Tre ore di una demo acerba a più di un mese dalla pubblicazione e ne sono perdutamente innamorato. Il colpo di fulmine per Mutant Year Zero, però, è scoccato settimana scorsa alla vista di un videodiaro degli sviluppatori da cui si evinceva chiaramente che tra combattimenti a turni in stile XCOM, esplorazione in tempo reale, elementi stealth da sfruttare strategicamente e una forte componente narrativa, quel gameplay doveva essere mio.
Ci sarebbero tante cose da dire su Road to Eden, partendo dalla fonte a cui si sono ispirati i ragazzi di The Bearded Ladies – sotto etichetta FUNCOM – per imbastirne l’infrastruttura interattiva, ossia quel Mutant: Year Zero che altro non è se non un gioco di ruolo svedese, arrivando alla scelta di utilizzare un middleware come Elias per donare al gioco una colonna sonora dinamica, ma la realtà dei fatti è che i Depeche Mode non hanno sempre ragione (Everything Counts, 1983) e questi sono tutti argomenti che si potranno approfondire in futuro con uno speciale: l’unica cosa che conta ora è il gameplay e, voglio ripetermi, me ne sono innamorato.
sistema di controllo e telecamera sono pensati per dare il meglio con un pad
Fin dalle prime battute si capisce che il sistema di controllo e la telecamera sono stati pensati per funzionare al meglio con un pad. Il gioco uscirà il 4 dicembre 2018 su PC, PS4 e One ma la scelta di privilegiare il controller non dipende dalla natura multipiattaforma del titolo, quanto dalla necessità di coniugare le sessioni esplorative – in cui è indispensabile potersi muovere con precisione a 360° – con quelle incentrate sui combattimenti a turni che sfruttano la classica combinazione di visuale isometrica, punti azione e scacchiera. Se in quest’ultima fase mouse e tastiera non temono rivali, girovagare per le wasteland con il solo WASD è tanto scomodo quanto poco intuitivo. Certo: avrebbero potuto optare per una soluzione più canonica a là “clicca e vai”, ma qui entra in campo un terzo elemento chiave per comprendere la natura ibrida di Mutant Year Zero, ossia l’ingaggio stealth. In pratica, girando liberamente per i livelli secondo percorsi più o meno obbligati ci si trova nelle condizioni di poter superare un gruppo di nemici semplicemente tenendosi lontani dal loro campo visivo. Questo può essere statico, come nel caso di avversari immobili sulla propria posizione, oppure dinamico come per le ronde. Vien da sé che l’accuratezza offerta da una levetta analogica supera di gran lunga l’imprecisione di qualsiasi altro input possibile, quindi pollice recto per la scelta degli sviluppatori e se siete giocatori PC con la puzza sotto al naso fatevene una ragione e comprate un gamepad.
Ho accennato alle wasteland di Mutant Year Zero e credo sia opportuno spiegare l’orizzonte narrativo in cui si collocano prima di tornare sulla componente ruolistica del titolo. La premessa è che il mondo come lo conosciamo noi non esiste più; distrutto dall’inquinamento, dal surriscaldamento globale, da pestilenze e dalla lotta per le risorse scarse che ha portato alla guerra nucleare, quello che ne rimane sono rottami. Rottami preziosi, però, che permettono a una piccola porzione di umanità di sopravvivere all’interno dell’Arca: una costruzione sopraelevata a cui si accede per mezzo di un ascensore e che funziona da hub centrale dove si possono acquistare upgrade, nuovo equipaggiamento, fare scoperte sugli artefatti recuperati e far evolvere la trama parlando con alcuni personaggi tra i quali il leader Elder. Fuori dai confini dell’Arca regna il caos e i due protagonisti con cui si inizia l’avventura non sono altro che stalker al servizio della comunità. Non sono umani; non nel senso stretto del termine. Sono mutanti, figli dell’orrore nucleare che continua ad agire su di loro con mutazioni progressive. La componente narrativa giocherà un ruolo fondamentale nello svolgersi degli eventi e per ovvie ragioni ne ho avuto solo un assaggio, ma risulta chiara fin da subito la differenza con uno qualsiasi degli XCOM di Fireaxis Games.
In Mutant Year Zero non ci sono reclute anonime che combattono sullo sfondo di una storia impersonale; ci sono veri e propri protagonisti di un racconto post apocalittico
In Mutant Year Zero: Road to Even non ci sono reclute anonime che combattono sullo sfondo di una storia impersonale; ci sono veri e propri protagonisti di un racconto post apocalittico e questo si ripercuote anche sul gameplay tout court, sia dal punto di vista della crescita del personaggio sia sul game over in caso di morte permanente. Gli sviluppatori hanno previsto comunque tre livelli di difficoltà, l’ultimo dei quali non rigenera la salute e le abilità attive al termine del singolo scontro. Se poi si sceglie di attivare l’opzione “mutante di ferro” viene precluso perfino il salvataggio manuale, quindi ogni singola scelta dev’essere ponderata con la massima attenzione perché potrebbe essere l’ultima. La meccanica degli scontri è del tutto simile al già citato XCOM: griglia di movimento, due punti azione, coperture parziali o totali. Lo scatto consuma entrambi i punti ma raddoppia la distanza percorribile all’interno del turno, ci si può muovere e sparare, mettere di guardia, curarsi, attivare colpi speciali… insomma: niente di nuovo su questo fronte. Diverso, invece, è il modo in cui i personaggi crescono di livello, qui gestito come negli RPG meno hardcore con la sola variante di intervenire vuoi sulle statistiche (i.e. aumentare i punti vita) vuoi sulle abilità (i.e. 100% colpo critico con un cooldown legato alle uccisioni).
Manca più di un mese alla pubblicazione e il team di sviluppo deve rifinire molti particolari, compresa la localizzazione ancora parziale e alcune formattazioni evidentemente provvisorie. Al netto di questi ovvi aggiustamenti, l’unica cosa che non mi è piaciuta è il design dei nemici, denominati “ghoul” e declinati in classi associate alla tipologia di attacco di cui sono dotati. Giusto per fare un paio di esempi, il cacciatore predilige le lunghe distanze mentre il saccheggiatore gli scontri ravvicinati. Lo stesso distinguo vale per i nostri Bormin, Dux e Selma (di cui non vi dirò nulla!) che però vantano modelli e animazioni di grande qualità. Il giudizio sulla fattura degli avversari va comunque rimandato alla recensione ma trattandosi del solo aspetto negativo ho dovuto citarlo per forza ché altrimenti sarebbe stata un’anteprima senza sbavature e io c’ho già l’hype alle stelle che nemmeno Red Dead Redemption 2 (qui la prima puntata della blind run di Antonio Fucito, casomai foste interessati) quindi dovevo stemperarlo con qualsiasi scusa possibile. La realtà è che aspetto con ansia – e senza riserve – il 4 dicembre, convinto che Mutant Year Zero: Road to Even abbia tutte le carte in regola per farsi spazio sul mio desktop tra l’icona di War of the Chosen e quella di Phantom Doctrine. #cantwait