Imagine Earth è un gioco di strategia davvero eccezionale. Confesso di non sapere da dove iniziare a scriverne se non dal fatto che ho riflettuto a lungo sull’aggettivazione da dare a questa prima frase. Ho guardato il vuoto del foglio bianco per alcuni minuti e intanto pensavo a quali parole avrei usato per un Civilization VI a caso, perché all’inizio mi sembrava di dover ponderare il giudizio, per evitare di esagerare, tenendo conto che i valori produttivi di Imagine Earth sono minuscoli rispetto a quelli dei colossi del genere…. ma poi mi son detto “ma anche sticazzi“, quindi sì: Imagine Earth è uno strategico eccezionale, definito dagli sviluppatori come una simulazione planetaria in tempo reale basata sulla gestione di una colonia spaziale da rendere florida e redditizia con il commercio di risorse o alleanze.
In realtà è molto più complesso di così, ma ne parliamo dopo il trailer.
Era il 2008: Martin Wahnschaffe, Jens Isensee e Florian Mätschke, tre giovanissimi studenti tedeschi, si presentano al Museo del Louvre di Parigi per partecipare come finalisti alla Imagine Cup 2008 di Microsoft nella categoria Game Development. L’anno dopo vincono i Serious Game Award di Hannover nella selezione dei Persuasive Game. Nel frattempo uno dei tre ragazzi – Florian – ha mollato il progetto ma i due rimasti continuano la loro scalata: nel 2010 sono tra i finalisti agli European Games Award di Colonia. Nel 2012 vincono la Intel Level Up e nel 2015, dopo aver fondato la loro società, sono tra i finalisti e vincitori di un’altra mezza dozzina di competizioni internazionali.
è un prodotto rifinito e curato in ogni suo aspetto
La versione in Accesso Anticipato di Imagine Earth viene pubblicata su Steam il 20 maggio del 2014 e dopodomani, mercoledì 26 maggio 2021, Imagine Earth uscirà dal limbo delle beta per entrare nella sua build 1.0 dopo più di sette anni dalla prima campagna di raccolta fondi su Indiegogo. Lo tenevo d’occhio da un po’ ma non volevo scriverne un’anteprima: volevo il gioco finito perché dopo tutto questo tempo i ragazzi della Serious Brothers se lo meritavano… e infatti già ve lo dico: comprate Imagine Earth (tipo subito). Negli anni, senza sosta, gli sviluppatori hanno rivisto l’interfaccia, il motore di gioco e le meccaniche. Quello che all’inizio sembrava un gioco indie a basso budget si è trasformato, come un bruco che diventa farfalla, in un prodotto rifinito e curato in ogni suo aspetto. Ecco, è bene ribadirlo: non si ha mai l’impressione di avere tra le mani un titolo underground.
Partiamo dal fatto che Imagine Earth presenta la localizzazione in italiano? No, dai: ormai siete abituati a non trovarla quindi non voglio mettere in discussione i vostri cliché made in Paradox, per i quali se volete giocare nella nostra lingua dovete affidarvi alle traduzioni amatoriali non ufficiali. Anche in questo caso la traduzione è amatoriale ma gli sviluppatori, che negli anni hanno stretto un legame piuttosto solido con la community (al momento sono circa 43mila utenti), sono stati attenti a inserire tutti i traduttori nei crediti del gioco. Però dicevo che non aveva senso partire da questo argomento quindi parliamo d’altro: il gameplay è un mix tra city building planetario e 4X in tempo reale, con tanto di albero delle tecnologie da ricercare, perk e cambiamenti climatici causati dall’azione sconsiderata di maldestri colonizzatori (cioè io).
è un mix tra city building e 4X in tempo reale
Ci sono tre modalità di gioco: la classica campagna, in cui dovremo raggiungere obiettivi prestabiliti come un tot numero di abitanti o risorse esportate; la modalità competitiva in stile Civilization VI, nella quale dovremo avere la meglio su altri giocatori all’interno dello stesso mondo; il “gioco infinito”, ossia una biosfera personalizzabile su cui poterci espandere come ci pare e piace senza la necessità di assolvere compiti specifici. Se in quest’ultima categoria rientrano anche gli scenari realizzati con l’editor integrato e quelli generati dagli altri utenti, che hanno selezionato condizioni ambientali, flora e risorse uniche per dar vita a limiti e opportunità diverse, nella modalità campagna si impersona un colonizzatore umano di una corporazione interplanetaria che avrà il mandato di occupare pianeti inabitati (non sempre) e proliferare fino al raggiungimento degli achievement richiesti per aprire le porte del mondo successivo. C’è anche una sorta di trama che fa da fil rouge e pone l’accento sul grande protagonista di tutto il gameplay, ossia l’equilibrio.
