Resident Evil 2 è uno degli episodi più iconici della saga horror di Capcom, oltre che uno dei più amati dai fan, che non per niente da anni chiedevano all’azienda giapponese un nuovo capitolo ispirato alle atmosfere e agli scenari di quell’opera, se non addirittura un remake. Una richiesta caduta nel vuoto per tanto tempo, fino a quando i vertici societari non hanno finalmente dato l’assenzio per la realizzazione di un remake completo per PlayStation 4, Xbox One e PC.
Certo, ci sono voluti vent’anni, ma finalmente oggi possiamo tornare sulle strade di Raccoon City invase da orde di morti viventi e da creature mutate a causa di un terribile virus mutageno, ma con una nuova veste grafica assolutamente fantastica e un design generale più realistico.
Come l’originale, il nuovo Resident Evil 2 propone un’esperienza fortemente orientata verso il single player, con una giocabilità che si attiene agli stilemi tipici dei survival horror classici, dove la tensione, l’esplorazione, la risoluzione di enigmi e l’atmosfera recitano un ruolo da protagonisti, senza però per questo rinunciare ad ampliare la formula con delle modifiche importanti alla struttura narrativa, adesso più coerente e cinematografica, e alle meccaniche, “moderne” ma ben adattate allo spirito dell’originale. Il tutto, come vedremo, sublimato da un comparto tecnico di grandissimo livello.
Le prime novità si vedono fin dalle prime battute, anticipando quanto poi si vedrà più in avanti: personaggi, situazioni, momenti iconici dell’originale, nel gioco ci sono quasi tutti, ma rivisitati, spesso rielaborati e reinseriti magari in forma differente o in contesti diversi in funzione della storia e della struttura degli scenari.
Ecco quindi che le sequenze iniziali presso il distributore di benzina combinano stavolta filmati e sessioni di gioco, che servono a Capcom per dettare ritmi e atmosfere che accompagneranno poi il giocatore nel corso dell’avventura, in un crescendo di orrore e di momenti di paura sempre più intensi. E ovviamente per far provare i comandi.
Il sistema di controllo, in tal senso, è buono e reattivo, paragonabile a quello di altri sparatutto d’azione in terza persona, quindi senza meccaniche che impediscono di sparare e muoversi allo stesso momento. La telecamera è posizionata alle spalle dei protagonisti, in alto, e tende a seguire l’azione in maniera fluida e naturale. La scelta, credetemi sulla parola, è azzeccata e non ha cambiato più di tanto lo spirito del gioco originale.
Oltre a rendere più piacevole l’esperienza generale durante le fasi di esplorazione e raccolta dati, si rivela poi utile, specie nei combattimenti. Gli zombi, per esempio, si rivelano estremamente pericolosi perché barcollando spesso ingannano la mira ed evitano il proiettile, avvicinandosi pericolosamente. Per non parlare dei boss. Gli scontri con questi ultimi sono meglio articolati e strutturati rispetto al Resident Evil 2 di PlayStation. In generale offrono un livello di sfida a mio parere superiore, come del resto l’intera avventura.
L’inquadratura può passare rapidamente e senza stacchi da dietro il personaggio a un’altra più ravvicinata a seconda della scena, quando magari bisogna respingere a mani nude o con l’ausilio di un’arma secondaria il tentativo ravvicinato di morso di qualche zombi, o per zoomare un po’ sui nemici e mirarli nel caso si voglia aprire il fuoco.
Una visuale a mio parere ottima, perché consente di puntare bene i punti del corpo da colpire, che reagiscono in tempo reale ai danni subiti, perdendo pezzi della testa, delle mani o delle gambe in un tripudio di carni, ossa e sangue, e di non sprecare cartucce.
Ad acuire ulteriormente il senso di tensione e paura nelle fasi più avanzate del gioco c’è infatti proprio la scarsa disponibilità di ricariche per le armi, e la necessità quindi di ottimizzare al meglio le risorse in proprio possesso. Rimanere del tutto a secco è abbastanza improbabile, a dire il vero, anche perché adesso è possibile perfino costruirsi i proiettili trovando i giusti componenti, ma la loro quantità resta comunque sufficientemente risicata da fare in modo che il giocatore non abusi mai troppo del grilletto.
Da questo punto di vista diventa importante saper ruotare le armi a disposizione (se ne può assegnare una per ciascun lato della croce direzionale del pad per un veloce cambio), preservando magari quelle più potenti coi relativi caricatori per qualche creatura particolarmente ostica, piuttosto che per abbattere un paio di morti viventi, così come imparare le routine comportamentali dei nemici e studiare con attenzione l’area in cui ci si trova, per sfruttarne rispettivamente le debolezze e la conformità a proprio vantaggio.
