Mi è venuto un gran mal di testa. O lo avevo già? O, più verosimilmente, mi verrà? O forse ancora, un altro me, in un altro universo, in questo momento sta scrivendo queste stesse parole? È un po’ questo il mio stato d’animo dopo aver preso parte a uno degli eventi “televisivi” più importanti di questo tormentato e surreale 2020, con la recensione di Dark 3, il finale della serie.
La serie tv creata da Baran bo Odar e Jantje Friese, il cui debutto risale al “lontano” 2017, ha continuato a generare consensi e apprezzamenti, diventando, col tempo, un nuovo punto di riferimento per il genere di appartenenza e, probabilmente, non solo.
Aspettavo da molto di poter mettere le “mani” su quest’ultima iterazione dello show, per diversi motivi. Il più ovvio, per una doverosa e giustificabile fame di risposte, è il seguente: l’ultimo episodio della passata stagione, così come quella precedente in verità, mi aveva lasciato un vero e proprio vuoto interiore e, soprattutto, tanti – troppi – dubbi.
Il secondo, più romantico, se vogliamo, è relativo a quel concetto squisitamente umano che corrisponde al nome di “lieto fine”. Può uno show come Dark, oscuro, brutale, logorante e asfissiante sia nelle sue atmosfere sia nelle sue tematiche, offrire agli spettatori un finale tutto sommato positivo?
C’è speranza per Jonas, Martha, Hannah e tutti gli abitanti della funestata cittadina di Winden di trovare un po’ di pace?
Ci ho pensato molto, negli ultimi mesi. Ho provato a fare mente locale su ciò che è avvenuto in passato, sui vari collegamenti non soltanto relativi agli eventi, ma anche alle complesse “relazioni” e linee di sangue varie che lo show ci ha spiattellato in faccia e senza pietà sin dal primissimo episodio, ma con una lenta e inesorabile crescita con il passare del tempo.
Avevo provato a fare ordine, e complice anche il finale della seconda stagione, pensavo di aver trovato la quadra, di aver in qualche modo iniziato a comprendere, a fare mio, un racconto che sin dalle primissime battute non si è mai preoccupato della salute mentale dello spettatore, investendolo a più riprese con una quantità e una complessità di informazioni a tratti impossibile anche soltanto da quantificare.
Parlo al passato, perché alla fine la mia missione è in parte fallita. E non poteva essere altrimenti. L’inizio della terza stagione, che ho avuto modo di vedere nella sua totalità in anteprima (otto episodi), è arrivato per sconvolgere nuovamente ogni cosa, ma col fine ultimo di dare una chiave di lettura totale su tutti gli eventi di tutte le linee temporali viste nel corso delle varie stagioni, con ovvie conseguenze sul ritmo e sulla gestione stessa degli episodi.
E fondamentalmente ci è riuscita, ma ovviamente l’ha fatto portando avanti la tradizione, ossia bombardando dal primo all’ultimo minuto la mente dello spettatore con nozioni continue, rivelazioni, intrighi, verità sconvolgenti e segreti che finalmente acquisiscono un significato. Dark 3 è ripartita esattamente da dove si era interrotta la seconda, ossia con una scoperta tanto “telefonata” quanto allo stesso tempo in grado di rimescolare le carte. Tale verità si è palesata con le sembianze di una “nuova” Martha, la cui venuta ha fugato – definitivamente – ogni dubbio: non esistono soltanto più linee temporali, ma anche più universi.
Con queste premesse, gli sceneggiatori hanno costruito un comparto narrativo per Dark 3 complesso e sfaccettato, che non lascia nulla al caso ma anzi, nel tentativo di risultare più coerente e fedele possibile a tutto ciò che è stato finora, ha contribuito fortemente al farmi smarrire più volte, per poi riprendere, in qualche modo, la situazione in mano.
Il viaggio (o i viaggi) di Jonas e Martha alla ricerca di una salvezza che per un luogo come Winden e i suoi abitanti sembra nient’altro che una chimera, sono l’epicentro di una storia che continua però a muoversi su una moltitudine di piani diversi – interconnessi in maniera sempre adeguata ma a volte difficile da tenere sotto controllo -, in una sorta di puzzle semovente che prende forma lentamente.
Prende forma a piccoli passi e come un bambino alle prime scorribande dopo le prime incertezze, il complesso quadro narrativo e tematico prende definitivamente il volo riuscendo, a poco a poco, a chiudere in qualche modo tutte le questioni in sospeso, lasciando però allo stesso tempo quella possibilità, non sempre apprezzata, di poter continuare a porsi domande su ciò che effettivamente è stato e soprattutto su ciò che potrebbe essere.
Una persona vive tre vite: la prima termina con la perdita dell’ingenuità, la seconda con la perdita dell’innocenza, e la terza con la perdita della vita stessa.
La missione finale di Jonas e Martha viene messa su schermo dagli sceneggiatori con una consapevolezza dei propri mezzi se vogliamo maggiore, più marcata, cosa che si avverte nella scelta di osare ancora di più nell’indottrinare lo spettatore, sempre più “schiacciato” da un immaginario complesso e che continua ad espandersi minuto dopo minuto. Come in passato, ma ora con maggior decisione, Dark 3 porta con sé una quantità incalcolabile di nuove storie o, per essere più precisi, di nuovi dettagli e nuove informazioni su ciò è stato e ciò che sarà, rendendo così ogni passaggio praticamente fondamentale.
