Lost Ember è il walking simulator degli animali: punto. Possiamo stare qui a disquisire quanto vogliamo, vista anche la massiccia presenza di collezionabili e il suo essere figlio di una clamorosa raccolta fondi (più di trecentomila euro su Kickstarter!), ma l’obiettivo principale e unico è quello di spostarsi da una location all’altra per sbloccare pochi ed evidenti hotspot. Una volta attivati, questi punti di interesse rivelano frammenti di una storia leggermente drammatica. Scrivo “leggermente” non perché si parli di cose vanesie quanto piuttosto perché i tedeschi di Mooney non riescono a infondere alla narrazione un vero pathos. Avete presente Shelter? Ecco, solo in una versione sottotono con l’aggiunta dei ricordi umani ma… svogliata. Poi continuo con le critiche ma intanto beccatevi il trailer:
L’incipit narrativo si risolve in questo: alcune anime, dopo la morte della carne, restano intrappolate sulla terra e non raggiungono la “città della luce”. Una di queste incontra un lupo e lo ferma per chiedergli indicazioni stradali (del tipo: “Vado bene per di qua?”), quando si scopre che questo splendido esemplare di canide lupino è nientepopodimeno che l’incarnazione di un’altra anima incastrata tra i due mondi; un’anima appartenuta a una giovane guerriera che si è ribellata contro… qui però entriamo nello spoiler selvaggio. Non ci sarebbe nulla di male, anche perché a raccontare tutta la storia ci vorrebbero dieci minuti, ma vi lascio la curiosità. La vicenda non è interessante poiché resta superficiale, non tocca elementi di attualità o di una qualche valenza storico-culturale, quindi è un po’ fine a se stessa. Si lascia ascoltare, sì, ma non ti prende mai il cuore. Si accenna alla lotta di classe, ai rapporti genitoriali, al perdono, alla ribellione… ma, lo ripeto, sono tutti temi appena pronunciati.
La storia tocca temi importanti dell’essere umano ma lo fa molto superficialmente
Anche il motore di gioco non sembra granché ottimizzato. Tra scatti, rallentamenti e piccoli problemi di telecamera – in parte eludibili grazie all’utilizzo di un pad – Lost Ember ha un livello di dettaglio molto basso. A dirla tutta è un peccato, visto che gli ambienti sono molto vasti e carichi di piccoli elementi come piante, fiori unici, resti di antiche civiltà e animali. Questi ultimi possono essere “posseduti” dall’anima del lupo e con questo escamotage gli sviluppatori mettono la parola “fine” alle meccaniche di gioco. In altre parole, gli unici ostacoli dettati dal gameplay sono muri, burroni, fessure… che alla bisogna possono essere superati da talpe, anatre, colibrì o marmotte (credo siano marmotte quelle che rotolano. Che altro animale potrebbe essere?), presenti nell’ambiente di gioco giusto un metro prima che sia necessario assumerne il controllo.
Il vero plus di Lost Ember è l’esplorazione, incentivata dalla presenza di circa duecento collezionabili (tra oggetti, animali rari e vegetali) che richiedono tempo e dedizione per essere trovati tutti. Resta da capire perché uno dovrebbe mettersi a cercare questi elementi persi tra le grinze della mappa ma ognuno ha i suoi gusti quindi alzo le mani. Confesso di essere rimasto stupito, quando mi è stata assegnata la recensione, dal numero impressionante di riconoscimenti: venti tra nomination e premi alle fiere internazionali di settore, tra le quali il Tokyo Game Show del 2019. Al primo avvio mi fremevano i polpastrelli, mentre pregustavo quello che ero convinto fosse un capolavoro… e invece niente. Ho pensato: “Si saranno fatti ingannare dalla demo“! Poi succede che il povero ragazzo a cui tocca recensirlo mica può parlarne male, no? Se ha ricevuto tanti riconoscimenti significa che… no. Non significa nulla se non che Lost Ember si presenta bello bellissimo quasi promettendoti di essere un Journey (senza riuscirci nemmeno da lontano).
Il vero plus di Lost Ember è l’esplorazione
Però, però, però… io sono anche uno che non ha vie di mezzo. Se un gioco mi prende, mi prende tutto; se un gioco non mi prende, non mi prende nemmeno di striscio, quindi cerchiamo di fare i seri per un attimo e vediamo di enucleare qualche ragione per cui valga la pena spendere quattro ore su Lost Ember al netto dei 29,99 euro che costa.
Ho giocato Lost Ember grazie a un codice fornitoci dagli sviluppatori sul mio Ryzen 5 1600 e la mia fidatissima GeForce GTX 1050 Ti al massimo del dettaglio.
Durata…
Datemi ancora un secondo.
Dunque. Dicevo che il vero plus di Lost Ember è l’esplorazione, incentivata dalla presenza di circa duecento collezionabili (tra oggetti, animali rari e vegetali) che richiedono tempo e dedizione per essere trovati tutti. Ecco, sì: lo avevo già scritto. Ci aggiungo anche alcuni paesaggi mozzafiato tra sabbie e oasi umide con gli elefanti. Quelle meritano, sì. Quindi consiglio l’acquisto di Lost Ember a tutti quelli a cui piace esplorare un ambiente naturale e incontaminato impersonando animali modellati così così, animati così così e con una marea di collezionabili.
Questo articolo contribuisce a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett. Trovate i dettagli dell’iniziativa a questo link.
Il mondo di gioco, gli ambienti, il senso degli spazi... funziona tutto. Modelli e animazioni, però, sono davvero appena accennati. Per un gioco che basa tutto il suo gameplay sull'esplorazione animale non è il massimo... e poi ci sono gli uccelli che volano male. Magari l'ho notato solo io, eh.
Il doppiaggio in inglese è di fattura eccellente, bisogna dirlo. La voce è molto british e fa il suo dovere. La colonna sonora c'è, funziona, ma io non ne rammento nemmeno una porzione.
Lost Ember è un walking simulator. Non c'è un vero gameplay. Sì: devi trasmigrare da un animale all'altro per superare il crepaccio o il muro che ti taglia la strada, ma...