A distanza di otto anni dall’originale release del titolo, avvenuta su PlayStation 3, Xbox 360 e PC, ritorna sugli scaffali videoludici Kingdoms of Amalur: Reckoning, in una versione riveduta e corretta, chiamata per l’occasione Re-Reckoning.
Disponibile per PC, PlayStation 4 e Xbox One e con tanto di espansione nuova di pacca già annunciata per il 2021, il titolo passato dalle mani di 38 Studios a quelle di THQ Nordic arriva sul mercato carico di attesa, specialmente quella dei fan che hanno apprezzato non poco la release originale, passata eccessivamente in sordina, schiacciata dal peso di uscite più importanti che ne hanno compromesso l’appeal.
Fortunatamente per il sottoscritto e per chi come me ha amato l’originale, tornare a Faelandia è stato possibile anche se devo ammettere che mi sarei aspettato qualcosina in più. Tante cose sono state lasciate fondamentalmente immutate, e la volontà di giocare al risparmio ha pervaso velocemente la produzione, finendo con risultare tutt’altro che encomiabile, a dispetto di un titolo che, narrativamente, ha ben pochi rivali ancora oggi.
Ogni qualvolta si toccano generi come il fantasy, nel cinema come nelle serie tv, fino ai videogiochi, è evidente quanto sia facile cadere nel baratro della ripetitività e della carenza di idee originali, salvo chiaramente alcune opere che hanno saputo sfuggire a questa realtà.
E, oggi come ieri, ho apprezzato molto Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning proprio per la sua enorme bontà narrativa, uno dei pregi storici della produzione. Sia chiaro, il plot di partenza sembra avere quel sapore di già visto e sentito, ma subito dopo le primissime ore si schiude davanti agli occhi del giocatore una narrazione sfaccettata e stratificata al di là di ciò che si potrebbe credere. La storia del cosiddetto “senza fato”, ossia il nostro alter ego, è veramente complessa e ricca di punti figli di una scrittura degna delle migliori opere del genere, che prendono con forza le distanze dagli stereotipi del genere, portando su “schermo” una narrazione adulta, minuziosamente curata e ricca di colpi di scena.
Ciò si tramuta in una campagna ricca, longeva e appassionante, in cui ogni passaggio merita grande attenzione poiché in grado di nascondere segreti o più semplicemente grandi informazioni nei confronti del mondo che ci circonda, un mondo in cui, in pieno stile fantasy, spiccano con forza elementi quali le lotte per il potere, le discriminazioni razziali e il terrore verso l’ignoto. Il nostro protagonista racchiude in sé un po’ tutte e tre queste caratteristiche, risultando per tutto il tempo – allo stesso momento – sia una speranza sia una minaccia per il mondo.
Questo si lega anche alla vastità e soprattutto alla qualità del cast di comprimari e di personaggi accessori, che rivestono un ruolo fondamentale nell’economia della storia. Ognuno sembra avere qualcosa da dire, ognuno ha la sua storia da raccontare e i suoi segreti da custodire e le missioni secondarie, spesso appunto legate ai personaggi in questione, risultano comunque piacevoli e, detto più “in soldoni”, utili in termini di loot e di ricompense. L’unica nota negativa della narrazione è rappresentata però proprio da queste missioni secondarie, spesso e volentieri eccessivamente staccate dal contesto principale.
Le tantissime quest accessorie, per quanto interessanti, spesso risultano molto distanti dalla storia principale, rompendo così il ritmo generale e spingendo il giocatore (come nel mio caso) ad accantonarle per potersi concentrare sul racconto e sulle sorti del nostro protagonista.
Uno dei punti di forza dell’originale Kingdom of Amalur: Reckoning è stato senza dubbio il suo gameplay. Saper fondere con tanta facilità un gameplay tipico degli action insieme ad uno stile inconfondibile da gioco di ruolo classico, con tanto di loot e punti esperienza, da sbloccare e utilizzare per potenziare il proprio alter ego, non è cosa da tutti, e ancora oggi, siamo convinti, il titolo ha ben pochi rivali sotto questo aspetto.
Per questo motivo, onestamente, mi sarei aspettato un lavoro leggermente più corposo, più “massiccio” e in grado di valorizzare ulteriormente l’ottimo materiale di partenza. Sfortunatamente, però, questo non è accaduto o per meglio dire, è avvenuto soltanto in parte. A livello di gameplay, infatti, la versione Re-Reckoning si limita a piccoli ritocchi, legati verosimilmente al bilanciamento e per nulla rivolti allo stravolgimento dello stilema di partenza. Rimane dunque il gameplay assuefacente al centro dell’attenzione e dell’interesse, fatto di scontri ora più godibili, ai fini principalmente di un loot che come in passato risulta centrale e di grande rilevanza. A questo si aggiungono i più classici elementi del gameplay tipico dei prodotti del genere, come il crafting, l’alchimia e il potenziamento delle pietre magiche, utili per la costruzione di un equipaggiamento sempre più adeguato alle nuove sfide, via via più difficili.
