Sono passati ben 16 anni da quando il leggendario Tim Schafer pubblicò Psychonauts per Xbox e Playstation 2. Acclamato dalla critica, il titolo sviluppato da Double Fine fu però un insuccesso commerciale. Non stupisce quindi che un team indipendente di questa portata non sia riuscito a creare un sequel in tempi brevi. Con l’esplosione delle campagne crowdfunding, nel 2015 venne annunciato Psychonauts 2 proprio come progetto Kickstarter. Da allora, però, il progetto ha faticato ad avanzare a causa della sua stessa ambizione, mal supportata da un finanziamento dal basso. L’acquisto dello studio da parte di Microsoft ha poi fatto il resto. Grazie a un’ultima e ingente spinta economica al progetto, il titolo ha finalmente visto la luce nell’agosto di quest’anno. Sarà valsa la pena aspettare tutti questi anni? Ve lo anticipiamo fin da subito: assolutamente sì.
Sarebbe estremamente difficile analizzare e giudicare l’opera di Schafer per compartimenti stagni. Psychonauts 2 è un videogioco che usa il lato prettamente ludico per esaltare la narrazione e che, reciprocamente, si serve del lato narrativo per elevare il gameplay nudo e crudo. Parlare separatamente di gameplay, di lato tecnico/artistico e di narrazione significherebbe in qualche modo svilire e non rendere giustizia a un’opera che va senz’altro considerata nella sua interezza. Preciso di non aver mai portato a termine il primo capitolo. Eppure, durante le 20 ore di giocato necessarie al completamento, non ho mai sentito la necessità di approfondire gli eventi passati.
Psychonauts 2 è un viaggio nella psiche umana e nelle paure che affliggono l’uomo. Di fatto, è un gioco in grado di diventare estremamente personale. Il canovaccio narrativo – genuinamente banale – non è nient’altro che un fil rouge per approfondire i veri temi psicosociali alla base dei messaggi portanti. Il gameplay tipico di un platform 3D è completamente al servizio di questo stile narrativo.
Nonostante sia un seguito diretto, non è affatto necessario immergersi negli eventi passati
Fin dall’incipit si capisce come Psychonauts 2 abbia una doppia natura: quella più superficiale, quando ci troviamo nell’hub centrale e navighiamo tra un incarico e l’altro, e quella più profonda e personale, quando attraverso le tecnologie degli psiconauti siamo letteralmente in grado di navigare all’interno delle menti dei protagonisti. Proprio durante questa fase il gioco esplode in una maniera sorprendente e prepotentemente sensazionalistica.
L’effetto di stupore quando si entra in una nuova area da “psicanalizzare” è qualcosa che non ci abbandonerà durante tutto l’arco dell’avventura e che tocca nel profondo la sensibilità di ognuno di noi. Ludopatia, solitudine, depressione sono solo alcuni dei temi trattati nel brillante calderone di idee messo in piedi dal team di sviluppo. L’originalità del titolo, però, è proprio quella di legare la narrazione di queste turbe psicosociali a un gameplay che si modella su di esse. Psyconauts 2 riesce ad andare anche oltre e si stratifica in una maniera ancora più profonda.
Psychonauts 2 non smette mai di sorprendere fino alle battute conclusive
Quando all’interno di una delle primissime sezioni – chiaramente legata a doppio filo al problema delle ludopatia – ci si trova di fronte a una sottosezione che associa la roulette russa ai numerosi tentativi di una coppia per cercare di avere un figlio, si resta di stucco di fronte alla ramificazione così pregna di significati proposta da Schafer e dal suo team.
Ci si trova di fronte a un videogioco abbastanza classico nel suo stile. Le sezioni platform e i poteri che vengono acquisiti durante l’avventura non presentano dettagli ludici particolarmente originali. Tuttavia, è la forma a fare la differenza ed ecco che il rampino, ad esempio, viene fisicamente utilizzato come flusso di coscienza tra i pensieri. Chiariamo però che il platform messo in piedi da Double Fine è senz’altro un ottimo videogioco anche se giocato – è proprio il caso di dirlo – col cervello spento. I boss sono divertenti da affrontare ma, anche in questo caso, la loro integrazione nel contesto narrativo li rende per larghi tratti assolutamente geniali.
Psychonauts 2 è stato giocato su Xbox Series X.
DurataÈ facile capire perché il titolo ci abbia messo così tanto tempo prima di poter essere pubblicato. Le ambizioni ludiche e narrative del titolo sono chiaramente sbilanciate rispetto alla natura indie del progetto. Trovarsi quindi di fronte a un comparto tecnico old gen non è di certo una sorpresa. Tuttavia le poche risorse a disposizione sono state usate con estrema intelligenza. A mascherare un comparto tecnico scarno ci pensa uno stile artistico forse un po’ caotico ma senza dubbio di spessore.
Se il lato tecnico mostra un po’ il fianco, dal punto di vista artistico Psychonauts 2 è senz’altro brillante
Non tutto risulta coerente e fluido, ma la creatività è talmente sopra le righe che il risultato non può che stupire. Ogni sezione ha la sua personalità unica e si lega a doppio filo all’emotività della situazione. La palette di colori utilizzata è ampissima e va a ricoprire ogni emozione umana. Lo stesso reparto sonoro non brilla particolarmente, ma anche in questo caso fa decisamente il suo dovere, mettendo il giusto accento su ogni situazione.
Pad alla mano il titolo è fluido, preciso e gratificante. I controlli sono calibrati alla perfezione e garantiscono una giocabilità degna dei migliori platform sul mercato. Si sente forse l’assenza di una vera e propria curva di difficoltà. Il gioco mantiene infatti una curva piatta senza dare un vero e proprio senso di progressione. Con l’avanzare dell’avventura si amplia il ventaglio di poteri a disposizione senza però trovarsi di fronte a un progressivo aumento della difficoltà dettato dalla nostra naturale progressione e familiarità col sistema di controllo. Questa mancanza non è propriamente considerabile come vero e proprio difetto. Lì dove Psychonauts 2 difetta (raramente) nel gameplay compensa con uno stupore narrativo senza mezze misure.
Dopo così tanti anni di esperienze platform, è raro trovarsi di fronte un titolo che è in grado di stupire in direzioni che non avremmo mai neanche considerato per il genere in questione. Tim Schafer, a modo suo, ha operato una piccola rivoluzione, ovvero quella di saper raccontare e di saper toccare le corde emotive attraverso un genere videoludico che da sempre è stato associato al puro divertimento ludico, quasi fosse un mero esercizio di stile. Oggi il platform ha compiuto un piccolo grande passo verso un cambio di paradigma: e se anche saltando tra una piattaforma e l’altra potessimo davvero raccontare grandi storie?
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