Una prima recensione di The Boys 2 avete potuto leggerla su queste pagine già a fine agosto (la trovate qui). In quella circostanza, infatti, Amazon ci aveva concesso di visionare in anteprima i primi tre degli otto episodi che compongono questa seconda stagione di The Boys. Una visione, e conseguentemente un verdetto, parziale ma decisamente positivo, che ci aveva lasciato grandi aspettative.
Da allora le puntate di The Boys si sono susseguite con cadenza settimanale, di venerdì in venerdì. Una distribuzione che non ha mancato di generare profondo malcontento e pretestuoso sdegno tra i più accaniti sostenitori del binge watching.
Il prossimo 9 ottobre approderà su Amazon Prime Video l’agognato season finale, chiamato a chiudere il cerchio e a mettere il punto (auspicabilmente esclamativo) su una stagione capace di picchi memorabili ma anche di qualche scivolone. Noi l’abbiamo già visto e gradito, pertanto eccovi il nostro verdetto finale.
Se c’è un marchio di fabbrica proprio di The Boys, questo è sicuramente l’umorismo nero e dissacrante. Partendo dall’omonima opera a fumetti di Garth Ennis, della quale è un adattamento piuttosto libero, The Boys ha saputo gettare uno sguardo inedito e terribile sugli eroi in tutina tanto amati e celebrati nell’ultimo decennio cinematografico (e non solo). Una sorta di contraltare ai “Super” senza macchia e senza paura, ontologicamente buoni, proposti in tanti albi superoistici classici e in progetti cinematografici come il Marvel Cinematic Universe.
Il tentativo di una maggiore introspezione psicologica sui personaggi finisce sovente per appesantire il ritmo della narrazione
In questa seconda stagione, però, gli sceneggiatori hanno cercato di evolvere la formula della prima stagione attraverso una virata, a tratti piuttosto decisa, verso i toni del dramma. Una scelta sicuramente comprensibile e tutto sommato anche coraggiosa, ma purtroppo poco riuscita.
Il tentativo di una maggiore introspezione psicologica sui personaggi finisce sovente per appesantire il ritmo della narrazione, vero e proprio fiore all’occhiello della prima stagione. Sono troppe infatti le scene dedicate ai dissidi interiori tanto dei membri dei Boys quanto dei membri dei “Sette” e non tutte sono efficaci ed ispirate.
In diversi momenti si ha l’impressione che la serie tenda a prendersi troppo sul serio, il che, in un certo senso, tradisce la sua essenza più pura. La freschezza assoluta della prima stagione risulta essere quindi lontana.
Certo non mancano situazioni assolutamente spiazzanti e sopra le righe, momenti in cui si fa fatica a credere a quello che si vede e in cui si ride di pancia. Sono questi i momenti in cui lo show risulta essere più sincero (e in linea con la prima stagione) e in cui anche i suoi temi e la sua critica sociale trovano il veicolo più efficace.
In generale, purtroppo, è la scrittura di questa seconda stagione di The Boys a risultare nel complesso inferiore rispetto al passato. Lo sviluppo del plot principale è sostanzialmente intuibile sin dalle prime puntate e non risulta particolarmente brillante.
Un peccato non così mortale, in realtà, ma che viene aggravato dall’inconsistenza e mancanza di mordente anche di alcune storyline secondarie, le quali si focalizzano su personaggi un po’ ai margini, come ad esempio The Deep, protagonista di un arco narrativo decisamente poco interessante e al quale viene dedicato fin troppo spazio.
Altri personaggi, invece, subiscono immeritatamente un trattamento fin troppo superficiale. La prima e più illustre vittima è sicuramente Kimiko, interpretata da Karen Fukuhara, che in questa stagione non sembra mai trovare il suo posto, ma il discorso è certamente estendibile anche agli altri membri dei Boys come Mother’s Milk o Frenchie. Quest’ultimo in realtà godrebbe anche di un approfondimento sul suo passato, ma che purtroppo non lascia il segno e non sembra amalgamarsi nel giusto modo all’interno dell’intreccio.
In generale, purtroppo, è la scrittura di questa seconda stagione di The Boys a risultare nel complesso inferiore rispetto al passato
Discorso analogo per il personaggio di Stan Edgar, novello capo della Vought interpretato del volto noto di Giancarlo Esposito. Il mancato ingresso di Esposito nel cast fisso della serie (viene sempre accreditato come guest star) fa si che il suo personaggio risulti inspiegabilmente sottoutilizzato.
Poco convincente in diversi passaggi anche la storyline che vede protagonisti il carismatico Butcher di Karl Urban e la moglie Rebecca. Fortunatamente il finale di stagione, del quale non vi riveleremo nulla in questa recensione di The Boys 2, rimette un po’ a posto le cose ma permane la sensazione di aver assistito ad alcuni “passaggi a vuoto”.
Insomma la scrittura tende a essere piuttosto sbilanciata e incappa anche in qualche leggerezza francamente evitabile. Talvolta, infatti, si ha la sensazione che alcune scene siano un po’ scollegate tra loro e che il rapporto di causa effetto sia alterato da qualche deus ex machina di troppo.
Persino la nuova entrata Stormfront, che in un primo momento si presenta come un villain capace di rubare la scena persino allo straordinario Homelander interpretato da Antony Starr, subisce un’evoluzione poco credibile e non in linea con le premesse negli ultimi episodi. Inoltre la sua storia pregressa risulta essere piuttosto ininfluente ai fini della trama.
Se questa recensione di The Boys 2 vi suona come una stroncatura siete però fuori strada. Questa seconda stagione, infatti, intrattiene splendidamente con dei sublimi picchi di grottesco. Il cast è in splendida forma, il valore produttivo generale è decisamente alto (la presenza di scene che fanno ricorso agli effetti visivi è decisamente più consistente che in passato) e lo show resta tra i prodotti più interessanti della piattaforma streaming di Amazon.
Qualche scelta di regia invece appare criticabile, anche in un episodio finale che con una maggior accortezza nella messa in scena avrebbe potuto sicuramente essere più incisivo.
Questa seconda stagione intrattiene splendidamente con dei sublimi picchi di grottesco.
Gli ultimi episodi, in ogni caso, si fanno perdonare la perdita di mordente degli episodi centrali della stagione, con un paio di spunti narrativi decisamente interessanti e che gettano le basi per la terza e già confermata stagione. L’ultimo episodio, in particolare, è piuttosto efficace nel chiudere il ciclo di alcuni personaggi e nell’aprirne altri. Promossa con riserva, insomma, questo seconda tornata di episodi, ben confezionati ma un po’ incerti sulla strada da seguire.
The Boys non ha sicuramente esaurito il suo messaggio, ha solo bisogno di ritrovare un po’ se stessa togliendosi uno una camicia che poco gli si addice e tornando ad indossare una più onesta t-shirt. Rimane uno show deliziosamente sboccato, cattivo e scorretto, ma meno coeso e sincero che in passato.
Si può e si deve fare meglio con la prossima stagione, tornando a porre al centro della narrazione lo scontro tra Homelander e Butcher (anch’esso un po’ sottotono rispetto alla stagione uno) e evitando troppe derive melodrammatiche. Questi personaggi hanno sicuramente molto da dire, ancora.