere.
Per chi non lo sapesse, il tutto nasce con un progetto Kick Starter nel giugno 2015; in meno di un mese viene raggiunta la soglia per permetterne lo sviluppo, circa 280000 dollari.
Da lì in poi una serie di speculazioni, aspettative, rumour e alpha giocabili tramite Steam e, purtroppo, rinvii.
Nel frattempo, in Australia, qualcuno decide che il gioco non debba mettere piede nella grande isola continente perché, a detta di chi deve classificare il media, favorirebbe e invoglierebbe l’uso della droga per raggiungere determinati obiettivi.
Droga? Ebbene si, We Happy Few rappresenta una piccola città, fittizia, Wellington Wells, in una Inghilterra degli anni ’60 di un’altra linea temporale, ancora impegnata in guerra, “retro futuristica” e “distopica”, così come gli stessi autori l’hanno definita, e la sua comunità, fatta di personaggi all’apparenza particolari ma che passano la giornata tra momenti di schizofrenia acuta a causa dell’utilizzo, compulsivo, di un tipo di droga chiamata Joy, disciolta nell’acqua, nel cibo e, persino, a disposizione in ogni cabina telefonica sparsa per la città, una droga che rende sempre felici chi la utilizza, che fa svanire i brutti ricordi e che DEVE essere presa.
Questo è il background nel quale prende vita il racconto e le avventure di tre personaggi che dovranno, in qualche modo, fuggire e/o cambiare le sorti di questa comunità, personaggi che vengono visti dai fruitori di questa droga come reietti, come gente da evitare, gente noiosa, gente da mettere fuori città, ai margini della società. Protagonisti che saranno, in un modo ancora non specificato, utilizzabili dal giocatore.
Un mondo quasi capovolto che, probabilmente nell’intenzione degli autori, vuole raccontarci qualcosa di più profondo, un po’ come hanno fatto le varie Rapture e Columbia in Bioshock, oppure City 17 in Half Life 2.
Già chi ha giocato la versione Alpha del gioco ha potuto notare le meccaniche che saranno, con ogni probabilità, alla base del gioco finale, cioè quelle caratteristiche survival che spingeranno il giocatore a comportarsi in maniera adeguata a seconda della situazione in cui andrà a cacciarsi, sempre con l’obiettivo di spodestare l’ordine vigente. Dovrà essere attento, mischiarsi alla gente “comune”, passare avanti senza dare nell’occhio, usare piccole dosi di Joy, oppure, in casi estremi, essere pronto alla lotta, sempre con il solo obiettivo di sopravvivere perché una volta entrati in gioco non sarà più possibile prendere in mano la propria vita.
Altra caratteristica esplicata in questi mesi di attesa è il fatto che il mondo sia procedurale, quindi, a rigor di logica, non dovrebbe essere sempre uguale a se stesso ma, in base a scelte e situazione, dovrebbe cambiare di partita in partita.
Bisognerà ricordarsi di mangiare, bere, riposare, vestirsi, ingegnarsi e usare ciò che si ha a disposizione per andare avanti, creare oggetti per aprire porte altrimenti inaccessibili, usare la droga per bloccare il senso di fame e stanchezza e per passare inosservati, prepararsi alle controindicazioni dopo il suo utilizzo, fare attenzione alle bande di disagiati che rispondono male all’uso di Joy, non dare nell’occhio nei confronti delle forze dell’ordine, il tutto sempre con un unico e grande obiettivo, arrivare nella zona ricca ed opulenta della città, provare ad invertire il sistema e fuggire.
Ma quando uscirà questo gioco?
Sperando di non ritrovarci di fronte ad un ulteriore rinvio, come successo a gennaio 2018, il titolo dovrebbe uscire il 10 agosto di quest’anno, condizionale permettendo, per Xbox One, PlayStation 4 e PC.
Pronti a decidere se e quando “drogarvi”?