Uscito senza troppo clamore nel lontano 2015, Dying Light si è rivelato essere un prodotto solido e divertente. Pur raccontando una storia non certo originale, ovvero l’ennesima apocalisse corredata di zombie, il gioco della seconda casa di sviluppo più famosa della Polonia, Techland, riusciva ad intrattenere il giocatore mischiando l’azione in prima persona con la meccanica del parkour. Quest’ultimo vedeva il protagonista in grado di saltare velocemente di tetto in tetto al fine di scappare alle meschine creature che popolavano le strade ed attraversare cosi la mappa cittadina, peraltro abbastanza vasta. La velocità dell’azione, assieme ad un’intelligente gestione del ciclo notte-giorno che rendeva ostico il passare la notte al di fuori dei rifugi, donava sensazione genuinamente colme di adrenalina. Alla luce di tutti questi meriti non sorprende che l’annuncio di un sequel da parte di Techland abbia riscosso il nostro pieno e convinto entusiasmo. All’E3 di quest’anno la stampa ha avuto accesso ad un hands-off di trenta minuti: qui sotto cerchiamo di fare il punto sulla situazione.
L’innegabile punto debole del primo capitolo era la genericità del canovaccio narrativo. In questo senso Dying Light 2 dovrebbe marcare un netto miglioramento nella serie perché il narrative director è l’illustre Chris Avellone, già autore di Prey, Pillars of Eternity ed alcune quest di The Witcher 3, solo per citare titoli recenti. Inoltre, le informazioni che ci giungono dall’E3 confermano chiaramente come il gioco includa una componente ruolistica per cui il giocatore viene chiamato a compiere delle scelte ed a convivere con le relative conseguenze. Andando nello specifico di quanto condiviso dagli sviluppatori, abbiamo appreso di trovarci in una città est-europea a 15 anni dai fatti narrati in Dying Light: il nostro personaggio Aiden Caldwell, già infetto dal virus il quale può essere tenuto a bada con continue iniezioni di siero, deve negoziare con tale Colonnello l’accesso all’acqua corrente per il proprio quartiere. Questo losco figuro è il capo di una delle bande che si spartiscono il territorio cittadino: l’infiltrazione necessaria per raggiungerlo si svolge dunque su un terreno conteso in cui potremo avvalerci di un conflitto che non dipende da noi ne dalla nostra missione. In questo senso il precedente da citare per riferimento potrebbe essere Metal Gear Solid 4. Durante il percorso Aiden è anche chiamato ad operare delle scelte quali aiutare o meno dei compagni feriti a terra al prezzo di trovarsi in una situazione difficoltosa: la rilevanza delle scelte è variabile, ad esempio l’esito del colloquio col Colonnello può determinare la scoperta o meno di un’area interamente opzionale.
La nuova veste grafica appare sensibilmente migliorata rispetto al primo capitolo. La città, divisa in sette distretti aventi caratteristiche differenti (un po’ come nella capitale di Toussaint del DLC Blood and Wine di The Witcher 3), appare anche artisticamente ispirata, con la presenza di sezioni che mostrano una commistione tra devastazione apocalittica e personalizzazioni legate alle varie bande del territorio. Lo sfruttamento della meccanica del parkour richiede, come sempre, una verticalità vertiginosa nell’urbanistica al fine di spettacolarizzare la navigazione della mappa e, rispetto al primo episodio, Techland sembra aver voluto massimizzare le superfici con le quali è possibile interagire. Il level design sembra inoltre riflettere in qualche modo la varietà di nemici presenti: la differenziazione netta dei pattern di comportamento è un elemento gestito con estrema intelligenza dagli sviluppatori polacchi. Solo determinati tipi di avversari sono in grado di raggiungere una certa altezza: ad esempio, gli zombie normali non possono arrampicarsi mentre i runner si. Come in The Last of Us, questo rende tattico il nostro approccio al combattimento: a seconda dei pericoli presenti è necessario scegliere un punto di vantaggio in cui piazzarsi o rifugiarsi.
Sembra dunque che questo seguito voglia migliorare il primo capitolo sotto ogni punto di vista. In aggiunta, vi è la chiara ambizione di elevare il livello della narrativa inserendo degli elementi ruolistici inediti per la serie. Ovviamente resta da chiarire la qualità delle missioni secondarie che, in un gioco sandbox come Dying Light, sono potenzialmente decisive per decretare soddisfacenti sia longevità che coinvolgimento ed immersione. Le premesse per un gran gioco, insomma, ci sono tutte. L’uscita prevista per Dying Light 2 è durante la primavera 2020, sensibilmente in ritardo rispetto all’iniziale informazione che indicava in 2019 come finestra di lancio. Siamo fiduciosi che Techland faccia un uso saggio di questo tempo di sviluppo aggiuntivo. Si segnala che la fonte principale per questo articolo è stata l’anteprima di Tommaso “Todd” Montagnoli pubblicata su Everyeye.it, la quale è stata integrata con informazioni provenienti da una miriade di altri siti.
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Gioco che non mi intriga per nulla.
Iden! Non mi dice niente.😕
Hai provato il primo? Lo trovi per due lire: prova a dargli una possibilità
Il primo è stato uno dei miei giochi preferiti di questa gen. Non vedo l’ora di giocare a questo secondo! 😀
Il primo davvero niente male ! Per ora non ho mi interessa !
Si una vera sorpresa