Cos’è Pathologic 2? Una spina nel fianco, il tarlo nella testa che ti ossessiona finché non gli dai retta, l’esperienza paradossalmente più gratificante e degradante di un’intera carriera da giocatore. Esoterico, ermetico e dannatamente frustrante, Pathologic 2 è la realizzazione degli impulsi masochistici di alcuni di noi che decidono di mettersi alla prova affrontando un mondo a cui non sono preparati, sfidando il destino cercando di eludere una morte che poi si rivela compagno di avventura. Nato come rivisitazione dell’omonimo titolo pubblicato nel 2005 dallo studio russo Ice-Pick Lodge, il team all’epoca dovette fare i conti con enormi limiti economici e tecnici tanto da risultare un incredibile casino di poligoni e bug dal gameplay sfiancante che cercava di unire elementi survival ed una trama romanzesca sotto le mentite spoglie di uno sparatutto, dando vita ad un’opera estremamente interessante ma piena di spine a cui bisognava rendere giustizia.
Dare un’etichetta a Pathologic è complesso per svariati motivi, ci sono così tante componenti che contribuiscono all’evolversi degli eventi che è facile perdersi nei suoi meandri e sarebbe sbagliato valutare a comparti stagni senza tener conto del disegno complessivo. La prima cosa da notare è l’approccio non convenzionale alla storia, dato che il giocatore è calato in una rappresentazione teatrale che funge da cornice agli eventi vissuti nei panni di Artemy Burakh, il figlio dell’unico medico della città. L’intero gameplay è strutturato come una messinscena il cui scopo è interpretare il ruolo dell’aruspice, una delle tre figure cardine del mondo di Pathologic, la cui premessa ora come allora è la seguente: la città sta morendo, hai dodici giorni per salvarla.
Oppure no.
Il prologo chiarisce immediatamente al giocatore l’anima nichilista dell’opera, un’opera innanzitutto scenica che pone le proprie fondamenta su scelte che non seguono comode etichette come “giusto” o “sbagliato” ma chiedono solo di affrontarne le conseguenze. Quando Mark Immortell, proprietario del teatro, ci accoglie sul palco non sta parlando ad Artemy Burakh ma al giocatore, o meglio all’attore che lo impersona nel tentativo di ricreare un dramma dalle battute già scritte dando luogo ad una serie di fraintendimenti che rendono Pathologic un’opera a dir poco metafisica. Quando dico che le battute sono già scritte non vi sognate neanche di pensare che il gioco vi metta su un binario e si aspetti che voi proseguiate su quella rotta, affatto.
Il prologo, o meglio l’epilogo, è un qualcosa di incredibilmente denso ed intrigante, una delle esperienze più forti che un giocatore possa vivere soprattutto grazie alla scelta di catapultarci alla fine della storia. I primi attimi di gioco hanno luogo nel dietro le quinte del teatro, pregno di un’aria tetra. Sul palco, ad aspettarci, Mark Immortell si riferisce a noi come Burakh constatando come la nostra performance sia stata un fiasco, di nuovo, tuttavia dopo aver dimostrato la nostra ferrea volontà di sistemare le cose ci concede la possibilità di una nuova messinscena. Una volta varcata la soglia del teatro eccoci finalmente al cospetto della città-sul-Garkhon, insediamento della Russia pre-rivoluzionaria a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo reso terra di morte dalla famigerata piaga che avviluppa gli edifici con banchi di miasma. Questo contesto mefitico genera un corto circuito di infetti e ladri affamati che non vedono l’ora di affondare il proprio pugnale nella nostra schiena costringendo le autorità a schierare un esercito munito di rivoltelle e lanciafiamme pronto ad uccidere chiunque dia solo l’impressione di essere malato.
Dopo aver iniziato a vagare tra i vicoli il gioco notifica lo scoccare della mezzanotte e l’inizio del dodicesimo giorno – quello finale – “nel quale l’aruspice termina con un punto e virgola” anticipando che quella che sembra la fine sarà seguita da un nuovo inizio. La scelta di iniziare dall’epilogo si rivela d’enorme impatto perché mette il giocatore di fronte alle conseguenze del suo operato e della catastrofe che si è abbattuta (o che si abbatterà) sulla città, immergendolo in una realtà che vive a prescindere dal giocatore il quale potrebbe persino limitarsi a sopravvivere per tutti e dodici giorni senza indagare alcunché. Dopo aver incontrato molti dei personaggi principali lungo il cammino arriviamo alla cattedrale, dove ci aspetta ancora una volta Immortell pronto a darci la tanto attesa seconda chance.
