Sviluppato da un team di sole quattro persone, The Sojourn è l’ambiziosa opera d’esordio dei londinesi Shifting Times. Un puzzle game ambizioso… sì, esatto. L’aggettivo utilizzato non è stato scelto a caso. Al contrario, crediamo che le nostre riflessioni sul titolo debbano necessariamente partire da qui.
Ambizioso: “che rivela un eccesso di ottimismo e di presunzione”
E in effetti, la sensazione di trovarci di fronte a un progetto estremamente ambizioso, per l’appunto, ha cominciato a rimbalzare tra i nostri emisferi fin dai primi minuti di gioco. Un’idea tutt’altro che campata in aria col senno di poi, ci verrebbe da dire. Negli istanti precedenti la stesura della recensione, infatti, ci siamo imbattuti in questa dichiarazione sulla pagina web degli sviluppatori:
“We create games that are innovative in design, striking in visuals and memorable in storytelling.” – ovvero – “Creiamo giochi che siano innovativi nel design, impressionanti nel comparto visivo, e memorabili nella narrazione.”
Sia chiaro, non abbiamo condiviso la citazione con voi per fare un processo alle intenzioni e valutare il biglietto da visita del team. Tuttavia, speriamo che questa frase possa aiutarci a farvi calare nei nostri panni e predisporvi così a rivivere alcune delle vibrazioni e delle percezioni che abbiamo provato giocando. E se anche tutto ciò si dovesse rivelare inutile, avrete almeno la possibilità di maturare le vostre considerazioni sul titolo, consapevoli di quali fossero gli obiettivi originali dei suoi creatori.
Siete pronti? Comincia il nostro viaggio!
Se c’è una cosa che cattura l’attenzione in The Sojourn prima ancora delle meccaniche di gioco, considerate generalmente il pilastro portante di questo tipo di esperienze, è la presenza di uno sfondo narrativo. Intessuta nell’ambiente, la sceneggiatura emerge con forza fin dal primo frame, senza ricorrere però a una singola linea di dialogo o a una sequenza filmata. Criptica ed ermetica, quest’ultima si staglia davanti agli occhi del giocatore nella forma di tacite statue, capaci di narrare anche nel loro eterno silenzio.
L’eccessivo ermetismo e i connotati religiosi rendono l’impianto narrativo di The Sojourn fin troppo pretenzioso.
Ambientato in una società dai tratti idilliaci in cui tutto il popolo porta una benda sugli occhi, forse volontariamente, forse sotto costrizione, The Sojourn racconta le gesta di uno degli abitanti di questa inquietante utopia. Separato dalla famiglia in tenera età e affidato alle cure di un mago, un guerriero e un esattore, i tre soli individui in grado di vedere, il giovane ragazzo viene presto iniziato alle arti magiche e istruito al rigore militare. Non passerà troppo tempo però prima che il protagonista assuma i contorni di una figura messianica, capace di svelare le diaboliche macchinazioni in atto e salvare così la sua gente.
Se gli intenti narrativi degli sviluppatori risultano più che palesi, non possiamo però non evidenziare le difficoltà riscontrate nel dare una forma coerente e un’interpretazione plausibile alla storia nel suo complesso. Giunti ai titoli di coda, la sensazione purtroppo è quella di aver assistito a un racconto forse fin troppo pretenzioso nel suo eccessivo lirismo.
Poco male a conti fatti, trattandosi comunque di un elemento secondario nell’economia del gioco, tuttavia non possiamo nascondervi una punta di dispiacere, mitigata solo in parte dall’immaginario poetico ed evocativo messo in scena.
Elemento caratterizzante di qualsiasi puzzle game che si rispetti, il gameplay è il cuore pulsante (anche) di The Sojourn. Compito del giocatore è quello di superare diversi ostacoli e raggiungere l’uscita degli stage, sfruttando i poteri conferiti dalla dimensione oscura, un piano spaziale sovrapposto a quello abituale, accessibile tramite i fuochi fatui situati sul terreno. Tra le tante abilità del protagonista, quella che ricorderemo come più distintiva di tutta l’esperienza riguarda la possibilità di scambiarsi di posto con le statue presenti nel campo visivo.
Come nei migliori esponenti del genere, questa semplice meccanica di gioco viene arricchita, evoluta e declinata in forme sempre diverse col passare del tempo. Ogni quindici sfide circa, compare un nuovo elemento capace di mutare radicalmente l’approccio alle sfide, incrementando progressivamente il livello di difficoltà. Per quanto soggettiva, la curva di apprendimento ci è sembrata calibrata alla perfezione, imponendoci di fare un sincero plauso agli sviluppatori. Merito di questo risultato è la transizione fluida che il gioco impone dall’approccio induttivo a quello deduttivo.
