Ho avuto un rapporto controverso con Dontnod, sin dalla sua definitiva ascesa sul mercato avvenuta nel 2015 con Life is Strange. E ho avuto un rapporto conflittuale anche con le sue opere, poiché fondamentalmente lontane dal mio gusto personale, almeno fino all’arrivo di Vampyr, avvenuto soltanto qualche anno dopo.
Vivere le gesta del “vampiro dal cuore d’oro” Jonathan Reed ha suscitato in me grande interesse nei confronti del lavoro precedente (e poi anche successivo) della compagnia parigina, spingendomi a recuperare quella piccola perla di Life is Strange prima e a guardare con grande attenzione al futuro, in particolare a Twin Mirror (che uscirà nei prossimi mesi), in cui ripongo le mie più grandi aspettative anche e soprattutto per il setting e per le ambientazioni alla Twin Peaks che promette di portare con sé.
Nel mezzo, però, è arrivato Tell Me Why, un altro prodotto della scuderia che ha subito suscitato il mio interesse, ancora una volta a causa di un’impronta narrativa che abbraccia con forza e decisione quelle tematiche e quel piglio tematico tipico dei thriller moderni, con un spruzzata di paranormale che non gusta mai. E, dopo aver vissuto tutto d’un fiato l’avventura dei gemelli Tyler e Alyson Ronan, sono pronto a confermare le buone sensazioni della vigilia, seppur alcuni passaggi e alcuni centri nevralgici non abbiano funzionato al meglio delle proprie possibilità.
Narrativamente parlando, Tell Me Why è un vero e proprio treno in corsa. Si parte subito a mille, con una narrazione che già nei primi minuti del primissimo episodio mette in chiaro dove vuole andare a parare e quali temi vuole affrontare, senza freni e senza limiti.
È una storia di violenza, di paura, di diversità, tutti argomenti importanti e delicati da trattare al giorno d’oggi e che vengono però riportati su schermo con quello stile unico che solo Dontnod sa donare alle proprie creazioni. La storia di Tell My Why gravita intorno alla disastrata e compromessa famiglia Ronan, in particolare sui due gemelli, la loro traumatica infanzia e – ovviamente – le conseguenze su ciò che è stata l’inevitabile e spaventosa fase della crescita.
L’adolescenza, d’altronde, è una fase della vita delicata e complessa, specialmente se in essa si riversano difficoltà aggiuntive, come la paura del non essere accettati da una società sempre più aperta nei confronti della “diversità” ma ancora fin troppo arretrata e facilmente malleabile dallo spettro dei pensieri comuni. Il punto nevralgico della storia ruota infatti, come già dicevo in precedenza, intorno ai due gemelli Ronan e in particolare a Tyler, un uomo transgender che ha passato la propria infanzia imbrigliato in un corpo che non sentiva suo, con tutte le difficoltà sia personali sia interpersonali che questo comporta.
A rendere tutto ancor più difficile c’è la presenza di un genitore a sua volta provato e mentalmente instabile, che non riesce – nonostante gli sforzi – a superare l’ostacolo di tale diversità, combattendo, opponendosi con tutte le forze (o almeno così viene lasciato intendere nelle battute iniziali), contro la “diversità” di una delle sue figlie.
Da lì in avanti, il buio. Morte, disperazione, ma soprattutto separazione si affacciano sul futuro dei due gemelli, il cui granitico rapporto viene messo a durissima prova dal corso degli eventi. E si basa proprio su queste fondamenta l’impronta narrativa del titolo di Dontnod, sulla voglia irrefrenabile dei due fratelli di ritrovarsi, nonostante le difficoltà e la distanza, ma soprattutto sul desiderio di scoprire la verità sul traumatico passato che li hai inevitabilmente segnati per tutta l’esistenza.
Gioca molto sul legame tra i due, anche ludicamente, che diventa rapidamente l’aspetto più importante della produzione, un rapporto ricreato con grande parsimonia e cura. Avendo tre fratelli è stato incredibilmente semplice immedesimarmi con entrambi, ed è proprio qui che Dontnod fa centro pieno, fallendo però (ma non del tutto) nel portare avanti un racconto che, proprio come un thriller – poliziesco moderno, si ingarbuglia più di una volta, smarrendo occasionalmente le proprie idee, forse proprio nel tentativo di “mischiare” troppe cose e con poco spazio disponibile.
Nel complesso, comunque, non mi sono mai annoiato, anzi, mi sentivo spinto nell’’andare avanti, spinto dalla fame di conoscenza e sotto questo aspetto non posso che dire che Dontnod abbia svolto un buon lavoro.
Da un punto di vista “pratico”, ossia quello del gameplay, la nuova fatica di Dontnod non offre certamente grandi rivoluzioni, ma delle interessanti aggiunte che nel complesso funzionano e convincono.
Trattandosi di un’avventura grafica il grosso dell’esperienza si basa chiaramente sulle scelte multiple, sulla loro influenza sulla storia (da questo punto di vista forse meno evidenti e “influenti” che in passato) e sulla ricerca dei dettagli e dei collezionabili, utili a ricostruire il background narrativo che ruota intorno alla produzione. Tuttavia, in Tell Me Why vengono introdotti elementi profondamente diversi come dei piccoli enigmi, da risolvere attraverso la comprensione del Libro dei Goblin, un vero e proprio almanacco che sprizza pura fantasia, tipica dell’innocenza dei più giovani ma anche tutti i piccoli e grandi timori che si annidavano nell’animo dei due gemelli, appunto i creatori di tale libro.