Perché, ancora oggi, è doveroso sottolineare quanto il livello di sfida sia tutt’altro che generoso, e si lega con forza anche ai piccoli ritocchi compiuti dal team per questa nuova edizione. Le ricompense delle missioni, ad esempio, ora sono molto più ponderate, più specifiche, e rendono la progressione, uno degli aspetti sicuramente più riusciti sia nel capitolo originale sia in questa remastered, una delle qualità più evidenti del gioco, per quanto in verità molto complessa e poco intuitiva. Recuperare oggetti utili è ora leggermente più semplice, e portare al termine le missioni offre una quantità di ricompense (oltre ai classici punti abilità) decisamente più generosa e sopratutto più adeguata al livello ed alla situazione specifica.
Tra tarocchi, fato, karma e quant’altro, l’aspetto ruolistico dell’esperienza è veramente impressionante ma è rimasto fondamentalmente identico rispetto alla release originaria, con gli sviluppatori che anche sotto questo aspetto si sono limitati a limare le imperfezioni o a bilanciare il tutto, senza introdurre però niente di veramente innovativo. Tutto questo senza dimenticare una delle novità più interessanti: l’arrivo della modalità Molto Difficile. Essa “costringe” il giocatore ad approcciarsi al titolo in maniera ancor più tattica e ragionata, costringendolo a tenere in conto tanti altri fattori, come le debolezze elementali delle creature, il tipo di arma impugnata, e così via.
Nel complesso, però, devo ammettere ancora una volta che mi sarei aspettato qualche novità in più, ma mi sono divertito non poco in compagnia del mio bel Uhtred (sì, sono un fan di The Last Kingdom).
L’aspetto più delicato di questa nuova edizione è rappresentato proprio dal comparto tecnico, vero punto di snodo del progetto. E, purtroppo, non posso non ammettere di aver apprezzato veramente poco la scelta del team di sviluppo di trattare con grande superficialità questo aspetto, offrendo un prodotto finale, almeno sul fronte estetico, a tratti improponibile.
Già all’epoca della sua realease originale, in realtà, Kingdom of Amalur: Reckoning portava su schermo uno stile visivo datato, poco rifinito ed eccessivamente “piatto”, da un punto di vista proprio della densità poligonale e nella cura per i dettagli, per certi versi “snobbati” e trattati con grande superficialità. Incredibilmente, otto anni dopo e con un distacco importante in termini di prestazioni potenziali degli hardware in circolazione, ho riscontrato in questa nuova edizione praticamente lo stesso valore tecnico, tirato a nuovo esclusivamente da una grafica più pulita e da poco altro.
Illuminazione, texture, design di nemici e personaggi, tutto gode di una qualità tecnica veramente bassa e che in tanti non avrebbero pensato di ritrovare ancora oggi. Per fortuna, almeno, ho potuto apprezzare l’ottimo lavoro svolto col frame rate, finalmente ancorato ai 60fps, cosa che rende gli scontri, per un titolo del genere, di tutt’altro spessore. Purtroppo, però, le buone notizie finiscono qui. Anche i menù, l’hud e i testi rimangono fondamentalmente gli stessi e i tempi di caricamento sono ancora lunghissimi e continui, anche nel passaggio tra un’area e l’altra.
A chiudere il discorso sul comparto audiovisivo, come al solito, cito il comparto sonoro, sicuramente di buon livello dal punto di vista dell’OST e anche del doppiaggio, specialmente se si prendono in esame alcuni specifici personaggi, ben interpretati dagli attori ad essi assegnati.
Ho (ri)giocato Kingdoms of Amalur, in versione Re-Reckoning per circa 35 ore, concentrandomi esclusivamente (o quasi) sulla campagna principale. Ho potuto fruire del titolo sulla mia PlayStation 4 Pro grazie ad un codice fornitomi dal publisher.
DurataKingdoms of Amalur: Re-Reckoning è un’operazione tutto sommato discutibile, ma comunque importante. Da un punto di vista delle innovazioni e della cura per i dettagli questa nuova versione non aggiunge praticamente nulla di veramente importante (a parte i 60fps), ma ha il grande merito di far riscoprire al pubblico un prodotto tanto importante quanto eccessivamente passato in sordina durante la sua release originale. Il DLC annunciato per l’anno prossimo può completare un quadro complessivo tutto sommato soddisfacente, ma attenzione: per quanto magnifico sia, il titolo mostra il peso degli anni sotto tutti gli aspetti, e ciò potrebbe rappresentare un ostacolo, specialmente per i giocatori più pretenziosi.
Graficamente, non voglio girarci intorno, mi aspettavo veramente qualcosa in più. Oltre ai 60 fps ed una pulizia generale più precisa, infatti, c'è ben poco e ciò non lo ritengo "normale" per un'operazione di remaster nel 2020.
Ottima la colonna sonora, così come in passato. Molto valido anche il doppiaggio, grazie ad un cast di doppiatori molto convincenti e soprattutto perfettamente calati nelle loro parti (tranne il protagonista, muto come sempre).
Piccoli ritocchi al gameplay, complessivamente funzionali. Ancora una volta, però, mi sento di dire che è tutto troppo poco coraggioso e votato al "risparmio". Rimane comunque un gioco molto divertente e appagante, oggi come ieri.