Octahedron è un Rez formato platform

Demimonde remixa e fonde platform, puzzle e rhythm game, trovando la formula matematica del capolavoro

Recensione di Stefano Calzati

L’opera dello svizzero Demimonde (che scopro essere anche il termine con cui si definisce uno stile di vita edonistico, votato al lusso e allo sperpero incondizionato di denaro, cosa che potrebbe anche piacermi ad averne le possibilità) inizia con un’immagine allegorica, suggestiva. Un mondo in sfumature di grigio, piatto, apatico, demotivante. Una passeggiata nei boschi circostanti, in cerca di una possibilità, almeno di un’idea, pronta a presentarsi sotto forma di una voragine che ci invita a lasciarci cadere. Nel buio tutto assume un’estetica stroboscopica, con luci dai colori primari dopati al neon, intermittenti e pulsanti, che obbligano ad avvisare del pericolo i soggetti affetti da epilessia fotosensibile ben prima di premere anche un solo tasto.

Si capisce immediatamente di stare immergendo il cervello in un’opera non comune, con una personalità fortissima e un’idea ben precisa che continua ad evolversi fino alle sue estreme conseguenze creative. Tre tracce mixate con precisione chirurgica che si armonizzano a vicenda, suonando piene, martellanti, esaltanti. Un groove platform capace di far ballare sui controlli come ad un festival, contaminazioni puzzle che cambiano costantemente il ritmo e la consistenza dei livelli, sostenuti da una clamorosa colonna sonora house/trance la cui possanza lacera il tessuto stesso del gameplay. È un uso viscerale della musica, che non impone superficialmente di premere tasti a tempo ma spinge a vivere le sonorità, sincronizzando le nostre azioni ai suoi battiti come davanti a un metronomo. Il risultato è una laurea all’università di sound design dove Tetsuya Mizuguchi è rettore da anni, conseguita dopo una tesi sull’espansione concettuale del rhythm game oltre i suoi limiti. Senza rendersene conto si comincia a giocare tenendo il tempo, calcolando il movimento degli elementi mobili a schermo e il numero di piattaforme rimanenti da poter creare sotto i nostri piedi. Un’idea che ricorda quella dell’ottimo Light Fall (che però la sfruttava in velocità), che permette di creare un numero variabile di piattaforme una volta spiccato il primo balzo, spina dorsale dell’anima puzzle del titolo e abilità in costante evoluzione nel corso della progressione.

Il feeling è eccezionale, estatico. Il level design porta in palmo di mano tutte le meccaniche, trovando sempre un’idea geniale per metterle in moto, tanto che spesso capita di rimanere abbagliati come un cervo dai fari di un camion, davanti alla freschezza delle sue intuizioni. La sfida è una salita costante che spinge al miglioramento e stimola a risolvere i quadri nel modo più coreografico e fluido possibile, trovandosi a riavviare una partita per il puro gusto di farlo. Sa essere infido e certe sezioni vanno metabolizzate con un po’ di trial & error, ma appena compreso come ogni elemento sia perfettamente al suo posto, come gli ingranaggi di un Audemars Piguet, ci si ritrova ad amarlo incondizionatamente per gli attributi che mette in ogni sequenza. Una precisione che si nota anche nella distribuzione maniacale dei collezionabili e nella non banale gestione del 100%, che spinge a giocare un singolo livello in almeno tre modi differenti. Trenta gemme (nascoste dentro nemici e lampadine appese qua e là) e otto tetraedri, nascosti sapientemente o in bella vista nel mezzo di situazioni spinose, vanno raccolti con l’esplorazione, prendendosi il proprio tempo, che invece va tenuto in conto quando si vuole battere il cronometro. Il puzzle sublima poi cercando di usare il minor numero di piattaforme possibili per raggiungere la cima del livello (mi raccomando, usate il dorsale per crearle e non il tasto frontale suggerito nel minimale tutorial), estremizzando la pratica quando chiede di usarne esattamente il numero richiesto. Sono quei gameplay capaci di scatenare un fortissimo “effetto Tetris”, da giocare nella propria testa anche quando si è ben lontani dalla console.

