Questa recensione di The Boys si riferisce esclusivamente ai primi tre degli otto episodi che comporranno la seconda stagione dell’acclamato show di Amazon. Gli stessi episodi che saranno disponibili per tutti a partire dal prossimo 4 settembre su Prime Video, mentre i restanti cinque verranno cadenzati con un’uscita settimanale ogni venerdì.
Un gradito e corposo antipasto che ci ha permesso di immergerci nuovamente nell’affascinante mondo tratto dall’opera fumettistica di Garth Ennis, nella sua violenza splatter e nel suo irresistibile humor nero.
La seconda stagione riparte esattamente dove era terminata la prima (qui la nostra recensione): Butcher è scomparso in seguito alla tremenda rivelazione fattagli da Homelander e la squadra dei The Boys manca della sua carismatica guida. Il proposito di rivelare al mondo la verità sul Compound V e di smascherare la Vought International sembra quindi essere decisamente fuori portata per la scanzonata banda.
Dall’altra parte della barricata, tuttavia, i problemi non mancano. I Sette sono di fatto rimasti in cinque e la Vought deve fronteggiare nuovi, temibili nemici dotati di super poteri: i super terroristi (o super villain, come puntualizza più volte Homelander) che minacciano la sicurezza del paese e la solidità della multinazionale, ora capitanata dal freddo Stan Edgar (Giancarlo Esposito). Insomma tra i The Boys e i malvagi supereroi della Vought c’è una sorta di involontaria tregua, con ciascuna delle due parti occupata a risolvere, in primis, i propri conflitti interni.
Un incipit un po’ più intimista per questa seconda stagione che non ha paura di prendersi qualche tempo in più per scandagliare la psicologia dei personaggi
Homelander, interpretato da un sempre straordinario Antony Starr, è ancora una volta il fulcro del racconto. Impegnato nel consolidamento del suo potere all’interno dei vertici della Vought e al contempo galvanizzato (a suo modo) dall’inedito ruolo di padre, il personaggio di Starr riempie sempre in maniera brillante la scena, incutendo nello spettatore come negli altri personaggi un costante senso di ansia e pericolo: un treno in corsa pronto a deragliare in qualsiasi momento.
A fare da contraltare al psicopatico supereroe torna l’altrettanto psicopatico Butcher, magistralmente interpretato da Karl Urban, con le sue espressioni luciferine e il peculiarissimo accento neozelandese. Sempre più cieco nella sua vendetta contro la Vought e lo stesso Homelander, Butcher entrerà in conflitto anche con un tormentato Hugie (Jack Quaid), dilaniato dalla lontananza dalla sua amata Annie/Starlight al punto da mettere in discussione il suo intero percorso con la banda dei The Boys. Diverse scene sono ad esempio dedicate a The Deep, esiliato dai Sette e alle prese con una sorta di training autogeno/motivazionale dai risvolti grotteschi. Discorso analogo per Queen Maeve, interpretata dalla splendida Dominique McElligott, che appare sempre più stanca e incapace di mantenere la rigida divisione tra sfera pubblica e privata che si è autoimposta.
C’è spazio anche per una interessantissima new entry: Stormfront, interpretata da Aya Rachel Cash, nuovo membro della squadra dei Sette, che sotto la maschera da femminista di ferro sembra nascondere una duplicità e una cattiveria capace di sorprendere persino il sadico e folle Homelander, già poco incline ad accoglierla nel gruppo di supereroi Vought.
La moltitudine di personaggi e la volontà di un approfondimento verticale su alcuni di loro lascia al momento in secondo piano personaggi altrettanto interessanti e amati nella prima stagione, Frenchie e Mother’s Milk in primis ma anche Black Noir e lo stesso Edgar. Probabilmente nel corso della stagione riusciranno a trovare lo spazio che meritano, ma in questi primi tre episodi ne sono usciti un po’ troppo soffocati.