Tutto inizia con la scelta del tile triangolare su cui installare il primo centro cittadino. Ogni casella ha le sue caratterstiche e variano dal grado di fertilità ai moltiplicatori produttivi, il tasso di inquinamento, la temperatura relativa e il tipo di terrento che identifica quali edifici ci si possano insediare. Con l’arrivo dei primi coloni si dovrà provvedere a fornire loro energia, cibo ed elettricità. Ogni struttura può essere costruita solo se in possesso della rispettiva licenza edilizia e solo se già ricercata. Va da sè che partiremo con centrali a carbone o fattorie intensive per arrivare all’agricoltura biologica e all’energia pulita. Le licenze si possono acquistare anche dai tanti viaggiatori che atterrano sul pianeta, siano essi commercianti o scienziati in cerca di informazioni sulle rovine aliene presenti in tutta la (prima) galassia.
i tile edificabili sono una risorsa scarsa e la parola d’ordine è “ottimizzare”
Nel mezzo di questa evoluzione, sempre tramite l’albero delle tecnologie, potremo sbloccare upgrade e varianti per ciascuna struttura. Avremo quindi la possibilità di costruire nuclei urbani con il trasporto pubblico o boschi verticali, ma anche laboratori che riciclano i rifiuti in autonomia o producono energia quando, nella loro versione vanilla, non farebbero nulla di tutto ciò. Considerato che ci sono cinque famiglie di edifici, ciascuna composta da otto funzioni diverse e che per ciascuna di queste si possono attivare tre variabili, il fatto che non ci si possa annoiare lo voglio dare per scontato. È vero: una volta scoperte tutte le opzioni viene meno la voglia di sperimentare soluzioni alternative, ma saranno passate abbastanza ore da desiderare una nuova IP. Quasi dimenticavo di aggiungere che ogni struttura ha influenze negative o positive su quelle adiacenti. È un sistema di crescita molto raffinato, perfettamente integrato nell’onnipresente competizione territoriale implicita nello scarso numero di tile edificabili. La meccanica base, quindi, è quella di procedere per ottimizzazione, ovvero rendere efficiente tutto l’urbanizzato che sia esso primario, secondario o terziario (e vedete di farlo alla svelta). Nel processo di crescita della colonia ci sono molte avversità: dalle altre corporazioni che vogliono colonizzare la loro porzione di mondo, magari recuperando per prime i cristalli necessari ad aprire il portale verso un’altra galassia (io non vi ho detto niete), ai pirati spaziali che chiedono riscatti in beni e materie prime pena l’inizio di un conflitto a fuoco (e se non hai ricercato e costruito le torri di guardia sono cazzi amari, parola di lupetto).
potremo sbloccare upgrade e varianti per ciascuna struttura
Il vero nemico del colonizzatore del futuro, però, è l’inquinamento. Questo è inevitabile, specie all’inizio: ogni struttura produce rifiuti e gas che vengono immessi nell’atmosfera, portando all’innalzamento delle temperature e alla desertificazione del suolo. Un terreno arido produce meno cibo, i ghiacci dei poli iniziano a sciogliersi, le persone cominciano a stare male e si diffondono epidemie in tutti i distretti abitati. Devo ammettere che la prima volta a cui ho assistito a questo processo ci sono rimasto di stucco. Nel senso: sapevo che stavo tirando la corda con centrali a carbone e fabbriche, ma mai mi sarei immaginato di veder crollare la mia produzione alimentare con tanto di carestia, innalzamento del livello del mare e un contagio nato in periferia e poi diffusosi in tutto il pianeta (anche tra gli abitanti della corporazione avversaria, con la quale ho dovuto stringere un’alleanza per trovare una cura e salvare il salvabile). Imagine Earth ti spinge a ragionare sulle conseguenze di uno sviluppo non integrato con l’ambiente e, nello specifico, a sfruttare la ricerca tecnologica per riqualificare gli edifici troppo energivori o inquinanti. Come dicevo, il grande protagonista di Imagine Earth è l’equilibrio tra le parti… e diamine se sono riusciti a renderlo divertente!
Ogni biosfera è piena di risorse diverse che si possono estrarre e vendere, oppure sfruttare per la creazione di oggetti particolari come le bombe fertilizzanti. Inoltre, tutti gli edifici possono salire di livello e aumentare i loro valori produttivi o la capienza. I magazzini, ad esempio, quando salgono di livello ottengono un drone aggiuntivo con cui estrarre maggiori risorse dal suolo e riparare o sanificare il costruito (Dio benedica i droni). Se le strutture industriali hanno una crescita autonoma, per quelle residenziali vale il principio della prossimità, ossia che soltanto un conglomerato urbano coeso attiva gli upgrade per i singoli tile occupati. Anche in questo caso è più difficile a dirsi che a farsi, perché gli sviluppatori hanno studiato un’interfaccia molto intuitiva che permette di capire immediatamente quali strutture o gruppi possono livellare in quel dato momento.