Magari per aggirare i pericoli e sfruttare la corsa verso una stanza sicura, anche se i nemici stavolta sfondano spesso le porte non lasciando in pace i personaggi. In tal senso si rivela utile l’introduzione di alcune nuove opzioni riprese da altri capitoli della serie, come per esempio la capacità di creare barricate provvisorie per bloccarle o rallentarle come in Resident Evil Outbreak.
Le uniche zone sicure in teoria restano quelle dove si può salvare la partita tramite le vecchie macchine da scrivere o sono presenti i tradizionali bauli universali, come sempre posizionati in tutte le aree, grazie ai quali poter gestire il materiale raccolto, riponendolo al suo interno o scambiandolo con quello già presente, dal proprio inventario. Questi ha una capacità di trasporto limitata, ma modificabile raccogliendo in giro dei borselli che ne amplia il numero di slot disponibili.
Ad ogni modo, dopo i primi minuti in cui sono solo il sibilo del vento e il rumore dei propri passi a tenere compagnia al giocatore, avviene il primo incontro con l’orrore. Sono attimi di tensione, frastornanti, per certi versi scritti per incutere ansia e riempire gli occhi di violenza e sangue. Tanto sangue: perché in Resident Evil 2 questo elemento non manca, abbonda al pari delle situazioni splatter, che però non sono mai fine a sé stessi.
La situazione precipita in fretta: sotto una pioggia battente, laddove un tempo sorgeva una città brulicante di attività, ora si sentono solo i lamenti di creature che non sono più vive, infettate dal G-Virus, che come bestie affamate si aggirano barcollanti tra le ombre. Perfino l’aria stessa sembra pregna di disperazione.
La stessa che pian piano attanaglia i protagonisti, l’agente di polizia Leon Kennedy e la studentessa Claire Redfield, ai quali, dopo un rocambolesco incontro e un’altrettanta rocambolesca separazione resta però una speranza: quella che la stazione di polizia sia ancora attiva e ci siano degli agenti ancora operativi. Un fortino dove trovare riparo.
Perché dai vicoli bui dei quartieri, dalle strade dove visibili sono i segni di una battaglia senza regole combattuta ore prima per la sopravvivenza, fra le carcasse di auto esplose, i resti di edifici crollati o di esseri umani caduti nello scontro, si levano sinistri i gemiti di coloro che sono morti e risorti, e le grida di terrore di quelli che sono ancora vivi.
Quello però di trovare rifugio e protezione nella centrale si rivela per Leon e Claire una pia illusione che presto scaraventerà letteralmente i due protagonisti all’interno di un incubo a occhi aperti. I corridoi grigi e le stanze originariamente affollate della stazione di polizia, infatti, si trasformano presto in luoghi apparentemente deserti, misteriosi e carichi di minacce incombenti, grazie soprattutto all’ottimo utilizzo di luci e ombre dinamiche, che movimentano gli scenari creando paurose illusioni.
La scelta di Capcom di “accompagnare” gli eventi con un forte temporale all’esterno, e la mancanza di energia elettrica in diversi punti della centrale si rivela in tal senso azzeccatissima: la necessità per lunghi tratti di doversi muovere nell’oscurità appena scalfita dalla luce di una torcia, di agire in silenzio per non attirare l’attenzione di qualche pericolo, sono tutti aspetti creati ad arte per incutere tensione nel giocatore.
Un rumore all’esterno, il respiro che si ferma, i battiti del cuore che accelerano e le orecchie che si drizzano ad ascoltare il rumore di passi che si trascinano stanchi nel corridoio.
L’audio ha un ruolo altrettanto fondamentale nell’economia del gioco, amplifica la tensione con i colpi improvvisi, i gemiti lontani o paurosamente vicini dei nemici, che si confondono con i rumori di fondo dei propri passi, di un neon mal funzionante o di un tubo che gocciola, fino all’apparizione vera, improvvisa, di un morto vivente o del Tyrant T-103 che fa letteralmente arrivare il cuore in gola. Da ogni angolo, da ogni punto buio può infatti emergere una minaccia, un trancio di cadavere strisciante o una creatura desiderosa di banchettare con le carni di Leon o Claire.
E il salto sulla sedia è garantito.