La curva di apprendimento è calibrata alla perfezione e favorisce un apprendimento empirico-induttivo delle regole di gioco.
Ci spieghiamo meglio. Grazie al suo game design intelligente, The Sojourn permette e anzi incentiva il giocatore ad affacciarsi ai primi enigmi con lo spirito di un fanciullo, guidato dalla sola voglia di scoprire e sperimentare. Non di rado infatti, muovendo i pezzi anche senza un piano d’azione preciso, ci si ritroverà alla fine del livello. Queste dinamiche favoriscono un apprendimento empirico delle regole di gioco e rendono le prime ore divertenti e stimolanti, allontanando allo stesso tempo il pericolo di abbandonare il titolo perché troppo ostico a primo impatto.
Con il proseguire dell’avventura, la pianificazione degli spostamenti dovrà farsi ovviamente sempre più attenta e scrupolosa, ma come dicevamo, il passaggio da un approccio all’altro avviene in maniera indolore e naturale. Grazie all’ottimo bilanciamento, chiunque potrà raggiungere i titoli di coda.
A ben vedere, però, una piccola nota dolente va segnalata anche in questo contesto. Sul finire dell’avventura e negli enigmi secondari, pur non lesinando in quanto a difficoltà, The Sojourn tende infatti a riproporre con eccessiva frequenza schemi e pattern già visti. Di nuovo, si tratta in fin dei conti di un problema marginale, ma tanto basta a frenare il titolo nella sua rincorsa ai fuoriclasse del genere.
Ho portato a termine The Sojourn su PlayStation 4 PRO, optando per la modalità che favorisce il frame-rate piuttosto che la risoluzione, in quanto quest'ultima è afflitta da artefatti grafici e fastidiosi crolli di fluidità.
DurataThe Sojourn si avvale del granitico Unreal Engine per portare su schermo un comparto tecnico tanto solido quanto semplice in termini di mole poligonale.
A elevare l’impatto scenico della produzione interviene una direzione artistica di buon livello, capace di dar vita a scorci e scenari talvolta molto evocativi. Arte e narrazione si confondono senza soluzione di continuità e sta al giocatore scegliere quanto approfondire il suo viaggio, soffermandosi sui dettagli che lo circondano. L’accecante leggerezza degli ambienti nasconde in realtà un male invisibile che si annida in ogni atomo del mondo di gioco, ma spetta a voi, e a voi soltanto, riconoscerne le tracce.
Per quanto piacevole a livello visivo, non possiamo però non evidenziare come il titolo di Shifting Times si muova sempre pericolosamente in bilico sul filo dell’originalità, vacillando più volte. L’utilizzo degli shader monocromatici, così come l’atmosfera e la messa in scena globale, rimandano inevitabilmente a qualcosa di già visto.
Chiude il cerchio un comparto sonoro soltanto mediocre. Il sound design è purtroppo appena abbozzato, mentre la colonna sonora, per quanto gradevole e coerente con il mondo di The Sojourn, fatica a trovare una sua identità precisa e a rimanere impressa nelle cortecce temporali del giocatore.
Nella sua insistente ostentazione, The Sojourn diventa vittima delle sue stesse ambizioni, peccando di originalità e arroganza, specie per quanto concerne l’impianto narrativo e il comparto artistico. Le vette conquistate dai capolavori ai quali il gioco si ispira – e che con un pizzico di superbia non si preoccupa di omaggiare – restano a qualche passo di distanza.
Al netto delle debolezze evidenziate, però, l’opera prima di Shifting Times si conferma essere un buon gioco e un ottimo puzzle game. The Sojourn non deluderà gli appassionati del genere e potrebbe, anzi, ammaliare un’altra fetta di pubblico con la sua fenomenale accessibilità.
Se il buongiorno si vede dal mattino, una giornata rosea si profila all’orizzonte dello studio londinese: buona la prima!
Alcuni scenari sanno essere particolarmente evocativi, ma nel complesso il gioco pecca di originalità. Tecnicamente solido nella versione provata.
Un piacevole e delicato accompagnamento che fatica però ad essere realmente incisivo.
Accessibile, stratificato e appagante: tutto ciò che vorremmo da un puzzle game.
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I puzzle game non sono il genere che preferisco, tuttavia li trovo incredibilmente performanti su console portatile. Magari se ne uscirà una versione per Switch in un futuro prossimo… 😅👍