Il vero nemico del colonizzatore del futuro, però, è l’inquinamento
Dal punto di vista tecnico Imagine Earth fila via che è una meraviglia, senza rallentamenti anche su macchine di fascia media come la mia. Artisticamente (adesso posso scriverlo con il consenso del legislatore) ogni pianeta è una piccola meraviglia, mentre la realizzazione dei distretti abitativi e la scelta dei colori delle strutture industriali potevano essere studiati meglio. A mio avviso si sarebbero dovuti sforzare di più al fine di rendere più leggibile la differenza tra le architetture, che in sè non sono malaccio ma si perdono un po’ troppo non appena inizia a crescere la densità abitativa.
Ho giocato Imagine Earth grazie a una chiave fornita dagli sviluppatori per alimentare il mio Ryzen 5 1600, dotato di GeForce GTX 1660 Ti e 16 GB di RAM, con il carburante dell'amore per i colonizzatori di paradisi terresti in galassie sconosciute.
DurataOddio… potrei andare avanti due ore continuando ad accennare i tanti particolari del gioco. Vi ho detto che si può giocare anche con le razze aliene? E che sono già state implementate le mappe prodotte dagli utenti del workshop di Steam con pianeti unici e sfide sempre nuove? E di quella volta in cui ho fatto spallucce a un avviso di pericolo in una delle mie aziende agricole e ha preso fuoco mezza città? Oppure che per ovviare all’innalzamento del livello del mare si possono investire soldi nella ricerca di edifici capaci di galleggiare, siano essi residenziali o produttivi? E che nelle partite infinite c’è il Congresso planetario in cui decidere chi, tra i colonizzatori presenti sul sistema, può inquinare e quanto? Non ve l’ho detto?
Dai: ho spazio anche per un commento personale sul voto. Io sono del team “non ha senso dare 100 perché 100 è un vertice a cui tendere senza raggiungerlo mai”. È anche vero che faccio parte pure del team “il voto lo do in base a quanto mi è piaciuto senza farmi troppe pippe mentali sul cosa gli ha dato questo, quello o Metacritic”. In quest’ottica, anche se Imagine Earth non è un gioco perfetto, le sue meccaniche lo sono per una trentina di ore buone (poi inizia a ripetersi e quel senso di meraviglia tende a svanire). Come scrivevo, il design delle strutture non mi piace e non mi piace nemmeno il bouquet “natura morta” scelto per quasi tutti gli edifici. Il fatto è che, al di là di questi elementi estetici, io non trovo altri difetti nel lavoro dei ragazzi di Seriuos Brothers. Potrei capire se un fedelissimo di Sid Meier se ne uscisse con un’invettiva sui limiti dell’albero delle tecnologie o sulla presenza di poche razze o sulla longevità imparagonabile a titoli del calibro di Civilization VI, però intendiamoci: chi (a parte il nostro Claudio Fabbri) ha davvero il tempo e la voglia di spendere 100 ore su IP come questa? “Qualsiasi giocatore hardcore“, mi risponderete voi… e avreste ragione se poteste davvero rispondermi mentre lo sto scrivendo (peccato però che non siate qui e non possiate controbattere). Ma un utente di quel tipo si muove già in un mercato saturo (pensate solo a Old World e Humankind) quindi non troverebbe in Imagine Earth pane per i suoi denti. Per tutti gli altri, allora, non è più intelligente distrarsi giusto un mese e dedicarlo a qualcosa che sappia saziarli senza chiedergli in cambio un anno della loro vita da giocatore? Io penso di sì, quindi viva Imagine Earth!
La recensione di Imagine Earth contribuisce a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett. Trovate i dettagli dell’iniziativa a questo link.
Se non fosse per il design di alcuni edifici e la scelta cromatica "natura morta" per quelli industriali e produttivi, Imagine Earth sarebbe una meraviglia da guardare, senza se e senza ma, con i suoi pianeti lussurreggianti e vivaci. Ecco, forse un poco privi di vita ma...
Ottimo il doppiaggio in inglese; un po' sottotono la colonna sonora in sottofondo, ma è un classico di questo genere avere musiche poco memorabili.
Ho già scritto nel corpo del testo il motivo di tanto amore per il gameplay di Imagine Earth (quindi andate e leggetene tutti). Volendo riassumere, potrei sintetizzare dicendo che la struttura ludica del gioco si basa sul raggiungimento di un equilibrio tra la necessità di espandere la propria colonia e i limiti imposti dal singolo pianeta. Inoltre, la varietà con cui occupare gli spazi edificabili è garantita da un sistema intelligente di ottimizzazione e crescita di ogni singola struttura al fine di prevenire gli effetti devastanti del surriscaldamento globale e della desertificazione.
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