Come nell’eterno ritorno dell’uguale fine ed inizio si rincorrono ed allo stesso modo dove termina l’avventura del vecchio Burakh ne inizia una nuova. Dopo aver parlato con Mark inizia il vero prologo segnato dal ritorno a casa di Artemy, richiamato da una lettera di suo padre, che dopo anni passati a studiare medicina nella capitale e condividendo la stiva con un misterioso passeggero comincia un viaggio in treno pieno di allucinazioni legate al culto della steppa, una popolazione che rifiuta i valori della città. Il tragitto funziona da tutorial e mostra i rudimenti delle meccaniche di sopravvivenza: combattimento corpo a corpo, come procurarsi cibo ed acqua e come proteggersi dalla piaga. Dopo aver avuto un assaggio del mondo di Pathologic 2 Artemy è finalmente pronto ad affrontare le numerose sfide che la città gli propone, una città che non lo riconosce più e che si dimostra subito violenta nei suoi confronti sebbene la minaccia della piaga sia ancora sconosciuta.
Perdersi nei meandri della storia di Pathologic 2 è impresa tutt’altro che ardua, e per scoprire tutti i segreti che si annidano nella città c’è probabilmente bisogno di più di un playthrough. Essendo un thriller dai molteplici misteri il giocatore è chiamato costantemente a scegliere come impiegare il suo tempo, privilegiando un filone della trama piuttosto che un altro, sacrificando tempo prezioso per accumulare risorse utili per la propria sopravvivenza o esplorando zone a prima vista trascurabili ma capaci di nascondere segreti importanti. Per favorire l’immedesimazione nel mondo di gioco gli sviluppatori hanno pensato un modello totalmente inedito di quest basato sui pensieri, cioè una mappa mentale composta da nodi che compaiono come conseguenza di alcuni eventi, lotte, dialoghi e leggendo descrizioni di oggetti che rappresentano il pensiero di Artemy in merito.
Questo modello elimina la suddivisione tra missioni principali e secondarie che spesso distolgono il giocatore decidendo per lui cosa è più o meno importante, mettendo invece al centro della riflessione una serie di spunti che spronano a ragionare su cosa sia più importante al momento in base a quale mistero si vuole risolvere in quel frangente. I nodi sono degli aggregati di pensieri collegati l’uno con l’altro che man mano mostrano un quadro più ampio lasciando al giocatore la scelta su quali puntini valga la pena unire per primi creando una narrazione più verosimile e soddisfacente rispetto al ben più passivo comando imperativo accompagnato dal marker sulla mappa, sfidando il giocatore ad una corsa contro il tempo nel cercare di scoprire quante più informazioni possibili entro la fine del giorno, che inevitabilmente chiuderà alcune possibilità aprendone di nuove. Per approfondire il concetto non perdetevi questa interessantissima intervista di Game World Observer alla sviluppatrice Alexandra “Alphyna” Golubeva.
La mappa mentale è solo una delle quattro schermate disponibili nel menù, le altre riportano la mappa della città, l’inventario e la schermata dei personaggi. La mappa della città è particolarmente interattiva e fornisce al giocatore informazioni sui vari quartieri della città come la reputazione e lo stato di infezione – nonché utile ad evidenziare i negozi di generi alimentari, le farmacie ed i sarti da cui acquistare indumenti contro la pestilenza -oltre ad indicare luoghi d’interesse e le icone associate ai pensieri, oltre ad eventi speciali che di tanto in tanto faranno la loro comparsa. L’inventario è quello classico composto da griglie in cui cercare di far entrare quanti più oggetti e consumabili possibile, avendo in un secondo momento la possibilità di espanderlo ulteriormente.
Burakh dovrà giocare al “piccolo chimico” pur di non lasciar morire chi gli è intorno
La pagina dei personaggi tiene traccia delle persone che incontreremo nell’arco dei dodici giorni senza dare notizie di sorta ma riportandone solo lo stato di salute. Ebbene sì, le persone che affollano al città-sul-Garkhon sono mortali tanto quanto noi ed in caso di malattia (o talvolta di minacce più concrete) andranno curate con gli unguenti che solo Burakh è in grado di miscelare grazie alle ricette tramandategli dal padre. Infusi, panacee, antibiotici, antidolorifici e polveri magiche sono il miglior amico di Artemy in quella che è una lotta impari tra lui ed un nemico invisibile che falcia migliaia di vite ogni giorno, rimedi la cui efficacia non è sempre certa perché a fine giornata il caso deciderà se le cure prestate sono state sufficienti a salvare i pazienti dalla morte.
