Editoriale di gmg215
Se definissimo capolavoro un gioco che riesce a fare esattamente quello per cui è stato progettato, Cyberpunk 2077 non rientrerebbe nella categoria. Tuttavia, si tratterebbe di una considerazione ingannevole: i ragazzi di CD Projekt RED provano con tutte le loro forze a dar vita a una creatura monumentale e dalle molteplici anime e, pur fallendo, emergono come uno dei gruppi creativi più sapienti nell’universo dei giochi di ruolo.
Il malcontento all’uscita della versione 1.0 di Cyberpunk nell’ormai lontano novembre 2020 fu comprensibile e le testate giornalistiche riportarono con tempismo più o meno congruo che le versioni console non fossero tecnicamente adeguate. Senza particolari clamori, l’uscita del gioco fu posizionata come una mossa rivolta a sanare il bilancio finanziario, dopo oltre otto anni di sviluppo a singhiozzo, più che ad adempiere a standard qualitativi minimi. Sorprendentemente, questa mossa colse alla sprovvista gli stessi sviluppatori appartenenti alle sfere inferiori della software house polacca.
La patch next gen rende Cyberpunk accessibile a buoni livelli di resa grafica anche su console
A distanza di quasi 18 mesi, di quella polemica non è rimasta traccia: la patch next gen rende Cyberpunk ottimamente fruibile su PS5 e Xbox Series X/S, aprendo le porte ad un gioco di ruolo caratterizzato dal quest design sopraffino che, alle volte, sconfina nel visionario. Storie, dialoghi e personaggi vividi e originali popolano un mondo aperto stiloso e onesto nel mostrare la propria poca credibilità. Fossilizzarsi su aspetti quali la reattività degli NPC equivale a criticare il motore grafico dei giochi From Software: la considerazione è corretta, ma anche chissenefrega.
Originariamente Night City nasce come una striscia di terra nella baia di Tokyo, dove hacker, reietti transumani ed emarginati sono antieroi che conducono un’esistenza clandestina e ribelle in una società dominata dalle corporazioni. Lo sfondo del gioco non si rifa pienamente a questa visione del Neuromancer di William Gibson, bensì trasloca la città nel deserto californiano e la immerge in un ciclo giorno-notte alle volte fin troppo luminoso per l’atmosfera generalmente cruda e cupa a cui si rifa questa branca della fantascienza.
Night City è sfaccettata e sconfinata (non sempre a suo vantaggio)
La città è un contenitore di innumerevoli microcosmi, ad esempio ville, grattacieli e magazzini, in cui si svolgono le varie quest. In queste aree circoscritte il level design si evolve per consentire al giocatore di poter operare delle scelte sul cammino da seguire in funzioni della build del protagonista. Questo multipath, perlopiù riuscito, dona al gioco una delle sue tante anime, ovvero quella di immersivi sim secondo la scuola di Deus Ex. La profondità dei menu consente una personalizzazione dell’esperienza quasi soverchiante che complica la gestione del bilanciamento: come scritto poc’anzi, Cyberpunk non fa particolari sforzi per nascondere le sue debolezze di scala, bensì le considera un tradeoff accettabile in nome della “plasticità” di gioco.
Ci sono tanti momenti spiazzanti e memorabili nel gioco e tra questi ne spiccano tre, di cui solamente uno appartiene alla storia principale. Il primo si svolge poco dopo il prologo, quando V inizia ad investigare la mandante del colpo al rampollo dell’Arasaka, Evelyn Parker, e ne scopre l’appartenenza ad un club molto particolare in cui la mercificazione del corpo viene quantomeno integrata con quella del pensiero. Le hostess e gli hostess sono infatti equipaggiati con un chip comportamentale che li rende capaci di sedurre i clienti con esattamente quello che vogliono sentirsi dire. Tuttavia, l’utilizzo di questo chip porta ad una sorta di usura della personalità che spinge questi/e doll a fare spesso una fine tragica, spesso tra le mani di chirurghi (ripper docs) malintenzionati.
Ci sono almeno 3 quest incredibili durante il gioco, perfettamente equiparabili alle migliori storie di Geralt
Il secondo momento memorabile è nascosto nelle molte quest secondarie legati a personaggi chiave della storia, in questo caso Judy, esperta di braindance. Una gita a bordo lago rivela un’intera cittadina sott’acqua, inondata per ordine di una corporazione che ha intimato a tutti gli abitanti di relocare verso altri lidi per fare spazio ad un progetto di riqualifica. Judy porta V in immersione attraverso i suoi ricordi di infanzia, in una missione puramente esplorativa e dai ritmi compassati: un intermezzo suggestivo tra sparatorie e risse di ordinanza.
Il terzo momento mozzafiato riguarda il personaggio di River, raro poliziotto di sani principi in una città dagli standard morali non classificabili. La missione prevede di scovare uno psicopatico che adesca giovani ragazzi problematici e la caccia all’uomo si articola attraverso diverse sezioni di braindance in cui la meticolosa ricerca di indizi delinea una storia appassionante e problematica. Da notare come la parte meramente investigativa abbia fatto passi avanti da gigante rispetto all’utilizzo meccanico e forzato del sesto senso del Witcher e come, nel complesso, la qualità della quest tocchi agilmente le vette dell’avventura di Geralt di Rivia.
Se la bontà degli intrecci secondari rimane il marchio di fabbrica di CD Projekt RED, l’attenzione alla storia principale sposta il focus da un’epopea “familiare” dai forti contorni sentimentali ad un racconto vivido ed originale che tuttavia sceglie di non avere un protagonista riconoscibile. Da sempre i giochi di ruolo hanno il dilemma della scelta tra eroe carismatico ma predeterminato ed avatar “anonimo” ma personalizzabile. Cyberpunk tenta di trovare una terza via inserendo il personaggio di Keanu Reeves, Johnny Silverhand, tuttavia rimane la sensazione che la transazione sia risultata complessivamente sfavorevole per il gioco. La stessa durata limitata della main quest suggerisce che l’attenzione degli sviluppatori sia stata catturata maggiormente dalle storie di contorno e dalla caratterizzazione della città medesima. In tal senso le espansioni già previste per il gioco potrebbero fornire ulteriore profondità su V medesimo, vista la qualità dei DLC corposi a cui ci ha abituati CD Projekt RED con Heart of Stone e Blood and Wine. In futuro, ogni occasione sarà quella buona per tornare a Night City.
Devi essere connesso per inviare un commento.
Assolutamente d’accordo sulla scarsa profondità della main quest. A me non è piaciuta la scelta di non approfondire il rapporto tra Rogue e Johnny Silverhand nella trama principale per far percepire, da subito e a tutti, lo spessore del personaggio interpretato da Keanu Reeves. Certi dettagli non possono essere relegati a una o più missioni secondarie. Per queste ragioni, ho trovato Cyberpunk 2077 un gioco godibile ma non eccellente soprattutto a livello di trama. In conclusione, avevo enormi aspettative ma CD Projekt Red non è riuscita a creare un prodotto all’altezza di The Witcher 3 – Wild Hunt, capolavoro ancora inarrivabile nella categoria degli story-driven open world per complessità e varietà degli intrecci secondari, densità del mondo di gioco ma soprattutto per la sua storia principale che è riuscita a farmi scoprire l’opera letteraria di Andrzej Sapkowski (sempre sia lodato).