Non lascia nulla al caso la coppia al comando, e non l’ha mai fatto. Del resto, l’intenzione iniziale è sempre stata quella di giocare sull’ineluttabilità di un destino che sembra non volersi fermare mai e che come un feroce predatore agguanta la sua preda in tutti i modi possibili, lasciandole poche possibilità di salvezza e di speranza. Accade un po’ così, procedendo con la visione degli episodi, quando sullo schermo si assiste ad una vera e propria “moltiplicazione” delle figure di maggior spicco della serie, che sembrano ruotare intorno ad un’asse pericolosamente fragile e soprattutto che non vuole essere l’unico esistente.
La presenza di un mondo aggiuntivo dà ovviamente uno scossone pesante in termini di narrazione, che si spacca ancora di più, frammentandosi e ricomponendosi con un ritmo impressionante. Le origini della scissione, la genesi della particella di Dio, lo “starting point” della spettrale routine da cui è avvolta l’intera città: sono questi i temi con cui lo spettatore avrà a che fare durante quest’ultimo viaggio, e vi posso garantire che ho avuto molte difficoltà a far combaciare tutti i pezzi ma, alla fine, ogni cosa sembra aver acquistato finalmente un senso.
Nel mentre comunque la terza iterazione dello show non perde quel suo gusto dinamico e incredibilmente iperattivo, che riesce ad abbracciare ancora una volta e senza problemi quella doverosa faccia più “lenta” e meno votata all’azione, caratterizzata da una folta presenza di dialoghi, monologhi, riflessioni e narrazioni fuori campo, fondamentali per rendere l’intricatissimo quadro narrativo più sensato e alla portata di tutti.
È possibile cambiare il passato oppure il tempo è una bestia immortale che non può essete domata in alcun modo?
Mi ha colpito molto Dark 3 perché nonostante la necessità di chiudere tutti gli intricatissimi percorsi narrativi intrapresi nelle passate stagioni non si è smarrita, non ha perso lucidità, rimanendo fondamentalmente quello che finora è sempre stato: un prodotto a tratti esemplare. E non è soltanto l’impronta narrativa a giocare un ruolo fondamentale nell’economia dello show. Il punto di forza della serie rimane l’ottimo lavoro di “preparazione” alla stessa, che parte ovviamente dalla gestione del casting, che sin dalle primissime battute ha saputo dimostrare di essere uno dei punti di forza più evidenti della produzione.
Ancora una volta la forza del cast e della sua gestione si è rivelata ai limiti della perfezione, quasi senza sbavature, se non fosse per alcune “forzature” che ho riscontrato soltanto proprio nelle battute finali, che però non hanno una valenza tale da minare un risultato complessivo semplicemente impeccabile. E anche lo stesso finale, se proprio volessi trovare il proverbiale pelo nell’uovo, potrebbe rappresentare un problema nella valutazione generale del prodotto.
Non che non sia all’altezza, anzi, e nemmeno che non riesca a dare una giusta chiusura allo show, tutt’altro, ma semplicemente perché mi è apparso sin troppo scontato, da un certo punto in avanti. Superata la metà degli episodi e assimilata per bene la spaventosa mole di nuove informazioni, ho iniziato a capire dove effettivamente le cose avrebbero potuto andare a parare sul finale e se devo essere sincero non mi ha fatto molto piacere scoprire di avere ragione. Ripeto: non perché il finale di Dark 3 non sia all’altezza, ma più semplicemente perché è arrivato in maniera troppo “inevitabile”; del resto da uno show che ha giocato tutto il tempo sul destino e sull’inevitabilità del corso degli eventi non avremmo potuto e dovuto aspettarci niente di diverso.
Nel salutare il suo pubblico, inoltre, Dark ha saputo mantenere su standard molto elevati anche il comparto tecnico e artistico, anch’esso uno dei punti di maggior pregio della serie originale Netflix. Escludendo alcuni artifici e qualche scelta estetica discutibile e per certi versi forzata, la realizzazione ha saputo ancora una volta risultare egregia, per certi versi ancor più pregevole. Mi sono innamorato di alcuni passaggi, di alcuni scorci, ed ho apprezzato parecchio la scelta di puntare forte in fase di ripresa su una palette cromatica tendenzialmente fredda, in cui i colori rasentano quasi quota zero per quel che riguarda la saturazione, cosa che ha contribuito fortemente ad accrescere quella sensazione di angoscia e dolore che pervade lo spettatore dal primo all’ultimo secondo.
“Credevo di avere tempo”… Perché lo dicono tutti? Come puoi averlo se lui ti imprigiona?
Mi hanno lasciato ancora una volta di stucco alcuni momenti, votati a tentare di dare un volto allo scenario di una storia incredibilmente complessa, sfaccettata, vorace e dolorosa, ma che alla fine ha saputo dare agli spettatori ciò che più desideravano: risposte.
Dark 3 è un po’ la summa cum laude di quanto visto nelle precedenti stagioni, e non potrebbe essere altrimenti. Gli sceneggiatori hanno imbastito un’ultima tornata di episodi che ha centrato un delicato obiettivo: dare risposte e soprattutto un senso a quanto visto finora, tutto questo con un ritmo ancor più frenetico, una direzione sempre impeccabile (al netto di alcuni svarioni) e una resa del cast ancora una volta eccellente. Tutti questi fattori, messi insieme, contribuiscono a rendere più che soddisfacente il lungo addio allo show, e non importa se il finale è tutto sommato telefonato e se vogliamo poco ispirato. Ho amato le precedenti stagioni di Dark, e ho amato questa forse più delle altre, e poco importa se mi ha fatto venire un mal di testa più alto di me, considerata appunto la natura dello show.