La morte non è la fine (purtroppo)
Pathologic 2 è fondamentalmente un gioco di equilibri in cui dobbiamo far si che gli indicatori di fame, sete, stanchezza ed immunità non colino a picco facendo crollare la salute a zero, ma anche se questo dovesse succedere non disperate perché morire non implica la fine. Uno degli elementi caratteristici e fondanti dell’esperienza è che la morte è solo un passaggio, spesso necessario, dopotutto siamo attori ed al nostro posto un nuovo mestierante indosserà i panni di scena riprendendo da dove avevamo lasciato. Se morire fa parte del processo di gioco, perché l’opera di Ice-Pick Lodge è considerata un survival ai limiti del proibitivo? In effetti c’è il trucco: ad ogni morte ritorneremo al teatro al cospetto di Mark Immortell che ci conferirà un malus ad uno degli indicatori, rendendo l’esperienza di volta in volta sempre più complicata ed estenuante.
Se i primi giorni vi sembreranno tutto sommato placidi le cose cambieranno con il sopravvento della pandemia. Distretti infestati e quindi quarantenati, aumento dei morti e della povertà che porteranno sempre più tagliagole ad infestare le notti rese calde dai roghi su cui sono bruciati gli infetti; vedete di farvi trovare pronti perché il gioco diventerà dannatamente difficile e vi costringerà a volte a dover ricominciare un’intera partita. Non esiste un approccio giusto, bisogna semplicemente sperimentare i numerosi approcci a nostra disposizione per riuscire a portare a casa le nostre indagini senza rischiare di morire in un agguato o di stenti – una richiesta difficilissima da esaudire perché bisogna tenere sott’occhio così tanti fattori da impazzirci – dovendo badare non solo a noi stessi ma spesso anche al prossimo.
Le scelte dicono chi siamo
Le scelte determinano ciò che siamo, ed il gioco fa di questo mantra la spina dorsale dell’esperienza. Il primo giorno ci viene offerto da un furfante un revolver in cambio di duemila monete, un esborso esorbitante per quella che è una città sì inquietante ma tranquilla, un affare che normali cittadini della città-sul-Garkhon magari rifiuterebbero con sdegno e timore ma non noi che già conosciamo l’infausto epilogo della storia e vogliamo tenerci pronti per gli eventi. La natura sandbox di Pathologic 2 fa sì che non esista un’unica via, che quelle duemila monete possano essere usate per fare incetta di cibo o comprare droghe, sperando in un colpo di fortuna magari rubando un’arma da qualche casa sguarnita.
Un’economia in costante mutamento
Mettiamo che avete recuperato i soldi necessari per il revolver, ora siete armati ma vi trovate senza cibo e siete costretti a rovistare nella spazzatura, rimanendo a bocca asciutta. In giro trovate solo muffe, bottoni e bottiglie vuote, cosa farne? Ovvio, le si scambia con i cittadini ognuno dei quali con le proprie preferenze e senso degli affari. L’economia in Pathologic 2 è stratificata, non basta accumulare monete per poter sopravvivere ma la maggior parte degli oggetti sarà ottenibile tramite il baratto di erbe, armi, cibo ed unguenti per i cittadini, monete e successivamente coupon per i negozianti mentre i cosìddetti “vermi”, creature delle steppe che forniscono un comodo viaggio rapido, impazziscono per i fingernail. A tutto ciò si sovrappone anche l’inflazione che verosimilmente affligge i prezzi dei prodotti sempre più rari al progredire della pandemia.
Purtroppo per Artemy non tutto si può risolvere con la diplomazia o scappando a gambe levate, perché i combattimenti in Pathologic 2 sono un qualcosa di semplicemente atroce. Che si tratti di corpo a corpo, arma bianca o bocche da fuoco il combat system vi farà pentire di aver installato il gioco a causa di tantissimi fattori come l’eccessiva legnosità di Burakh, il cortissimo raggio d’azione delle armi e l’incredibile imprecisione delle pistole e dei fucili, che in un paio di colpi sparati perderanno d’efficacia arrivando ad inceppare l’arma per una mole interminabile di secondi rendendoci facili prede del nemico di turno. Ciononostante uccidere criminali e teppisti aiuterà la nostra reputazione nei vari distretti, un fattore che si ripercuote sulla possibilità di poter barattare con gli abitanti di quel quartiere portando a casa oggetti indispensabili per sopravvivere alla giornata, facendo attenzione a non aggredire cittadini inermi o a rubare in case abitate altrimenti vi ritroverete braccati dalle guardie cittadine.