Alcuni personaggi restano un po’ troppo in secondo piano in questi primi tre episodi
L’alternanza tra scene corali e individuali, rispetto alla prima stagione, si sbilancia leggermente a favore delle seconde, almeno nei primi due dei tre episodi visionati. Il risultato però rimane comunque molto organico grazie ad un sapiente lavoro di montaggio che riesce a preservare ritmo e compattezza della narrazione, sempre sostenuto e cadenzato.
I tre episodi che abbiamo avuto modo di visionare per questa recensione di The Boys, che di fatto rappresentano una sorta di primo atto, terminano poi in un crescendo di azione e frenesia corale davvero memorabile che lascia pregustare un proseguo di stagione che non lesinerà scene d’azione memorabili e un valore produttivo decisamente elevato.
Nel pacchetto di questa seconda stagione di The Boys tornano prepotentemente tanto la vena da commedia nera quanto la violenza splatter della prima stagione.
I confronti personali conditi da dialoghi surreali e pungenti, gli straordinari “momenti promozionali” della squadra dei Sette, i momenti social di Stormfront, in ogni momento The Boys trasuda humor nero e politicamente scorretto (memorabile una stoccata al cinema di Michael Bay e alla sua tendenza a mortificare i personaggi femminili). Una cifra stilistica riconoscibile che conferisce al prodotto, come in passato, grande carattere e originalità.
In egual misura tornano le sequenze splatter al limite (ma anche oltre il limite) del grottesco, capaci di disgustare, sorprendere e divertire, tra esplosioni spontanee di teste, mutilazioni e capodogli sventrati (si, avete letto bene).
tornano prepotentemente tanto la vena da commedia nera quanto la violenza splatter della prima stagione.
Il tutto viene supportato da ottimi effetti visivi che sembrano mescolare sapientemente computer grafica e trucchi prostetici al fine di ottenere una resa più organica e materiale soprattutto dei corpi, umani quanto animali (esemplari, da questo punto di vista, le disgustose branchie di The Deep, in questa seconda stagione dotate quasi di “volontà propria”).
A condire il tutto, ancora una volta, una colonna sonora perlopiù non originale fatta di grandi brani del panorama rock-pop e rap, dagli R.E.M. ai Rolling Stones, che esaltano ulteriormente l’estetica squisitamente pop della produzione, contrappunto aulico alle miserabili bassezze di questi discutibili personaggi.
Il lauto antipasto che Amazon ci ha permesso di visionare in anteprima per questa recensione di The Boys non fa che confermare la scoppiettante salute di una serie fresca e dissacrante come poche. Al netto di alcuni personaggi un po’ in ombra in questi primi tre episodi la serie ideata da Eric Kripke si conferma come uno dei prodotti di punta dell’intero catalogo Amazon. Uno show sfacciato, sboccato e cattivo, capace di intrattenere e divertire riuscendo a coniugare al contempo una certa profondità tematica.
Le aspettative per i restanti episodi non possono che essere alte, soprattutto dopo il finale del terzo episodio che apre nuovi scenari e getta nuova luce su alcuni personaggi. Non vediamo quindi l’ora di concludere la visione di questo secondo ciclo di episodi in attesa, sin da ora, di una già confermata terza stagione. Like you just don’t care! (cit.)
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Posso dire che la prima stagione è stata una delle cose più belle in ambito serie tv? Riuscita, azzeccata, indovinata, frizzante e originale. Ma sopratutto ispirata e spettacolare. Vista in 4K con Dolby Sorround regala momenti di puro godimento. Realizzata bene tecnicamente e nel complesso assai godibile. Se i primi tre episodi si assestano sul livello (enorme) della prima stagione, possiamo aspettarci grande cose. Non vedo l’ora di spararmeli a tutto volume.
Si direi che siamo assolutamente in linea, nonostante parta un po’ più intima. Ci sarà sicuramente da divertirsi. Stagione 3 già confermata.