È una continua sperimentazione, quella che Demimonde ci fa subire passivamente, godendone, così come quella che ci vede protagonisti, godendone ancora nel tentativo di scoprire la perfetta alchimia del titolo. Un gioco che ha anche il coraggio di terminare una volta raggiunto il suo picco qualitativo, rifiutando di allungare artificiosamente l’esperienza e preferendo cinquanta livelli compatti che vivono di genialità, in purezza, senza OGM o coloranti. È bellissimo, punto, specialmente vissuto con un buon paio di cuffie e l’inclinazione a lasciarsi trasportare dal flusso di gioco, spinti anche da un’estetica psichedelica da club onirico, cui fondersi e confondersi. Un rave party bidimensionale in battito perpetuo, popolato da sgargianti creature vettoriali che vivono al ritmo di sonorità di gran classe, facendo riemergere nella mente l’impatto e l’importanza della colonna sonora di Hotline Miami. Octahedron le stimmate del capolavoro le ha tutte, è disponibile su ogni piattaforma dell’attuale generazione e merita assolutamente di essere vissuto e adorato, senza alcuna controindicazione.

INFO UTILI

Ho ballato fino allo sfinimento, mio e dei Joy-Con di Switch grazie a un codice gentimente fornito da Square-Enix, che ha accolto l'opera di Demimonde nel suo progetto Collective. Il titolo è appena giunto sull'ibrida Nintendo, mentre sulle altre piattaforme è disponibile da quasi un anno. Ed è assolutamente e incontestabilmente una figata da far esplodere il cervello.

Durata
  • Otto ore per completare il gioco, tra innumerevoli fallimenti e altrettanti momenti di pura estasi, ma se si punta al 100% si può almeno raddoppiare la cifra.
Struttura
  • Cinquanta livelli divisi in sei mondi, per una doccia sinestesica che fonde in modo innovativo platform, puzzle e rhythm game.
Collezionabili e Extra
  • Ogni quadro ha cinque obiettivi opzionali, mentre finita la prima partita si sbloccheranno altri livelli di difficoltà, che vanno dall'impegnativo all'estremo.

Grafica

Monotematica, stroboscopica, intermittente, la veste grafica di Octahedron è un tripudio di luci al neon su sfondo nero che rimangono impresse sulla retina anche a console spenta. Un'estetica dalla personalità fortissima, unita alla fluidità dei sessanta fotogrammi al secondo che regala un'incisività straordinaria agli effetti grafici in costante deflagrazione a schermo. Ma sono sicuro che si possa osare ancora di più.

88
COLONNA SONORA E DOPPIAGGIO

Rotondo e avvolgente come diventa l'opera con un paio di cuffie alle orecchie. Voglio premiare non solo la qualità generale della colonna sonora, che nel suo genere è comunque altissima, ma soprattutto l'utilizzo che se ne fa. Le meccaniche del gioco sembrano sciogliersi a contatto col beat, avvolgendolo e lasciando che il tutto diventi un flusso perfetto e ininterrotto. Solo provandolo si può capire quanto sia straordinario il lavoro di sound design che c'è dietro, che diventa di fatto level design tout court.

100
GAMEPLAY

Certi passaggi, nei livelli finali, disarmonizzano leggermente il perfetto equilibrio che si era provato fino a quel punto, entrando un po' troppo spesso nel territorio del trial & error, però che dire, da giocare Octahedron è un'esperienza straordinaria, divertentissima, stimolante. Innovativo per indole, geniale ma mai fine a sè stesso, diverte sempre e comunque, anche e soprattutto nelle difficoltà, ritrovandosi a rigiocare i livelli anche per puro sfizio, perché è troppo bello farlo.

90

Lascia un commento