Da un lato l’enorme timidezza del protagonista durante le scazzottate è comprensibile riflettendo sul personaggio che in fin dei conti è un semplice chirurgo e non un lottatore di arti marziali, per cui anche la scarsa forma fisica che viene fuori durante gli sprint e si traduce in pochi colpi assestabili prima di doversi riposare rientrano in quella stessa ottica per cui perdonavamo a James Sunderland la legnosità di Silent Hill 2. Nonostante ciò l’idea di un lavoro non rifinito da parte del team rimane, indubbiamente avrebbero potuto fare molto di più per pulire un aspetto tanto importante del gioco che purtroppo non è l’unico rimasto incompiuto.
Croce e delizia dell’esperienza, il comparto tecnico raggiunge vette notevoli con cadute altrettanto clamorose. Realizzato in Unity il livello di dettaglio di edifici e personaggi è assolutamente soddisfacente nonostante le ossessive ripetizioni degli NPC, in particolare di quelli armati (vigilanti, militari e criminali) dotati di un unico modello per tipologia il che crea un effetto straniante per cui un posto di blocco o una battaglia tra teppisti risulta spesso in una accozzaglia di cloni che si accoltellano. Discorso diametralmente opposto per i tantissimi personaggi primari differenziati per lineamenti ed abbigliamento in maniera inequivocabile, creando una profonda separazione sociale e culturale tra le due fazioni che vivono lungo il Garkhon, i cittadini ed i Kin.
Questa differenziazione da vita a fortissimi contrasti architettonici che si riflettono da un lato in splendidi monumenti devoluti alla grandezza umana come il Polyhedron, maestosa costruzione che si arrampica verso il cielo a testimonianza dell’ambizione dell’uomo sfidando le leggi della fisica, mentre dall’altro vi si contrappongono monumenti al grottesco come il mattatoio, residuo della cultura delle steppe che basa la propria esistenza sul legame con la Terra. Il mondo di Pathologic 2 è in continuo mutamento e permette drastici cambi di scenario di ora in ora grazie all’avanzare della piaga nei vari quartieri e del sopraggiungere della notte, che è l’ora peggiore per avventurarsi tra i vicoli pieni di miasma, pazzi omicidi ed i peggiori incubi che la mente possa partorire.
Sentire la steppa
Ciò che non delude le aspettative sono senza ombra di dubbio le musiche che compongono una colonna sonora inquietante e nervosa che non smette mai di mettere il giocatore sull’attenti sollecitandolo a stare all’erta. Suoni tribali, elettronici (andate a bere un sorso al Broken Heart pub anche solo per questa traccia), pianoforte e rumori industriali e gracidanti donano un’atmosfera irripetibile ad ogni scena in questo mondo magico, esoterico e spaventoso che vibra armonicamente con le musiche dei Theodore Bastard e Vasily Kashnikov.
Peccato che tutta la bellezza e la tensione vengano interrotte da frequenti fenomeni di stuttering e tempi di caricamento ben oltre la soglia del sopportabile, accompagnati da cali di frame frequentissimi che rendono l’esperienza ancora più un calvario di quanto non sia stata originariamente pensata dal team di sviluppo. Nono sono infrequenti freeze ed anomalie che impediscono di uscire da una rappresentazione teatrale, rendendo necessario ricaricare l’ultimo salvataggio sperando che non sia troppo distante nel tempo.
Pathologic 2 è come dicevo in apertura “una spina nel fianco, il tarlo nella testa che ti ossessiona finché non gli dai retta, l’esperienza paradossalmente più gratificante e degradante di un’intera carriera da videogiocatore” perché non si accontenta di raccontare una storia e renderla il più accessibile possibile, vuole che parte della narrazione siano le difficoltà, vuole che il giocatore soppesi al milligrammo ogni scelta, che sia vendere una pistola per comprare il pane e poter superare la notte o il decidere se utilizzare l’ultima panacea per salvare un bambino, vuole farci sentire attori impotenti in una narrazione che per larghi tratti non sappiamo dove stia andando, vuole sentirci persi per la città e per la steppa, vuole che godiamo ogni istante di questa esperienza sentendoci parte integrante della storia. E non si riferisce ad Artemy ma a noi stessi, affinché prepariamo i nostri attrezzi per succedere a nostro padre in qualità di menkhu cercando di debellare (e capire) la terribile piaga che sta decimando la città-sul-Garkhon. Non perché un imperativo categorico ci dice di fare così ma perché siamo divenuti noi stessi parte della tragedia.
