La politica sui prezzi di Nintendo è diventata proverbiale tra i gamer. Mentre la concorrenza console e PC combatte a suon di offerte e campagne promozionali, così frequenti e lunghe che spesso si sovrappongono, per portare un gioco al maggior numero di clienti possibile tagliandone drasticamente il prezzo, un utente Nintendo Switch sa che il valore del suo acquisto non calerà mai nel tempo. Se la decisione dell’acquisto di un titolo PlayStation o Xbox al Day one dipende solo dalla volontà di provarlo per primi, considerato che nel giro di un mesetto o poco più sarà possibile trovare lo stesso gioco a prezzo scontatissimo, nel caso di Nintendo Switch la spesa richiesta rimane costante per anni e sposta il focus sulla qualità e sull’appeal dell’esperienza, più che sul suo costo.
Una politica chiara, definita e, sebbene scomoda, encomiabile che emerge nel libro uscito quest’anno e dedicato allo storico presidente di Nintendo, Satoru Iwata. Riassumendo, l’idea di base da cui parte Nintendo è che i primi acquirenti di un gioco non devono perdere fiducia nel produttore della console e devono in qualche modo essere ripagati e coccolati per aver supportato un gioco al lancio. La guerra dei prezzi, invece, è una guerra senza sosta e al ribasso continuo, perché porta l’utenza ad aspettare sempre un’offerta migliore e, soprattutto, si dimostra poco rispettosa nei confronti degli early adopters. Ecco le parole testuali tratte dal libro di Iwata:
Dopo che un nuovo hardware viene lanciato sul mercato, il prezzo viene gradualmente ridotto per cinque anni fino a quando la domanda non ha fatto il suo corso. Ma quando c’è sempre domanda, perché preoccuparsi di ridurre il prezzo in questo modo? La mia opinione sulla situazione è che se abbassi il prezzo nel tempo, il produttore condiziona il cliente ad aspettare un’offerta migliore, un approccio che ho sempre trovato strano.
Ovviamente, questo non significa che io sia completamente contrario all’abbassamento dei prezzi, ma ho sempre voluto evitare una situazione in cui le prime persone che acquistano e ci supportano si sentano punite per aver pagato di più, lamentandosi: “È questo il prezzo che pago per essere il primo?”
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Che paraculo, bella scusa.