Sul fronte tecnico Capcom ha puntato a raggiungere sessanta immagini al secondo stabili su PlayStation 4 “liscia”, anche se a occhio non mi sembra sia riuscita in questo compito: in un paio di circostanze ho infatti assistito a qualche sensibile perdita, e in generale il frame rate non mi è parso quasi mai sui 60fps. Resident Evil 2 lascia comunque senza parole per quantità di poligoni ed effetti, e presenta diversi aspetti interessanti che sono legati sia alle abilità artistiche del team di sviluppo che alla potenza del RE Engine, lo stesso motore grafico utilizzato per Resident Evil 7: biohazard. Il motore, al pari dei cambiamenti alla trama, ha infatti consentito a Capcom di dare sfogo alla fantasia e di sbizzarrirsi con trovate intelligenti, dagli inquietanti giochi di luce ad altri elementi utili a rendere l’atmosfera opprimente.
Non c’è più niente di vivo dietro le mura del Raccoon Police Department, e le uniche “cose” che vi si muovono dentro, non lo sono più da tempo.
Il tocco di Kazunori Kadoi e del suo gruppo si vede nella cura riposta per far sì che i corridoi della stazione di polizia, le fogne o i vicoli della città sotto una pioggia battente suscitino davvero paura, mescolando scie di sangue, inquadrature inquietanti e tanti angoli bui. La potenza dell’engine, nella resa visiva, nel modo in cui, come scritto prima, si è potuto rendere “vive” le fantasie degli autori.
Oltre agli scenari, particolarmente riusciti i volti e le animazioni dei personaggi, da Leon a Claire, da Marvin Branagh a Brian Irons, fino agli zombi e all’intero bestiario della Umbrella. Qualche critica invece la muoviamo per alcuni dei numerosi interni, dove nonostante la cura per i particolari, capita di ritrovare punti rivestiti da texture abbastanza scialbe, anche se queste non sfociano mai in livelli scadenti o a bassa risoluzione.
Ottimo l’accompagnamento musicale, caratterizzato da musiche inedite decisamente inquietanti, e altre che riprendono in parte le sonorità di quelle del gioco originale, reinterpretate in chiave moderna, così come gli effetti sonori capaci di incutere ansia in ogni momento, fino a raggiungere picchi di tensione nei momenti chiave dell’avventura. Buono in generale il doppiaggio in italiano, anche se le voci non sempre mi hanno convinto nell’interpretazione di alcune sequenze dell’avventura.
Ho giocato a Resident Evil 2 su PlayStation 4 a livello di difficoltà “normale” completando le campagne di Leon e Claire in quest’ordine, dopo aver giocato e finito l’originale nel 1998 su PlayStation decine di volte.
DurataIl remake di Resident Evil 2 è il sogno proibito di ogni fan della saga. E’ un gioco capace di ampliare l’universo, la storia e la struttura dell’originale, senza per questo snaturarne lo spirito. In questo rifacimento ogni cosa è stata ricreata con una dovizia davvero encomiabile, dal level design all’atmosfera, passando per la grafica e l’audio, fino alla regia e alla struttura narrativa. Ed è dalla combinazione perfetta di tutti questi elementi che scaturisce un gioco in grado di rendere omaggio al gioco del 1998, offrendo al contempo un livello di immersione e un’esperienza forse senza precedenti per la serie “classica”.
Ottimo il comparto grafico, con un engine proprietario sfruttato a dovere e una risoluzione a 1920x1080 e 60fps non molto stabili. Azzeccato il restyling del design dei personaggi principali, degli antagonisti e delle creature: zombi, Lickers e altri abomini della Umbrella Corporation non sono mai stati così reali e “belli” a vedersi come in questo gioco. Allo stesso modo ottimo il disegno degli scenari e dell’interfaccia, molto funzionale. Grande cura dei dettagli iconografici e per la “storia” del gioco.
Decisamente perfetto l’accompagnamento musicale, caratterizzato da musiche inedite inquietanti e altre che riprendono in parte le sonorità di quelle del gioco originale, così come gli effetti sonori capaci di incutere ansia in ogni momento. Buono in generale il doppiaggio in italiano, anche se le voci non sempre mi hanno convinto nell’interpretazione di alcune sequenze dell’avventura.
Non male la longevità, considerando le cose da fare e le modalità che si sbloccano al termine della campagna principale. Storia ben costruita, raccontata con un bel taglio cinematografico e diverse cose inedite da scoprire anche per i veterani della serie. Controlli nell’insieme fluidi, meccaniche da gioco d’avventura e sparatutto in terza persona ben implementate all’interno della struttura tipicamente da survival horror vecchio stile. Sistema di combattimento rinnovato, più dinamico ma senza esagerazioni.
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Splendido,memorabile,semplicemente inarrivabile…vero capostipite della serie.
GOTY 2019 per me!!