La storia di Ice-Pick Lodge ci insegna che la passione va oltre gli ostacoli, ma per quanto si siano impegnati (e fidatevi, lo hanno fatto) gli sviluppatori russi si sono dovuti scontrare con una realtà beffarda che ne ha pregiudicato in parte il lavoro. Basti pensare che già nel 2006 l’originale Pathologic aveva ottenuto ottime recensioni in patria ma severe bocciature in Occidente a causa della pessima localizzazione in inglese, e dopo la campagna Kickstarter con cui avevano raccolto 333.000$, ottantamila in più della somma richiesta, il più sembrava fatto ma anni di slittamento e costi sempre maggiori hanno pregiudicato non solo la rifinitura tecnica ma anche la piena realizzazione dei piani dello studio che oltre alla storia di Artemy avrebbe voluto includere le due run alternative del Bachelor e del Changeling, presenti nel titolo originale.
Ho affrontato la pandemia sfruttando il mio abbonamento Xbox Game Pass per PC su una macchina dotata di scheda video Sapphire RX580 8Gb Nitro+ e processore Ryzen 5 1500, il tutto condito da 8Gb di RAM.
Struttura
Scheda Gioco
Insomma, Pathologic 2 è un’opera clamorosa per sceneggiatura e libertà di scelta in un mondo vivo che risponde alle nostre azioni ma non si ferma ad aspettarci, raccontandoci una trama intricata e sempre più fitta che merita di essere vissuta nonostante le tante criticità di gameplay che purtroppo spingeranno tantissimi a non giocarlo. Fatevi furbi ed abbiate il coraggio di affrontare un’opera non canonica che impegna sì il giocatore, ma lascia un retrogusto che pochissime opere possono restituire sia in campo videoludico che filmico o teatrale, un gioco disponibile tra l’altro su Game Pass o a 14,99€ su Steam durante i saldi. Non badate al voto finale ma guardate il quadro nel suo insieme e non fidatevi di quelli che fanno sterili paragoni con la difficoltà di Dark Souls, Pathologic 2 merita di far parte della vostra collezione e merita il vostro tempo, non lasciate che lavori come quello di Ice-Pick Lodge diventino sempre più rari.
Il colpo d'occhio è accattivante. Le atmosfere cupe e le architetture straordinarie della città lasciano il segno nonostante Ice-Pick Lodge non sembri aver tirato fuori il massimo da Unity, ma la qualità dei paesaggi e dei personaggi (principali quantomeno) non è affatto scarsa. Un punto a sfavore dell'atmosfera è l'ossessiva ripetizione dei modelli degli NPC che parzialmente guasta l'esplorazione, dando alla lunga l'impressione di trovarsi in una città di cloni, mentre sono apprezzabili le animazioni dei personaggi soprattutto nei primi piani molto scenici dei dialoghi.
Pochissimi i dialoghi doppiati, ma d'impatto, mentre la colonna sonora ha l'unico difetto di essere ridotta all'osso e di essere poco varia, ripetendosi troppo spesso durante i giorni. Ciò non toglie che le musiche aiutino a creare un'atmosfera impareggiabile e l'esplorazione notturna, magari con un filo di vita e qualche criminale nel quartiere, è da cardiopalma grazie agli effetti sonori a tradimento che vi faranno sobbalzare più di una volta. Una menzione a parte meritano le musiche di sottofondo di locali come il Broken Heart Pub.
Il voto più difficile da assegnare in questa recensione. Qui a pesare sono i tantissimi bug, fenomeni di stuttering e tempi di caricamento spesso lunghissimi che appesantiscono un gameplay già di suo goffo. La corsa contro il tempo per non morire a causa di sete, fame, sonno e malattia da sole rappresentano una sfida, se poi ci si mettono un combattimento a dir poco legnoso e la lentezza del personaggio abbiamo una serie di limitazioni che sfiancano il giocatore, elementi che però hanno un senso nell'ottica di rendere l'esperienza devastante, come solo una corsa contro il tempo per combattere una piaga mortale può essere.