Leggendo le pagine e facendo attenzione ai dettagli è possibile venire a capo degli enigmi, non necessariamente impossibili ma ugualmente interessanti, offrendo una piacevole variazione sul tema che rende il tutto decisamente più fresco e divertente. Anche la meccanica del “Ricordo” funziona, e diventa importante per comprendere e rivivere tutte le tappe del difficile passato dei due gemelli, legati da un legame “paranormale” che gli consente di comunicare tra loro col pensiero, una dinamica che in alcuni passaggi risulta utile e intrigante anche a livello ludico.
Tecnicamente e artisticamente parlando Tell My Why si distanzia dalle opere precedenti della compagnia transalpina e compie un sostanziale passo in avanti anche in termini di mera “potenza” poligonale.
Su un PC di fascia medio-alta il gioco si mostra infatti in splendida forma, e i dettagli settati al massimo della potenza offrono un’immagine nitida e ben rifinita, con dei modelli poligonali sì semplici e in linea con lo stile della compagnia ma decisamente più al passo coi tempi. Mi hanno lasciato un gran bel ricordo audiovisivo le lande dell’Alaska in cui la storia si inerpica, con dei tramonti mozzafiato, in cui il contrasto tra le lande ghiacciate cromaticamente fredde e il “calore” dei pigmenti del sole che baciano in lontananza il volto dei gemelli e di tutti gli altri personaggi della storia offrono una fotografia indimenticabile.
Distanziarsi dallo stile un po’ più “cartoonesco” delle sue precedenti opere ha giovato ai ragazzi di Dontnod, che hanno dato dimostrazione di saper lavorare in modo diverso, gettando ottime basi per un futuro sicuramente importante sotto questo aspetto. Molto buono è anche il sonoro: il doppiaggio funziona bene, con gli attori del cast che hanno saputo dar vita nel migliore dei modi alle proprie controparti, rendendo se vogliamo più “semplice” l’immedesimazione con essi. Ad esso si affianca una colonna sonora più che riuscita, nella sua semplicità, genuinamente a tema.
Ho giocato a Tell My Why grazie al mio abbonamento Xbox Game Pass su un PC i7 di settima generazione, 16 GB di RAM GDDR5 e una 1050ti con 4GB di VRAM dedicati. Ho potuto fruire del titolo alla massima qualità possibile, per un risultato finale più che soddisfacente. La campagna ha una durata tutto sommato in linea con gli standard del genere e della software house, avvicinandosi timidamente al muore delle 9-10 ore di gioco.
DurataTell My Why ha dalla sua il grande merito di aver tentato di raccontare una storia complessa, carica di temi scottanti e delicati, ma lo ha fatto senza riuscire a distanziarsi dal suo passato, offrendo, nel complesso, un’esperienza tutto sommato dal sapore di già visto e sentito. La formula ludica viene svecchiata da qualche meccanica interessante, ma non abbastanza per risultare veramente incisiva, e la storia perde un po’ del suo smalto con l’avanzare degli episodi, che inficiano la qualità e la potenza del racconto. Nel complesso, comunque, ci troviamo di fronte ad un prodotto solido e godibile, che non raggiunge la perfezione e forse nemmeno ambisce a farlo, risultando così una bella avventura da vivere, ma senza troppe pretese.
Graficamente parlando Tell Me Why è un bel passo avanti rispetto ai suoi predecessori, impreziosito non soltanto con una veste grafica migliore in termini "pratici" ma anche da uno stile più realistico di volti, paesaggi e tutti gli elementi di contorno.
La colonna sonora risulta semplice, e forse meno ispirata rispetto ai lavori passati dell'azienda francese, ma nel complesso svolge egregiamente il proprio lavoro, regalando attimi solenni e romantici con grande maestria e precisione. Buono anche il doppiaggio originale, macchiato soltanto da una localizzazione italiana a volte imprecisa.
Il solito gameplay tipico del genere in questione viene arricchito da qualche piccola chicca, che nel complesso funziona, diverte e convince. Non si tratta di una rivoluzione, ma di una sorta di evoluzione del genere, che speriamo di ritrovare anche in futuro.
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Ho sfruttato il game pass su pc per giocarlo al lancio. Sono fan dei Dontnod da Remember Me e le loro storie mi hanno sempre affascinato e commosso. Ora oltre ad attendere Twin Mirror con un po’ di sano hype, mi tocca recuperare Vampyr. Confesso che è l’unico dello studio che mi sono perso. 😅🍻
Da amante dei titoli Dontnod non potevo lasciarmelo scappare, lo sto giocando proprio da ieri e mi sta prendendo un casino!
Ma sul serio? Scrivo vergognandomi che non ho mai giocato Vampyr dei Dontnod e Sony lo mette nel plus di ottobre? Che razza di buio… [Sostituire la prima e la terza lettera con la successiva. 😅]